Visualizza Versione Completa : Dubbi su gattina appena arrivata
Ciao a tutti, da poco è entrara a far parte della famiglia una gattina di un paio di mesi, io non ho esperienza con i gatti avendo avuto sempre e solo cani (molossi di vario tipo).
Mia moglie invece ha avuto gatti in gioventù e ha sempre sostenuto che il gatto sia meno impegnativo del cane ma obiettivamente non mi sembra.
Mi ritrovo la gattina praticamente addosso sempre e ovunque vada, se lavoro in scrivania è sulla gambe e o sul tavolo, anche a dormire, non posso muovermi in casa senza che mi segua.
Inoltre, spesso quando si sveglia vuole salire in braccio e comincia a leccarmi faccia, naso, collo facendo un borbottio che sembra una mini harley....
E' molto buona, si lascia manipolare, mettere gocce negli occhi (leggera congiuntivite) e orecchie(leggera rogna), mangia e si lascia toccare la ciotola senza fare nulla.
La sto abituando al guinzaglio, ma in giardino è molto timorosa, anche senza motivo e se qualcosa non le torna parte e si arrampica dalle mie gambe fino a posizionarsi sulle spalle tipo un pappagallo e da li non scende più...
Ma è normale tutto questo "appiccicamento"? il leccare la faccia, lo stare cosi incollata? La gattina è stata presa essenzialmente per una richiesta delle mie figlie, ma la gatta non se le fila granchè, giusto per giocare, ma con loro gioca in modo un po "pesante" lasciando segni che con me non fa.
Inoltre se viene qualcuno in casa e cerca di avvicinarla soffia e gonfia il pelo e manco a dirlo mi si infila nelle gambe e poi spalle da cui soffia ...
perdonate le tante domande, ma non avendo esperienza non so sia tutto ok ciò che la micia fa, specie avendo sempre letto che sono animali molto indipendenti e abbastanza distaccati.
Ciao, intanto due mesi sono proprio pochi per adottare un gattino (ma anche un cane) a meno che non sia orfano. Per quello che ti posso dire dovresti ritenerti fortunato, ti ha scelto evidentemente :D, tutto quello che fa è perchè sicuramente le manca la mamma, cerca solamente affetto. Per quanto riguarda il giocare, cerca di non farla giocare con le mani, prendi dei giochini , tipo cannette apposite, deve giocare e non essere lei un gioco (le tue figlie sono piccole?) Bisogna avere molta pazienza, è un cucciolo e, ripeto, non un giocattolo. Dalle tempo. Poi ti risponderà qualcuno più esperto di me sicuramente. Io ti parlo per esperienza personale (ho sempre avuto gatti) , magari avessi ancora un gatto che mi si accovaccia in braccio e mi lecca e invece ho due streghe :micimiao65::micimiao65:
Il fatto che la gatta abbia con te il tipo di rapporto che descrivi, significa che ti ha scelto come suo punto di riferimento. Probabilmente in casa ti muovi lentamente, non parli con un tono di voce molto alto, non sei invasivo nei suoi confronti (cioè non la vai "sfruculiando" continuamente). Tutte "qualità" importantissime agli occhi di un gatto.
Ora si trova in un ambiente nuovo, ha bisogno di esplorarlo, di conoscerlo, e ti ritiene una guida sicura. E ti vuole bene. Per questo ti segue per casa ovunque tu vada. E' normalissimo (ed anche molto bello).
Se hai la fortuna di avere un giardino sicuro (nel quale cioè non possano entrare cani o altri gatti) lascia che ci si muova liberamente, senza guinzaglio. A differenza del cane, il gatto ha bisogno di essere e sentirsi libero quando esplora la natura. Ne va dello sviluppo delle sue caratteristiche di specie, e quindi del suo equilibrio "psicofisico".
Trovo strano che la tua compagna, che ha già esperienza con gatti, non ti abbia spiegato, e soprattutto non abbia spiegato ai vostri amici che vi vengono a trovare, che di solito i gatti non tollerano di essere avvicinati e/o manipolati da estranei. Che quando vengono a trovarvi, i vostri amici devono ignorarlo del tutto. Sarà lei, con i tempi e i modi giusti, ad avvicinarsi, se e quando lo riterrà opportuno. Un'estraneo che tenta di accarezzarla, sebbene abbia le migliori intenzioni, lei lo percepisce come una minaccia, un potenziale aggressore. E si predispone alla difesa (gonfia il pelo, soffia, mostra i denti, etc.).
Ciao e benvenuto!
Tanto i cani che i gatti se vivono con noi richiedono impegno, ma sono animali con caratteristiche ed esigenze differenti.
Decidere di condividere la vita con un animale è sempre impegnativo, sotto ogni aspetto.
Certo il gatto, a differenza del cane, non richiede l'impegno di essere portato a fare la passeggiata igienica più volte al giorno e non ha bisogno di fare regolarmente il bagnetto.
Il gatto in queste faccende è decisamente autosufficiente.
Quello che il gatto sia meno impegnativo del cane è un luogo comune privo di fondamento.
Se il rapporto col gatto si limita a qualche coccola o al massimo a mettergli una manciata di crocchi nella ciotola, certo che l'impegno è assai lieve.
Un cane diventa compagno di vita; lo stesso è quando accogliamo in casa un gatto.
La micina è molto giovane, puoi paragonarla a una bimba piccola, forse sente la mancanza di mamma gatta, in ogni caso si sta ancora ambientando e si sta affezionando sempre più alla persona che lei stessa ha scelto e guarda caso, se tu.
