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Visualizza Versione Completa : Insegnare ad un gatto quando si può uscire


Leny
24-04-2022, 10:43
Ciao a tutti, Ciro e Totò hanno 2 anni e mezzo e hanno sempre vissuto in casa, ma ogni tanto scappano fuori in giardino e vado a recuperarli. In altri post ho spiegato che il mio giardino non può essere messo in sicurezza, quindi non mi soffermerò su questa opzione (anche se lo farei con tutto il cuore, se potessi). Vi spiego il problema.
Totò sin da piccolo ha mostrato il desiderio di voler uscire fuori e ci sono stati periodi in cui durante la giornata piangeva dietro la porta per qualche minuto, per poi smettere appena lo sgridavo o si stancava. Ecco, lui ha superato questa fase e questi lamenti sono molto diminuiti e lui è più tranqullo, ma in compenso Ciro, che ha sempre avuto timore di uscire e si è mostrato meno interessato, adesso è diventato ossessionato di punto in bianco. Sarà perchè vede altri gatti randagi transitare nel nostro giardino, sarà perchè c'è Casper, non capisco bene il motivo ma da un periodo ha cominciato a piangere giorno e NOTTE dietro porte e finestra, a cercare di aprirle disperatamente e non lo fa per pochi minuti come faceva Totò, lo fa letteralmente PER ORE E ORE e non sto scherzando.
Voi direte che la soluzione sarebbe semplicemente lasciarli uscire liberamente come fanno Klimt e Nebbia (tra l'altro Nebbia ha cominciato ad uscire alla stessa età di Ciro e Totò dopo ben 2 anni di sola vita casalinga), ma proprio non ci riesco... loro due sono la mia vita, il pensiero di sapere che loro sono la fuori senza che io possa vederli e sapere dove sono, cosa fanno, se vanno in strada ecc ecc mi uccide. Tuttavia tengo anche alla loro felicità e sanità mentale, perchè ho davvero paura che Ciro possa impazzire e risentirne a livello fisico e mi sembrerebbe pure ingiusto far uscire solo lui e non anche Totò (che comunque lo desidera pure anche se si è calmato), quindi vorrei provare ad insegnare ad entrambi che ci sarà un momento della giornata fisso, più o meno alla stessa ora, in cui possiamo uscire insieme in giardino per un po'. Pensate sia possibile e che un gatto possa comprendere ed imparare un'abitudine del genere?
Quando erano piccoli ci avevo provato, con risulati un po' deludenti. Li facevo uscire al mattino con me appena mi svegliavo e avevano capito che al mio risveglio si usciva (si piazzavano infatti davanti la porta appena mi alzavo dal letto), ma il lato negativo è che durante la giornata piagnucolavano molto, soprattutto Totò, perchè ovviamente volevano uscire quando volevano loro. Poi, tenendoli sempre in casa, si sono abituati e rassegnati a non uscire più.
Secondo voi, sapendo che probabilmente non li lascerò mai liberi di uscire quando e dove vogliono (finchè non avranno un posto in sicurezza, quando cambierò casa) ha senso provare a farli andare fuori con me solo quando decido io o è meglio lasciar perdere e attendere che Ciro si calmi e rassegni nuovamente? Voi avete abitudini del genere con i vostri gatti, che hanno appreso e assimilato bene senza soffrirne? Ci sono dei trucchetti per poterli aiutare ad imparare e accettare meglio che c'è un momento preciso per andare fuori insieme?

