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Vecchio 29-05-2018, 11:30   #1
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Aletto
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Predefinito Qualcosa in più sui gusti alimentari del gatto (tratto da una tesi di laurea)

Tratto ( e molto tagliato) dalla tesi di diploma Master II livello in nutrizione, alimentazione e dietetica clinica del cane e del gatto di Giovanna Lanciani

La preferenza alimentare rappresenta un concetto ampio, descrivibile attraverso
diverse definizioni “gerarchiche”, a seconda del livello di scala che si sta considerando.
Se si considera l’animale in sé, essa può essere intesa come il risultato dell’interazione
tra gusto e risposta post-ingestiva (Provenza, 1995a). Ad un livello più ampio,
considerando anche il contesto ambientale in cui l’animale vive, la preferenza
alimentare può essere definita come il risultato dell’interazione dinamica tra ambiente
e nutrizione, che si realizza per tutta la durata della vita dell’individuo e dell’esistenza
di una specie (Provenza, 1995a).
In realtà, la preferenza alimentare è solo una delle componenti di quello che è definito,
in ecologia, “modello di selezione di uso delle risorse” di una determinata
specie/popolazione animale (domestica o naturale) e che è costituito da tre
componenti: le caratteristiche dell’animale (fisiologiche e comportamentali), le
caratteristiche degli alimenti (proprietà fisiche e biologiche) e l’ambiente di interazione....

......La natura strettamente carnivora dei gatti è ben riconosciuta, così come sono noti i suoi
peculiari adattamenti fisiologici e metabolici. Si presume che tali adattamenti evolutivi
siano conseguenza di una nutrizione basata esclusivamente su tessuti animali; tuttavia
c’è una scarsa informazione sul profilo dietetico-nutrizionale che ha determinato, nel
corso dell’evoluzione del suo antenato selvatico, tali adattamenti.

..... si stanno sviluppando studi sulle diete naturali per molte specie di animali in cattività, in via di estinzione e per specie domestiche
..... In quest’ottica, diversi studi si sono concentrati nell’analizzare le abitudini alimentari
dei gatti ferali. Questi ultimi sono definiti dalla letteratura come gatti che discendono
dai gatti domestici, ma sono nati e vivono senza contatto umano, sopravvivendo in
ambiente naturale per molte generazioni (Achterberg e Metzger, 1980; Dickman,
1996; Pearre e Maass, 1998). Il gatto ferale e il gatto selvatico sono in grado di creare
una progenie fertile (Pierpaoli et al. 2003), a dimostrazione della stretta somiglianza genetica tra le popolazioni di gatti selvatici e di gatti ferali. Il repertorio
comportamentale di caccia del gatto ferale, inoltre, è molto simile a quello del gatto
selvatico (Corbett, 1979). Le variazioni genetiche tra gatto domestico e gatto ferale
sono del tutto trascurabili e, di conseguenza, l’adattamento metabolico è improbabile
che differisca, rendendo il gatto ferale adatto a funzionare da modello evolutivo per lo
studio del gatto domestico, sia dal punto di vista nutrizionale che alimentare (Plantinga et al., 2011)

............(il gatto) è stato addomesticato in un periodo molto più breve rispetto ai cani ed è un predatore maggiormente specializzato rispetto al lupo; di conseguenza, risulta molto meno differenziato a livello genetico e fenotipico rispetto al suo antenato selvaggio. ....... i gatti domestici, a differenza dei cani da compagnia, hanno mantenuto la capacità di cacciare
efficacemente.
Nel complesso, il genoma dei gatti domestici si è notevolmente conservato se
paragonato a quanto avvenuto con il genoma umano,......... Il gatto domestico moderno, dunque, assomiglia ai suoi antenati selvatici a livello morfologico, comportamentale e genetico.
Un piccolo sottogruppo di questi gatti domestici ha subito una selezione intensiva
rivolta ad ottenere dei tratti estetici specifici, che hanno condotto allo sviluppo dei
cosiddetti gatti di razza.

......... I gatti domestici sono fortemente vincolati nella scelta degli alimenti rispetto al cane,a seguito dall’assenza di metaboliti chiave (enzimi) che, nel corso dell’evoluzione,
sembrano essere stati persi dall’antenato comune dei Felidi. Queste perdite
determinano fabbisogni nutrizionali molto ristretti (Zoran, 2002) che, in natura,
possono essere soddisfatti solo da una dieta che consiste in gran parte piccoli
Vertebrati e Invertebrati.
È solo nell’ultima metà del secolo che questi fabbisogni sono stati chiariti dai nutrizionisti e, di conseguenza, applicati dai produttori di pet food, permettendo al
gatto domestico di contare su una dieta equilibrata fornita dall’uomo. Questa è stata
probabilmente la principale causa selettiva che ha costretto il gatto domestico a
mantenere la capacità di caccia: potersi garantire una dieta equilibrata attraverso le
prede, per compensare le carenze nutrizionali del cibo fornito dall’uomo (Bradshaw et
al., 1999).
Su quest'ultima cosa però ho dei dubbi