Attento col guinzaglio, il gatto non è un cane.
Anche se ci sono gatti che vanno al guinzaglio, il pericolo è sempre in agguato.
A causa della sua conformazione fisica, un micio è in grado di contorcersi in maniera incredibile, sgusciando fuori anche dalle migliori perttorine; quella 100% a prova di gatto non l'hanno ancora inventata.
Adesso è ancora cucciolina e quando è un po' impaurita o non si sente completamente al sicuro si rifugia sulla tua spalla, ma immagina quando sarà adulta e dovesse spaventarsi: potrebbe divincolarsi fuori dal guinzaglio e si darebbe alla fuga ed è un comportamento felino normalissimo; il gatto non fa come il cane che cerca protezione dal suo umano.
La micia non si fila molto tua figlia? E' perché ha scelto te come umano preferito.
Ci sono gatti socievoli con gli estranei fin da piccoli e ci sono gatti che non lo saranno mai.
Per esempio come i miei, che quando arriva un estraneo fuggono a nascondersi e l'ospite crede che non abbiamo gatti.
Mi raccomando, se arrivano ospiti non costringere la gattina a farsi vedere, non prenderla in mano per mostrarla o peggio ancora non passatevela di mano in mano; se arrivano bimbi non permettere che la inseguano per toccarla a ogni costo.
Deve essere lei a decidere se e quando mostrarsi.
Ricorda anche che i gatti non amano sentire gridolini e strilli vari.
Vorresti dirci il nome che avete scelto per la gattina?
Senza la pretesa di essere esaustivo, ma sperando di riuscire a darti qualche elemento utile, seppur molto schematico: vivere con un gatto è molto diverso da vivere con un cane.
Il cane è un animale a forte senso di socialità: vive in branco, riconosce gerarchie e cerca un capo branco da seguire.
Il gatto, invece, è un animale a socialità facoltativa. E' più facile che empatizzi con animali di altre specie (uomo compreso) che con altri gatti. E' un predatore solitario, consapevole del fatto di poter essere anche preda, e quindi ha una sensibilità molto particolare e molto delicata.
Nei rapporti sociali tendenzialmente non riconosce alcuna autorità, tranne quella della madre quando è piccolo, e imposta relazioni paritarie con altri individui, basate soprattutto sulla fiducia. Se questo elemento viene meno nel rapporto con noi umani, è difficilissimo recuperare: il tradimento, per i gatti, è un peccato mortale. Difficilmente perdonabile. E' quasi impossibile "addestrarlo" ad eseguire comandi: obbedire è contro la sua natura.
Per questo credo che si possa avere (nel senso di possedere) un cane, mentre con un gatto si può vivere insieme, in una relazione sempre dialettica, aperta, mutevole, che significa crescere insieme a lui.
All'aperto, in natura, per il gatto è inconcepibile la passeggiata al seguito del "padrone", con o senza guinzaglio. In un prato come in un bosco, deve potersi muovere liberamente, per sviluppare ed esercitare le sue abilità. Deve correre, infilarsi fra le piante o nei roveti (tecniche di caccia, ma anche ricerca di un rifugio contro un predatore più grosso di lui), e deve poter sviluppare la dote innata dell'arrampicarsi, la "terza dimensione", che usa sia per controllare il territorio, ponendosi da un punto di osservazione alto e sicuro, sia per sfuggire ad attacchi di altri animali.
Scusa il pistolotto, inevitabilmente lacunoso, schematico ed impreciso. Altri, più esperti e bravi di me, sicuramente integreranno e correggeranno.
Un'ultima cosa: se non lo hai già fatto, procurale almeno una scatola di cartone da tenere in casa. E' un'ottima "tana" in cui rifugiarsi, ma soprattutto un meraviglioso giocattolone che userà soprattutto per farsi le unghie, risparmiando i mobili di casa.
Anzitutto grazie a tutti per le risposte, decisamente delucidanti.
La piccola si chiama Runa, la abaiamo presa cosi piccina in quanto il proprietario della mamma aveva molta fretta di disfarsi dei gattini causa gravidanza inaspettata di mamma gatta, inoltre Runa causa malformazione alla coda (pare troncata...) era sicuramente la meno fortunata della cucciolata e si sa che di solito il cucciolo meno bello resta per ultimo, in tutti i sensi, esperienza già vissuta con uno dei cani che avevo adottato.
Le mie figlie non sono piccole, 14 e 12 e essenzialmente la gattina era stata presa su loro forte pressione dopo la scomparsa dell'ultimo cane di casa.
Viviamo in zona poco trafficata, direi quasi agricola, abbiamo un giardino abbastanza grande ma non sicuro per un gatto, girano altri gatti e la notte una o più volpi fanno visita alla zona predando quelloe che trovano quindi di farla uscire da sola manco a parlarne, almeno finchè non sarà adulta.
Il guinzaglietto è proprio per abituarla al giardino, a futuri spazi che spero saranno suoi e garantirle la conoscienza della zona in caso dovesse scappare.
Le ho comprato una sorta di "castello" fatto da diverse scatole e supporti con tanto di tiragraffi, ci gioca, ma manco più di tanto ameno che non la faccia giocare io, allora si, ci sta.
E' abituata anche a dormire sola la notte e non miagola praticamente mai, giusto per chiamare quando esco la mattina per il lavoro o se non mi vede per casa, la chiamo e arriva bella felice posizionandosi vicino o addosso.