laura&cats
24-04-2022, 12:02
Ciao a tutti, Ciro e Totò hanno 2 anni e mezzo e hanno sempre vissuto in casa, ma ogni tanto scappano fuori in giardino e vado a recuperarli. In altri post ho spiegato che il mio giardino non può essere messo in sicurezza, quindi non mi soffermerò su questa opzione (anche se lo farei con tutto il cuore, se potessi). Vi spiego il problema.
Totò sin da piccolo ha mostrato il desiderio di voler uscire fuori e ci sono stati periodi in cui durante la giornata piangeva dietro la porta per qualche minuto, per poi smettere appena lo sgridavo o si stancava. Ecco, lui ha superato questa fase e questi lamenti sono molto diminuiti e lui è più tranqullo, ma in compenso Ciro, che ha sempre avuto timore di uscire e si è mostrato meno interessato, adesso è diventato ossessionato di punto in bianco. Sarà perchè vede altri gatti randagi transitare nel nostro giardino, sarà perchè c'è Casper, non capisco bene il motivo ma da un periodo ha cominciato a piangere giorno e NOTTE dietro porte e finestra, a cercare di aprirle disperatamente e non lo fa per pochi minuti come faceva Totò, lo fa letteralmente PER ORE E ORE e non sto scherzando.
Voi direte che la soluzione sarebbe semplicemente lasciarli uscire liberamente come fanno Klimt e Nebbia (tra l'altro Nebbia ha cominciato ad uscire alla stessa età di Ciro e Totò dopo ben 2 anni di sola vita casalinga), ma proprio non ci riesco... loro due sono la mia vita, il pensiero di sapere che loro sono la fuori senza che io possa vederli e sapere dove sono, cosa fanno, se vanno in strada ecc ecc mi uccide. Tuttavia tengo anche alla loro felicità e sanità mentale, perchè ho davvero paura che Ciro possa impazzire e risentirne a livello fisico e mi sembrerebbe pure ingiusto far uscire solo lui e non anche Totò (che comunque lo desidera pure anche se si è calmato), quindi vorrei provare ad insegnare ad entrambi che ci sarà un momento della giornata fisso, più o meno alla stessa ora, in cui possiamo uscire insieme in giardino per un po'. Pensate sia possibile e che un gatto possa comprendere ed imparare un'abitudine del genere?
Quando erano piccoli ci avevo provato, con risulati un po' deludenti. Li facevo uscire al mattino con me appena mi svegliavo e avevano capito che al mio risveglio si usciva (si piazzavano infatti davanti la porta appena mi alzavo dal letto), ma il lato negativo è che durante la giornata piagnucolavano molto, soprattutto Totò, perchè ovviamente volevano uscire quando volevano loro. Poi, tenendoli sempre in casa, si sono abituati e rassegnati a non uscire più.
Secondo voi, sapendo che probabilmente non li lascerò mai liberi di uscire quando e dove vogliono (finchè non avranno un posto in sicurezza, quando cambierò casa) ha senso provare a farli andare fuori con me solo quando decido io o è meglio lasciar perdere e attendere che Ciro si calmi e rassegni nuovamente? Voi avete abitudini del genere con i vostri gatti, che hanno appreso e assimilato bene senza soffrirne? Ci sono dei trucchetti per poterli aiutare ad imparare e accettare meglio che c'è un momento preciso per andare fuori insieme?

Io il tentativo lo farei, perché si tratta di un compromesso che viene incontro sia a loro che a te, oltre che di una fase passeggera, quando potrai farli uscire nel giardino della nuova casa
Uscire un po' è meglio che non uscire mai, secondo me
Potresti anche provare ad arricchire l'ambiente dentro casa e renderlo un po' più stimolante, se è possibile

VEI-6 Vesuvius
24-04-2022, 16:16
Non puoi insegnarglielo. I gatti si basabo spesso sulla luminosità e sulla posizione del sole.

Leny
24-04-2022, 16:37
Non puoi insegnarglielo. I gatti si basabo spesso sulla luminosità e sulla posizione del sole.

Quindi pensi che se io, per esempio, li facessi uscire nel tardo pomeriggio comunque non imparerebbero ad associare quel momento della giornata, con le sue caratteristiche condizioni di luminosità e temperatura, all'uscita giornaliera? Io da un lato vorrei accontentarli un po', dall'altro ho paura di confonderli e farli soffrire di più con questo "assaggio di libertà".

laura&cats
25-04-2022, 07:52
Quindi pensi che se io, per esempio, li facessi uscire nel tardo pomeriggio comunque non imparerebbero ad associare quel momento della giornata, con le sue caratteristiche condizioni di luminosità e temperatura, all'uscita giornaliera? Io da un lato vorrei accontentarli un po', dall'altro ho paura di confonderli e farli soffrire di più con questo "assaggio di libertà".

Pito chiede di uscire solo al mattino, e quando possiamo lo portiamo fuori (con pettorina e guinzaglio) appena è abbastanza caldo. Adesso saranno le 11:00 ma presto dovremo farlo la mattina sulle 7:00. Nel suo caso non gli abbiamo insegnato che si esce a quell'ora, ma che prima o poi si esce, e mentre aspetta può stare sul davanzale con la zanzariera abbassata a guardare le api senza pungiglione del nostro alveare lì accanto. Non è l'ideale, lo so, ma bisogna scendere a compromessi e fare il possibile. Credo che Pito l'abbia capito.

Leny
25-04-2022, 08:06
Pito chiede di uscire solo al mattino, e quando possiamo lo portiamo fuori (con pettorina e guinzaglio) appena è abbastanza caldo. Adesso saranno le 11:00 ma presto dovremo farlo la mattina sulle 7:00. Nel suo caso non gli abbiamo insegnato che si esce a quell'ora, ma che prima o poi si esce, e mentre aspetta può stare sul davanzale con la zanzariera abbassata a guardare le api senza pungiglione del nostro alveare lì accanto. Non è l'ideale, lo so, ma bisogna scendere a compromessi e fare il possibile. Credo che Pito l'abbia capito.