(la dieta) ha portato ad adattamenti digestivi e metabolici unici, spesso indicati come idiosincrasie (Morris, 2002; MacDonald et al., 1984; Zoran, 2002; Zaghini e Biagi, 2005) e caratterizzati da perdita dell’attività di certi enzimi e modifiche dell’attività (riduzione o aumento) di altri, al fine di eliminare gli enzimi “ridondanti” e ridurre così la spesa energetica dell’organismo (Morris, 2002). Tali adattamenti includono:
dell’organismo (Morris, 2002). Tali adattamenti includono:
• un elevato fabbisogno proteico, come conseguenza di una limitata capacità di
diminuire, sotto una certa soglia, l’attività di enzimi amminico-catabolizzanti degli
amminoacidi, in risposta ad un apporto proteico ridotto (Morris, 2002). Altri
carnivori appartenenti alle classi di Uccelli e Pesci hanno sviluppato questo stesso
adattamento del metabolismo proteico, che fa supporre un vantaggio evolutivo per
tutte le specie carnivore (Migliori et al., 1973; Cowey et al., 1981; Myers e Klasing,
1999).
• L’incapacità di sintetizzare arginina, a seguito della ridotta attività di due enzimi
(pirrolina-5-carbossilato e ornitina aminotransferasi) del sistema intestinale
deputati alla sintesi della citrullina (Morris, 2002).
• Due enzimi chiave nel sistema di sintesi della taurina mostrano bassa attività: la
cisteina diossigenasi e l’acido cisteinsulfinico decarbossilasi; ciò comporta una
riduzione notevole della sintesi endogena di taurina e rende questo amminoacido
solforatoun nutriente essenziale per il gatto (Morris, 2002). Inoltre, il gatto, come il
cane, usa quasi esclusivamente la taurina per la coniugazione dell’acido biliare, e, a
differenza di altri animali che possono usare la glicina quando la taurina è limitante
(Morris, 2002).
• I gatti non sono in grado di utilizzare i carotenoidi per sintetizzare il retinolo, a
causa della mancanza dell’enzima carotene diossigenasi (Morris, 2002).
• La sintesi della vitamina D3 è impedita dall’elevata attività di 7-deidrocolesterolo
reduttasi, un enzima che riduce la disponibilità del precursore per la 25-
idrossivitamina D (Morris, 1999).
• I gatti non hanno la possibilità di sintetizzare la niacina dal triptofano, a causa di
un’attività estremamente elevata dell’enzima picolinico carbossilasi, inversamente
correlata alla sintesi della niacina stessa (Morris, 2002).
• Limitata capacità di sintetizzare l’acido arachidonico dall’acido linoleico, attribuita
ad una bassa attività delle delta-6 e delta-8-desaturasi (McDonald et al., 1983).
• Presenza di diversi adattamenti nel metabolismo dell’amido e del glucosio, inclusa
la mancanza di attività dell’amilasi salivare, una limitata attività delle amilasi
pancreatiche e intestinali (Kienzle, 1993a e 1993b), bassa attività della glucocinasi
epatica (Washizu et al., 1999), mancanza di attività della fruttochinasi epatica
necessaria per il metabolismo degli zuccheri semplici (Kienzle, 1993b; Kienzle, 1994) e una non funzionalità del recettore Tas1R2, risultante in un’incapacità di percepire il gusto dello zucchero (Li et al., 2005; 2006).

.........2.2 Il sistema gustativo nel gatto
Il senso del gusto nei gatti è basato, come nei cani, sul modello del carnivoro, ma con
alcune modifiche e specializzazioni spiegate con la presenza di esigenze nutrizionali
più specializzate rispetto a quelle del cane (Bradshaw et al., 1996; Bradshaw, 1991;
Bradshaw, 2006), in quanto il gatto è un carnivoro stretto vivendo quasi
esclusivamente di tessuti animali sia in cattività che in ambiente naturale (Scott, 1968).
Boudreau e Alev (1973) hanno classificato il ganglio genicolato del gatto in diverse
unità chemiorecettive (gruppi: I, II, IIIA e IIIB) e queste unità hanno le loro controparti
in quello del cane (gruppi B, A, C e D). Le preferenze alimentari del gatto sono guidate
dai neuroni del gruppo II attraverso stimoli elicitativi o inibitori in presenza di specifici
gruppi di sostanze; tale reattività, in realtà, rappresenta solo un aspetto della
funzionalità del totale dei recettori coinvolti nell’accettazione del cibo da parte
dell’animale (White e Boudreau, 1975).
I gatti hanno recettori del gusto altamente sensibili agli stimoli acidi e amari, che
permettono loro di identificare alimenti ricchi di aminoacidi selezionati ed evitare
stimoli amari o aspri associati a sostanze potenzialmente tossiche (Beauchamp et al., 1977; White e Boudreau, 1975). Pertanto, non sorprende che, nei test di appetibilità, i
gatti preferiscano gli alimenti che contengono sostanze associate a carne e diete a base
di pesce. Le unità sensibili agli acidi sono sostanzialmente simili a quelle dei cani e le
stesse unità sensibili agli aminoacidi che si attivano nei cani si manifestano nei gatti.
Tuttavia questi ultimi risultano stimolati da alcuni aminoacidi e inibiti da altri: alimenti
contenenti amminoacidi inibitori (L-triptofano) sono generalmente respinti; al
contrario i gatti tendono a preferire amminoacidi eccitatori come L-lisina (Morris,2002).
L’unica eccezione rispetto agli altri Mammiferi è che non mostrano né attrazione né evitamento per gli zuccheri e per sostanze dolci (Carpenter, 1956; Beauchamp et al.,
1977). I gatti, infatti, non hanno recettori del gusto dolce e non selezionano gli alimenti
in base al loro contenuto di zucchero.