A dirla tutta mi da perfino l'impressione che alcune cose , diciamo comandi basilari, li capisca, ma anche lei si fa capire benissimo con gli ochietti.
Mia moglie aveva diversi gatti giù in sicilia, ma erano allo stato brado, buonissimi eh, ma completamente liberi nella campagna di proprietà, diciamo che questa è la prima gatta di casa.
So che il gatto non è il cane, ma vorrei davvero tanto poter condividere con la micia le mie uscite come facevo con i cani la paura è che anandosene da sola possa finire predata piuttosto che investita, comunque vedrò quando cresce e dopo la sterilizzazione.
Ancora grazie a tutti.
Se la micina ti sta sempre appiccicata lo fa in quanto ti ritiene essere vivente e zona sicura appartenente al suo nuovo territorio. Diventa, diciamo, patologico, de usa l’attaccamento per schermarsi nei confronti del mondo.
Quando la porti fuori col guinzaglio, che come ti hanno detto è sbagliato, è ovvio che se ti ritiene zona sicura e non avendo ancora imparato a divincolarsi dal guinzaglio, non potendo rifugiarsi altrove o tornare in casa alla velocità della luce, si abbarbichi a te.
Per renderla indipendente e sicura di sé deve perlustrare il giardino, come anche ha già fatto probabilmente in casa, con estrema calma e memorizzare le possibilità di fuga, cosa che col guinzaglio non può fare.
I due mesi di vita per quanto riguarda l’adozione sono considerati il miglior periodo in quanto è aperta a nuove esperienze sia positive che negative che le resteranno in memoria. E’ il miglior periodo anche nei confronti della socializzazione secondaria –quella con altre specie- sia nel bene che nel male.
Poiché è il miglior periodo per la socializzazione secondaria e le varie tipologie di individui umani: uomo, donna, bambini e anziani sarebbe meglio se l’approccio con vostra figlia o figlio fosse positivo.
E’ normale che i nostri bambini, appartenendo ad una specie sociale e socialmente organizzata, abbiano necessità di socializzare anche con cani e gatti, ma i gatti a differenza dei cani, sono socievoli con chi vogliono ma non sono sociali. Mia figlia piangeva perché la micia di allora secondo lei non le voleva bene in quanto scappava come la vedeva. Ho dovuto insegnarle a non avvicinarsi a lei, a ignorarla, a muoversi in modo pacato, e a parlare a bassa voce. Non fu facile perché all’epoca aveva tre anni e nonostante quando nacque la micia già era in casa, crescendo il comportamento dei bambini cambia, si evolve e acquisiscono nuove consapevolezze compreso il rifiuto di uno dei membri nel nucleo familiare (in questo caso il gatto) al quale reagiscono con modalità diverse.
Il cane fa squadra con l’essere umano (se quest’ultimo è accreditato altrimenti lo considera un deficiente qualunque), il gatto no. Ne consegue che, assieme ad altri punti fondamentali, per assicurare una vita degna ed una stabilità emotiva il gatto non è meno impegnativo del cane.
Con mamma gatta forma il triangolo mamma-figlio-ambiente, e mamma gatta favorirà l’emergere del differenziale evolutivo del piccolo a seconda delle sue certezze e competenze che lo avvieranno verso una vita da predatore solitario ma socievole.
Neppure questo post è esaustivo, ma piano piano assieme agli altri post forse per te prende corpo la nostra vita col gatto.
... So che il gatto non è il cane, ma vorrei davvero tanto poter condividere con la micia le mie uscite come facevo con i cani la paura è che anandosene da sola possa finire predata piuttosto che investita, comunque vedrò quando cresce e dopo la sterilizzazione...
Non mi piace fare la parte del guastafeste, però penso che sia praticamente impossibile che tu possa condividere le passeggiate che facevi in natura con i tuoi cani anche con Runa.
Per quel che può valere, ti racconto brevemente la mia (piccola) esperienza in proposito.
Abito accanto a un bosco di castagno enorme, che abbraccia un'intera collina, e quando tre anni e mezzo fa ho preso con me Averno, reduce da un brutto incidente, ho coltivato lo stesso sogno che adesso accarezza i tuoi pensieri. Come sarebbe bello andarcene insieme a passeggio nel bosco! Il massimo che sono riuscito ad ottenere è stato percorrere insieme un centinaio di metri lungo un sentiero appena accennato. Poi, lui si è fermato e non ne ha voluto sapere di andare oltre. Aveva perso il contatto visivo con la casa, e la sua mappatura del bosco era ancora troppo limitata per consentirgli il rischio di avventurarsi in terre ignote.
Eppure, considera che abbiamo un legame molto speciale. Abbiamo fatto amicizia quando lui ancora viveva per strada, in una colonia non censita, e questo fatto è stato davvero utile per capire tante cose su cosa fare e cosa non fare, partendo dai ricordi (allora particolarmente vividi) di come avevo visto "mamma gatta" comportarsi con i cuccioli quando li lasciava liberi di giocare nel parcheggio della mia ex sede di lavoro.