Ecco, io vorrei che capissero che non c'è bisogno di disperarsi tutto il giorno perché tanto arriverà il momento della giornata dedicato alla "passeggiata". Potrei anche portarli fuori ad orari diversi o addirittura più volte al giorno quando sono più libera, ma non so se questo possa creare più confusione nella loro testa rispetto ad uscire sempre alla stessa ora orientativamente.
Poi comunque a me fa piacere vederli giocare fuori quando sgattaiolano via, mi fanno tanta tenerezza e per questo vorrei trovare un compromesso che vada bene ad entrambi senza che si stressano ancora di più.

babaferu
25-04-2022, 08:12
Ecco, io vorrei che capissero che non c'è bisogno di disperarsi tutto il giorno perché tanto arriverà il momento della giornata dedicato alla "passeggiata".

Non può capirlo Leny.... Si dispera perché non può esprimere la sua motivazione di specie di esplorare, non è come uscire a fare una passeggiata per un cane....

Aletto
25-04-2022, 18:58
Aggiungo, li vedi disperati e in realtà ci stanno molto vicini, ma desiderano.
Quindi più che disperazione questo comportamento è agganciato, come giustamente dice ba, alle motivazioni di specie e alle emozioni a cui sono collegate cui segue l’appagamento.

In ordine di comparsa di comportamento: il desiderio -che di per sé contiene emozione- e motivazioni, poi emozioni che sono correlate all’espressione della motivazione stessa.

Non c’è niente di meccanico/programmabile nell’insorgere di un desiderio che è il motore, o se preferisci, il primo anello della catena delle motivazioni.
L’animale, ed infatti anche l’essere umano, in condizioni normali muove la sua vita partendo dal desiderio.
Sarebbe un discorso lungo ma mi fermo qui.

Leny
27-04-2022, 17:42
Aggiungo, li vedi disperati e in realtà ci stanno molto vicini, ma desiderano.
Quindi più che disperazione questo comportamento è agganciato, come giustamente dice ba, alle motivazioni di specie e alle emozioni a cui sono collegate cui segue l’appagamento.

In ordine di comparsa di comportamento: il desiderio -che di per sé contiene emozione- e motivazioni, poi emozioni che sono correlate all’espressione della motivazione stessa.

Non c’è niente di meccanico/programmabile nell’insorgere di un desiderio che è il motore, o se preferisci, il primo anello della catena delle motivazioni.
L’animale, ed infatti anche l’essere umano, in condizioni normali muove la sua vita partendo dal desiderio.
Sarebbe un discorso lungo ma mi fermo qui.

Grazie per la risposta, Aletto.
Quindi, dal tuo punto di vista, vale la pena di assecondare parzialmente questo loro desiderio? Ammesso che sia impossibile che loro capiscano, come i cani, che ogni giorno prevedere un momento per la passeggiata, per un gatto è più doloroso un desiderio che non verrà mai soddisfatto (e quindi forse col tempo subentra la rassegnazione) o un desiderio appagato a metà e non come vorrebbe lui?
Dal mio punto di vista da essere umano, direi che poco è meglio che niente, ma non so se faccio più danno che altro a farli uscire un pochino e con delle limitazioni che loro non possono comprendere.

Aletto
28-04-2022, 10:01
C’è un’interpretazione di fondo che nel tuo ragionamento ti fa involontariamente mischiare tre specie (uomo, cane, gatto) spostando l’attenzione che invece di essere rivolta alla specie in questione ti fa fare d’ogni erba un fascio.

Io non vedo il mondo come lo vede un cane o un gatto, loro hanno percezioni diverse: il cane fa squadra con l’uomo e questo fa sì che sia propenso ad obbedire per seguire l’andamento del branco di appartenenza. Il gatto invece non si riconosce come appartenente ad un branco, ma tende a raggiungere i suoi obbiettivi specie specifici. Tutte e tre queste specie sono mosse da motivazioni diverse, e quindi da desideri diversi.

Quello che capisce un gatto è funzionale alla sua specie, quindi non è che non capisce. Mi spiego meglio: è come se noi non capissimo che salire su un albero e rimanere lì a sonnecchiare è bellissimo, mentre non è che non capiamo, ma semplicemente questo non appartiene alla nostra percezione ed uso dell’ambiente.

Tu dici:
“Dal mio punto di vista da essere umano, direi che poco è meglio che niente, ma non so se faccio più danno che altro a farli uscire un pochino e con delle limitazioni che loro non possono comprendere.”
Il poco è sicuramente meglio di niente, e di nuovo c’è il fatto che loro non possono comprendere: loro non devono comprendere ciò che non è funzionale alla loro specie, perché capire non gli servirebbe a niente.

ma questo *poco* di cui tu parli, implica un dosaggio arbitrario della gestione della motivazione ed emozione imposto da una specie verso un’altra e non prende in considerazione che quel poco lascia un languore che persisterà nelle ore e giorni successivi.

La rassegnazione secondo me non ci sarà, lo vedi con tuoi occhi, e se questo è tutto quello che possiamo fare, perché anche noi abbiamo la necessità di non preoccuparci, di saperli al sicuro sotto la nostra tutela ecc ecc, dovremo accettare di convivere con una specie che non abbiamo saputo/potuto tutelare anche sotto altri punti vista.