..........È improbabile che l’insensibilità agli zuccheri sia un problema per i gatti, dal momento che ne ricaverebbero solo un piccolo beneficio nutrizionale da alimenti contenenti
zucchero come la frutta. La loro dieta a base di prede contiene meno del 5% carboidrati
su base calorica. È stato suggerito che l’incapacità di gustare gli zuccheri consente di
migliorare apprezzamento dell’equilibrio degli aminoacidi essenziali all’interno degli
alimenti rimuovendo qualsiasi effetto di mascheramento dagli zuccheri.
.........È noto che non selezionano gli alimenti in base alla loro dolcezza o al contenuto di sale e che sviluppano avversioni apprese quando gli alimenti sono carenti di alcuni nutrienti........
........I recettori del gusto riflettono dunque le scelte alimentari di una specie, ma i geni che
codificano questi recettori mostrano spesso una variazione individuale. Queste
variazioni possono o non possono influenzare la preferenza di gusto.
............
...........
Il concetto chiave è “l’avversione”, ossia la diminuzione della preferenza per il cibo
appena mangiato a seguito di input sensoriali (il sapore di un alimento) e per feedback
postingestivo (effetti nutrizionali e tossicologici su chemio-, osmo- e meccanocettori),
specifico per ogni tipologia di cibo. Tali avversioni sono involontarie, ossia non sono
il risultato di decisioni consapevoli.
Le avversioni sono pronunciate quando gli alimenti: sono carenti di sostanze nutritive;
contengono eccessi di tossine; contengono alte concentrazioni di nutrienti rapidamente
digeribili; sono nutrizionalmente adeguati ma consumati troppo frequentemente o in
eccesso (ciò comporta la tendenza a scegliere una dieta varia). Le avversioni apportano
così dei benefici all’animale e rappresentano la motivazione sostanziale per la
preferenza di una dieta varia da parte degli animali.
........... gatti che vivono con l’uomo hanno indubbiamente più cibi da scegliere rispetto a
quelli che, come i loro antenati selvaggi, si procurano il cibo esclusivamente attraverso
la caccia; tuttavia è possibile che l’addomesticamento abbia portato al raffinamento di un comportamento già disponibile, al fine di garantire una dieta equilibrata (Bradshaw,
2006)...........

È fortemente in dubbio se i gatti siano effettivamente in grado di cercare
deliberatamente cibi che, per esperienze pregresse, riconoscano come detentori di una
particolare composizione nutrizionale; probabilmente tale comportamento è legato
esclusivamente al tentativo di compensare un incipiente carenza di qualche nutriente.
Da una prospettiva evoluzionistica, è improbabile che esistano tali meccanismi in
predatori specializzati come i felini (Rozin, 1976).
È chiaro che i gatti modificano le loro preferenze alimentari in base all’esperienza. In
natura, questo evita di ripetere esperienze di alimentazione svantaggiose associate a
nutrizione incompleta o prede potenzialmente tossiche. Anche i gatti domestici
esprimono questo comportamento, sebbene esso si manifesti più comunemente come
una crescente avversione verso gli alimenti che formano gran parte della loro dieta.
Questo cosiddetto "effetto monotonia" riduce la palatabilità percepita dei cibi abituali
in favore di un nuovo alimento con caratteristiche sensoriali contrastanti. Questo
potrebbe rappresentare un meccanismo attraverso il quale i gatti evitano conseguenze
a lungo termine associate al consumo di cibi squilibrati in uno o più nutrienti. In
alternativa, può riflettere una strategia di sopravvivenza in ambiente naturale, che evita
la dipendenza da una singola fonte di cibo e riduce al minimo il rischio di esaurimento
di una sola fonte di alimento. Molti gatti mostrano, però, una crescente avversione nei
confronti di alimenti che hanno costituito gran parte della loro dieta in passato,
fenomeno talvolta indicato come “effetto novità” ma che, in modo più corretto, è
definito come “effetto monotonia”, in quanto la responsabile di tale comportamento è la riduzione dell’appetibilità percepita del cibo somministrato ripetutamente
(Bradshaw, 2006). Questo comportamento si è probabilmente evoluto come strategia
per ridurre la probabilità che una dieta squilibrata venga assunta: è infatti altamente
improbabile che esistano 2 cibi, con sapori marcatamente diversi, che presentino le
medesime carenze nutrizionali, anche se queste ultime non possono essere rilevate
direttamente dai gatti. .....


La tesi intera è http://www.mariamayer.it/wp-content/...G.Lanciani.pdf


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
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