Quando l'ho portato nel giardinetto sotto casa, tutt'altro che sicuro per la presenza di un cane stanziale e molti altri di passaggio, ho cercato di imitare, per quanto possibile, il comportamento della gatta. Mentre i cuccioli giocavano, lei controllava la situazione dal tetto di un Defender (lavoro in una società che fa, tra le altre cose, l'antincendio boschivo): un posto alto, per controllare meglio la situazione; sufficientemente vicino ai gattini da poter intervenire tempestivamente in caso di necessità, ma anche sufficientemente distante da lasciargli tutto lo spazio di cui avevano bisogno per esprimersi liberamente; posizionata in modo tale da essere tra i gattini e l'unica via da cui potevano venire pericoli.
Cercando di rispettare queste semplici regole che mi aveva involontariamente insegnato "mamma gatta" (che insieme ad Averno è stata la mia prima maestra: prima di lui non avevo mai vissuto nemmeno con un pesce rosso), ho sempre accompagnato Averno nelle sue passeggiate in giardino, badando bene a non mettergli pressione, perché la sua esplorazione ed il suo gioco fossero i più liberi e gratificanti possibili, e perché potesse realmente "impadronirsi" del giardino.
Gli ho solo impedito, con l'interposizione del mio corpo, di andare a ficcarsi in posti pericolosi, e quando di sua iniziativa si è spinto nel bosco (anticipando un mio desiderio), ho ripetuto lo schema, con le varianti che la diversa conformazione del territorio imponeva.
Non ho mai pensato di essere io a decidere cosa dovesse fare o dove dovesse andare: l'esperienza del bosco serviva a lui per acquisire e sperimentare le sue competenze, per affinare i suoi sensi, per esplorare e scoprire, per giocare liberamente con la natura e nella natura. Io, nei limiti del possibile e delle mie capacità ero presente, alla giusta distanza, per offrirgli sicurezza e tranquillità (le prime volte, se io non lo seguivo nel bosco, lui tornava immediatamente indietro, e se mi perdeva di vista si metteva a miagolare come un disperato).
Parlo al passato dell'esperienza del bosco perché ho dovuto responsabilmente porre termine a queste sue meravigliose scorribande: piano piano, acquisendo sicurezza e mappando sempre più dettagliatamente il territorio, si è spinto a passeggiate in solitaria che eccedevano le quattro ore. Io vivo da solo, non posso garantirgli una via di entrata e di uscita autonoma dall'appartamento, e non posso passare tutto il giorno giù alla palazzina con una mazza in mano per tenere a bada i cani che rischia di incontrare al rientro, perché comunque lui ha avuto una frattura all'attaccatura anca/femore che ne limita mobilità e velocità, ma soprattutto gli preclude la possibilità di arrampicarsi sugli alberi. Abilità questa che in caso di brutti incontri gli può salvare la vita.
Fortunatamente Runa non ha di questi problemi, grazie a dio. E noto con piacere che anche tu stai cominciando ad imparare da lei, dalla relazione che state costruendo, a capire quanto può essere bello condividere la propria vita con un gatto.
Spero che in qualche modo questo lungo "polpettone" ti possa essere utile. :)
Certo che lo è, tutti pareri ed esperienze lo sono.
Il grosso problema del mio giardino è che confina con la ferrovia e la rete è relativamente bassa, circa 1,70 che per un gatto sono niente...
Il mio timore è che lasciandola libera per il giardino possa partire e infilarsi da qualche parte per me irraggiungibile, tipo la legnaia piuttosto che dei pertugi nella rete che la porterebbero fuori confini, in pratica sulla ferrovia e se resta fuori la notte ci sono altissime probabilità di non rivederla...
Purtroppo di gatti ne spariscono a iosa causa boschi confinanti, campagne che ospitano predatori vari, volpi, rapaci, cinghiali, c'è chi dice che ormai siano arrivati i lupi (cosa di cui dubito fortemente)...
Per farla bereve non vorrei che prendesse la strada e non tornasse più, mi sentirei responsabile...
Comunque grazie per la tua testimonianza.
Vivere insieme ad un altro animale richiede senso di responsabilità, perché il mondo in cui viviamo è sempre più antropoformizzato, gli spazi per le altre specie si stanno drammaticamente riducendo, e questo produce grossi problemi sia nell'immediato (avvicinamento di specie selvatiche ai centri abitati, e pericolose commistioni con noi e le nostre attività) che, in prospettiva, sotto un profilo evoluzionistico: in che modo si evolveranno, per adattarsi al meglio ad un ambiente irrimediabilmente cambiato, molte specie animali, compresi quelli che noi chiamiamo "animali domestici" -e spesso non lo sono, almeno del tutto- come cani, gatti, etc.?
Ma questo è un altro discorso.
Se vivessi sulla Fifth Avenue, a New York, mi guarderei bene persino dal far uscire il gatto sul balcone, visti i tassi insostenibili di inquinamento nelle grandi metropoli moderne. Il punto è sempre come garantire al gatto di poter fare la sua vita, sviluppare le sue caratteristiche di specie al meglio, nelle condizioni ambientali date. Magari cercando di forzarle un pò, laddove è possibile. Ma senza mai rischiare più di tanto di metterlo in una situazione di pericolo per la quale madre natura non lo ha attrezzato.
Per cui fai benissimo a preoccuparti della situazione reale in cui vivi, di quello che le condizioni ambientali permettono di poter fare, e regolarti di conseguenza.
Non sono sicuro che la volpe rappresenti un pericolo per i gatti. C'è una coppia di amici miei, di quelli veri, che da Roma si sono trasferiti a Sonnino, in provincia di Latina, dove hanno aperto un agriturismo. Spesso ospitano, per lunghi periodi dell'anno, la gatta della sorella di lei, che si è abituata a vivere e dormire all'aperto. Recentemente, ha fatto la sua comparsa nella struttura una cucciola di volpe, che loro nutrono e con la quale stanno cominciando a tentare approcci relazionali, che credo stiano procedendo bene, visto che si stanno "vendendo" sul mercato dei fruitori di quel tipo di strutture, l'esperienza dell'incontro occasionale con la volpe.
Bene, finora, che io sappia, non ci sono stati problemi fra la gatta e la volpe. Pare che condividano, senza incrociarsi, gli stessi spazi. Non siamo a livello del rapporto tra i personaggi collodiani di Pinocchio, ma sembra si sia instaurata una buona convivenza.
Dipende dal fatto che la volpe è una cucciola, e la gatta è anziana? Boh!
Una volpe cucciola è un conto, specie con un gatto adulto, da me si parla di volpi adulte che cacciano per mangiare e vivere, sul fatto che siano un grosso pericolo per i fatti anche adulti ne sono sicurissimo. Oggi ho tappato dei varchi nella rete, ma Runa è piccina, con voglia di esplorare, ma non conosce i pericoli. Mi sa che aspetto dopo la sterilizzazione a concedere spazio, sarà più grande, forte e sicura. Per ora si esce con guinzaglietto, anche stamattina dopo un po' è salita sulle spalle e ci è pure appisolata...
Mimas, considerati i pericoli della zona in cui abiti fai bene, anzi benissimo a non lasciare che Runa si aggiri da sola all'esterno, soprattutto ora che è ancora cucciola.
A questo punto mi sento di dirti di ricorrere pure al guinzaglietto in giardino; è una sicurezza che non si metta nei guai.
Però anche se vedi che si trova a suo agio al guinzaglio, non portarla mai in giro dove potrebbe incontrare cani, ma anche umani.
Ci sono gatti molto schivi e addirittura (quasi) terrorizzati dalle persone che non sono di famiglia e ce ne sono di molto socievoli, curiosi e ben disposti nei confronti di qualsiasi umano.
Questo dipende dal carattere del gatto, dalle precedenti esperienze, da ciò che ha appreso da mamma gatta, durante i primi mesi di vita, ma anche da quanto gli è stato trasmesso come patrimonio genetico in relazione alle esperienze materne pregresse.
Da come ne hai parlato, non mi sembra che Runa sia uno di quei mici che si getterebbero subito fra le braccia di un estraneo.
Per esperienza personale ti posso dire ci sono gatti che al guinzaglio si comportano benissimo, fermo restando che per me è bene limitarsi a luoghi dove di sicuro non si rischiano incontri di alcun genere.
Riguardo alle volpi, ebbene sì, soprattutto gli esemplari adulti sono un grossissimo e purtroppo mortale pericolo per i gatti cuccioli, ma non di rado lo sono anche per i gatti adulti.
Ricordo un pastore che ogni estate portava con sè in alpeggio anche il gatto, che però veniva immancabilmente predato dalle volpi; alla fine ha rinunciato a portarsi dietro un micio.
Ci sono invece gatti così svegli, sempre all'erta, che nonostante siano grandi esploratori, non si fanno predare dalle volpi neppure quando vagano in giro di notte.
Che tenera l'immagine di Runa che ti si appisola in spalla!
Ciao, si il guinzaglietto lo uso, ma si vede che le va un pò "scomodo", una volta finiti di tappare ile possibili via di fuga vedo se lasciarla libera sotto sorveglianza di giorno, da sola no, almeno al momento no, come ho scritto se ne riparla dopo la sterilizzazione e comunque non prima di 6 mesi. In giro con il guinzaglietto non la porterò, sarebbe davvero troppo anche per lei, vincolata senza possibilità di eventuale fuga.....E che non le piacciono gli estranei è un dato di fatto ormai assodato, eppure è cosi buona con noi. Anche perchè alla fine me la ritroverei fissa sulle spalle tipo pappagallo.
Non sono allarmista o pessimista, ma il confine con la ferrovia con una rete alta 1,70 è insufficiente nonostante i buchi tappati. I gatti non hanno confini se non quelli stabiliti da loro stessi, e ciononostante restano confini fluidi anche per loro.
Non fermeresti un gatto nemmeno se la rete fosse alta il doppio di quello che è adesso.
L'unico sistema è ricorrere a una recinzione antiscavalcamento, tipo queste:
https://www.pinterest.it/pin/772578511060716315/
Naturalmente non ci devono essere alberi o rami che un gatto possa utilizzare come un trampolino di lancio.
Come vedi nella foto, è stata fatta una bella pulizia generale in prossimità della recinzione.
Non basta però la recinzione antiscavalcamento; bisogna mettere in sicurezza per esempio i cancelli (sopra, fra le sbarre e sotto, verso terra, perché è incredibile quanto un gatto riesca ad appiattirsi per infilarsi dove vuole) e proteggere ogni altra apertura che possa costituire una via di fuga.
Purtroppo non posso permettermi un lavoro del genere, almeno non per ora, anche perchè ho piante da frutto adiacenti la recinzione... Ora che è piccina e onestamente non mi pare un fulmine (ma lo diventerà) credo che tappare del tutto i pertugi sia sufficiente per garantire la sua sicurezza, anche se al momento di mollarla libera non me la sento. Vedremo come ho scritto più avanti .
A qusto punto non so manco se abbiamo fatto bene a prendere una gattina, io mi affeziono tantissimo agli animali che ho (fate conto che ho un pesce rosso da 11 anni, cambio acqua una volta la mese, pulizia acquario, filtri...) e il solo pensiero che possa scappare con esisti infausti mi sta star male, ma so che non posso bloccarla o relegarla sempre in casa, lei guarda dalla finestra, si capisce che le piace il mondo esterno...
Anche se è poco che è a casa abbiamo instaurato un ottimo rapporto e contrariamente a quanto letto alcuni comandi li ha imparati e li capisce, cosi come ha capito dove non andare (tipo sulla tavola, mi sale in braccio, appoggia una zampina sulla tavola e mi guarda, le dico di no con molta calma e lui toglie pure la zampina, ha imparato a non usare i denti per giocare, le unghie ed è davvero affetuosissima, cerca spesso di strusciare la sua testa sulla mia, non so perchè ma le piace da matti).
Strusciando la testa contro il tuo corpo, la gattina rilascia ferormoni: ti marca come "suo" territorio, e rinsalda un rapporto di reciproco affetto. Ti dice che sei la sua famiglia, è uno dei comportamenti di socializzazione più significativi.
Obbedire non è nella natura del gatto. Ma questo non significa che se gli chiedi di fare o non fare qualcosa in modo non troppo impositivo, non scelga di starti a sentire. Non puoi pensare di guidare Runa come se fosse un cane. Ti può ascoltare (non salire sul tavolo e cose simili) se sente e vede lo stesso rispetto dei suoi spazi e della sua personalità anche da parte tua. Una relazione tra due esseri viventi è sempre fatta di reciproche comprensioni e di adattamenti. Vale anche con i gatti. E con loro, la base di partenza non è il rapporto gerarchico, ma l'affetto, il venirsi incontro. E' "tutta n' ata storia". :)
Tutti i gatti con cui ho vissuto capivano e capiscono il "no" detto a bassa voce* e percepito da loro non come un divieto/comando ma come segnale di attenzione all'ambiente.
Questa considerazione cambia totalmente la prospettiva spostandola da gatto-uomo a gatto-ambiente.
I divieto/comando genera languore (mai auspicabile), l'attenzione genera percezione di importanza della sopravvivenza.
Personalmente non ho mai precluso l'accesso alla tavola da pranzo, ma ho offerto alternative migliori. Sta di fatto che quando la tavola è imbandita non salgono e quando la stessa tavola è adibita a scrivania salgono e ci dormono. Idem per il bancone della cucina.
Col tempo individuano ciò che è meglio da ciò che non serve affatto, inclusa ahimé la relazione con noi.
La relazione non dovrebbe mai intaccare la loro fiducia nei nostri confronti, altrimenti pensano qualcosa del genere: sai che ti dico, di avere una buona relazione con te non mi interessa affatto. E qualche gatto se ne può anche andare.
L'errore più comune oltre all'antropomorfizzazione è la cinomorfizzazione. Ambedue involontariamente umiliano la loro essenza.
*letteralmente: no dai ti prego, lascia stare
Farsi venire i dubbi adesso non riporterà indietro le lancette del tempo.
Runa ora è lì, ti vuol bene e tu gliene vuoi, sei il suo punto di riferimento, la sua sicurezza, guarda avanti!
Rispetto al gran numero di chi convive con i gatti, la maggior parte non ha un terrazzo e ancora meno hanno un giardino, va già bene se c'è un balcone, ma tanti non hanno nemmeno quello e i gatti vivono solo sempre fra le mura domestiche.
Per inciso, presto il giardino di cui mi occupo con passione da molti anni (di un parente di mio marito) diventerà a tutti gli effetti di nostra proprietà, ma non ci lascerò andare i gatti, per problemi logistici per metterlo in sicurezza e per problemi di costi che ora (e credo proprio nemmeno in futuro) ci possiamo permettere.
Per di più anche qui, come da te, abbiamo il problema della ferrovia e delle volpi.
Se deciderai che Runa viva solo in casa dovrai provvedere, se non lo fosse già, arricchendola per renderla adatta il più possibile alle esigenze di un felino e dovrete cercare una visione comune, soprattutto fra te e tua moglie, ma molto probabilmente avete già affrontato l'argomento.
Se invece deciderai/deciderete che dovrà poter uscire, oppure non garba la prospettiva di avere per sempre una micia per casa h24 allora metti in conto che potrà correre dei pericoli e accetta questa possibilità.
Qui i gatti non hanno limitazioni di sorta da parte nostra, per nessuna parte della casa.
Anche loro non saltano sulla tavola apparecchiata o mentre mangiamo, non perché glielo abbiamo imposto, succede e basta.
Mentre cucino o mentre taglio la carne per loro, non vengono sul piano di lavoro o sul tavolo, cosa che invece fanno in altri momenti, a volte per stendersi al fresco sul marmo, a volte per una coccola o semplicemente per guardare il mondo da media altezza.
Per la massima altezza ci sono armadi e mensole a muro o addirittura il sopra delle porte verso il terrazzo quando restano aperte (ma fissate in sicurezza per evitare che nella foga dell'arrampicata possano chiudersi accidentalmente schiacciando le zampe).
Io ci ho messo un mese a liberare Averno dalla paura di entrare in camera da letto, salire sul tavolo o sulla poltrona dello studio: prima che venisse da me, era stato una settimana a casa di un collega, che lo aveva raccolto dopo un primo incidente che aveva avuto (frattura del femore dopo essere uscito appena in tempo dal motore di un fuoristrada) e lo aveva poi riportato per strada perché refrattario all'educazione che pretendeva di impartirgli. Quando si fermava sulla soglia della mia stanza da letto, mi guardava con aria tra il soddisfatto e l'implorante, come a dire: "vedi come sono bravo? Ti prego, non mi ributtare per strada".
Per sbloccarlo, l'ho catturato durante una sessione di acchiapparello, l'ho schienato sul letto e ho cominciato a giocare con lui a fare la lotta. Magari non proprio il modo giusto di agire (non ho rispettato i suoi tempi), ma non avevo esperienza, e comunque da allora non si è fatto più problemi a muoversi liberamente per la casa.
Anzi, ha fatto di tutto per farmi capire quanto la apprezzasse, soprattutto quando arrivavano temporali e bufere di vento: mi guardava, poi rivolgeva uno sguardo soddisfatto alle pareti e al soffitto, e poi mi guardava con un sorriso da far invidia al "Gatto del Cheeseeshire".
Ho sempre cercato di fare in modo che la casa che abitiamo la sentisse come il suo territorio, in cui muoversi liberamente. Credo che sia questo il motivo per cui in casa, in tre anni e mezzo, non ha mai fatto danni, e se ne ha fatti sicuramente meno di me. Sale liberamente su ogni mobile, entra nelle cassettiere e negli armadi a suo piacimento. Non è interessato a tiragraffi o altri giochi per gatti: a parte le scatole di cartone e le palline, ama giocare con me, inseguimenti e/o lotta. E dare la caccia, sul balcone, a insetti e uccellini.
Adesso mangia abitualmente sul tavolo da pranzo, vicino a me, altrimenti andrebbe seminando residui di cibo per casa, col risultato di attirare orde di fameliche formiche.
A dire il vero Lara sale sulla tavola apparecchiata quando mio marito la invita espressamente per offrirle qualcosa che piace particolarmente alla micia.
A pranzo e cena, appena finito di goderci il consueto quadretto di cioccolato fondente come fine pasto, arriva Milo a sdraiarsi tutto compiaciuto sulla tovaglia, dopo aver però leccato i nostri piatti solo odorosi, fino a lucidarli; a lui piace leccare, ma se gli lasci un pezzetto di cibo, lo evita.
@leucio
Non so perché, ero convinta che Averno fosse nero, ma ora che mi sto impratichendo nel frugare in ogni anfratto del forum, ho visto che è quasi un rossino.
Dico quasi per via del bianco, mi ricorda tanto il mio amato Teo, che ora non c'è più.
Averno per me è semplicemente Averno.
L'ho preso con me perché siamo diventati amici quando ancora viveva per strada, perché è un essere vivente a tutto tondo, capace di provare ed esprimere emozioni e desideri, capace di soffrire, di lottare come un leone contro le avversità della vita, senza perdere un etto della sua tenerezza. Senza darsi mai per vinto. E perché da subito ci siamo completamente fidati l'uno dell'altro. E perché pur non avendo mai avuto animali con me, prenderlo era l'unico modo per evitare che morisse, dopo l'incidente che aveva avuto.
Poteva essere maschio o femmina (ho saputo di che sesso fosse dalla veterinaria), rosso o nero, tigrato o calico: non me ne è mai importato molto. A differenza di molti "padroni" di gatti, resto indifferente quando mi dicono che è un bel gatto: del resto, io non sono il suo padrone, ed i nostri rapporti viaggiano da sempre su un'altra dimensione, un'altra dinamica rispetto a quella, gerarchica, di "padrone" e "sottomesso". :)
Anche a me non è mai importato nulla del colore del pelo o degli occhi se era maschio o femmina, se aveva un difetto fisico o oppure no.
Non ho, non abbiamo mai cercato o scelto di proposito un gatto.
Ogni micio con cui condividiamo la vita è stato il risultato di una casuale e fatalissima attrazione quando le nostre strade si sono incrociate.
Gerarchie, padrone, sottomissione...ne ho una vera e propria idiosincrasia e amo i gatti anche perché non hanno padroni e non sono mai servi di nessuno.
(Te lo dico ugualmente, anche se resti indifferente: Averno è un bel micio e mi ha colpito il suo sguardo così espressivo).
Spoiler
https://www.micimiao.net/forum/picture.php?albumid=2952&pictureid=29306
Vedo solo una schermata nera con un microscopico puntino bianco al centro!
@ Iska
Forse sono stato troppo duro, nei toni.
E' che non sopporto molto le discussioni troppo mielose, a base di "pucci pucci" e di banali convenevoli. A volte, mi parte l'embolo, e so che mi è partito con la persona sbagliata.
Sorry.
L'embolo, il black out che scatta in automatico è che molto spesso attraverso questi modi di parlarne, si nega (spesso involontariamente) ogni dignità di essere vivente al gatto (ma lo stesso ragionamento vale per ogni altro animale, essere umano compreso). Lo si riduce, lo si limita ad una funzione che esclude e ne mortifica l'essenza, la natura, le capacità. E la cosa mi manda in bestia. Ogni tanto, dopo aver tanto accumulato, esplodo.
In fondo, ma molto in fondo, apprezzo sempre che mi si dica che Averno è un bel gatto: "un bel gatto" in genere è un gatto che vive bene, che è curato e rispettato nei suoi diritti e nel suo equilibrio. E poi il suo sguardo: mi ha sempre colpito moltissimo, per l'intensità e l'espressività. Spesso (soprattutto agli inizi) molte cose di lui ho cominciato a intuirle proprio guardando i suoi occhi, le sue espressioni del muso senza pregiudizi, a cuore e mente aperti, completamente calato ed agito dal desiderio di comunicare con lui.
@ Aletto
dal mio Mac, io vedo solo una schermata bianca, senza nemmeno un puntino...
vediamo se ho capito cosa volevi fare:
https://micimiao.net/forum/album.php?albumid=2952&pictureid=29306
Così si vede, ma non capisco il senso di questa immagine. Non capisco cosa volessi dire, ed è un mio limite, of course.
@ leucio
sì grazie, era quello che volevo fare :)
Il bello è che io vedo l’immagine ma è enorme.
Il senso è che neppure i cani hanno un dominante, e chi lo dice vuol dire che non ha capito niente. Il ragazzo allora la blocca.
Non hai niente di cui scusarti e francamente...come puoi definire duri i toni che hai usato?
Sarà perché per i miei standard i toni duri sono ben altra cosa, quando mi parte l'embolo, tanto più che la mia capacità di accumulo è prossima allo zero, basta una scintilla e...buuum!
Il miele.
Mi piace molto, possibilmente su una fetta di pane generosamente imburrata, però i pissi-pissi/pucci-pucci/amoruccio, tesorino bello e simili mielosità proprio non sono nelle mie corde, ho quasi faticato a scriverle.
Attraverso lo sguardo si riesce a comunicare in modo talmente profondo che in certi momenti mi sento le farfalle nello stomaco.
È quello che è avvenuto e avviene tutt'ora tra me e i gatti e naturalmente anche con Iska, nonostante sia passato un anno da quando le nostre strade si sono incontrate e non abbiamo ancora avuto il minimo contatto fisico.
Le emozioni che leggo nei suoi occhi color del succo di limone, sono convinta che lei le legga nei miei color nocciola.
@ Aletto
Se era riferito al mio post, all'espressione "padrone" e "sottomesso", c'è da dire che molte persone cercano un rapporto con un altro animale ponendosi in una posizione di superiorità, di dominanza. Io provvedo alle tue necessità elementari e tu fai tutto quello che dico io.
Se vogliamo, un rapporto che è tipico delle forme di socialità della nostra specie, e che molti di noi umani puntano meccanicamente a riprodurre anche con le altre specie. Ma fortunatamente non tutti gli umani vivono e concepiscono i loro rapporti inter ed extra specifici in questo modo.
Da quel poco che capisco, i cani rinselvatichiti (piaga dei nostri tempi, perché frutto di abbandono), tendono a vivere in branco, e all'interno del branco c'è sempre una figura di riferimento, un capo. Come tra i lupi.
Tanti anni fa, mi è capitato di dover difendere la mia piccola cuginetta (oggi ultra cinquantenne, come passa il tempo!) ed altri bimbi da un branco di questi cani, e ne sono venuto a capo "puntando" direttamente il capobranco e mettendolo in fuga: appresso a lui sono fuggiti anche tutti gli altri.
Alcuni amici, allevatori di cani o che hanno avuto molti cani, mi hanno sempre detto che il rapporto con il cane funziona bene solo se riesci a interpretare, ai suoi occhi, il ruolo del capobranco.
Questi sono gli elementi in base ai quali, al di là della discussione specifica, mi sono fatto l'idea che i cani hanno una vita sociale ordinata sulla base del principio gerarchico dell'obbedienza a un capo, in assenza del quale si sentono legittimati ad assumere loro quella funzione (questo, nel rapporto con noi umani).
Non è mai troppo tardi per correggere un errore. Meglio se lo si può fare in maniera definitiva, ovvero sulla base di qualche argomentazione da poter comprendere.
Non hai niente di cui scusarti e francamente...come puoi definire duri i toni che hai usato?
Sarà perché per i miei standard i toni duri sono ben altra cosa, quando mi parte l'embolo, tanto più che la mia capacità di accumulo è prossima allo zero, basta una scintilla e...buuum! ...
Nel corso degli anni, sono diventato abbastanza bravo a mantenere la calma e contenere gli eccessi cui naturalmente sarei portato a cedere. E così talvolta riesco a sfruttare quei pochi secondi che passano fra il momento esatto in cui scatta una reazione istintiva (anche solo a livello mentale) e il momento in cui metto mano alla tastiera per recuperare uno stato simile alla calma.
A volte, però, ed è quello che è successo con te, i toni e il senso di quello che scrivo sono troppo secchi, chiusi. E' come se passassi una spruzzata di "simil Autan" per chiudere ogni spazio ulteriore di dialogo.
E non sempre è giusto farlo (almeno, stavolta non lo era). E quando sbaglio o esagero credo sia giusto scusarmi.
.....
Da quel poco che capisco, i cani rinselvatichiti (piaga dei nostri tempi, perché frutto di abbandono), tendono a vivere in branco, e all'interno del branco c'è sempre una figura di riferimento, un capo. Come tra i lupi.
Tanti anni fa, mi è capitato di dover difendere la mia piccola cuginetta (oggi ultra cinquantenne, come passa il tempo!) ed altri bimbi da un branco di questi cani, e ne sono venuto a capo "puntando" direttamente il capobranco e mettendolo in fuga: appresso a lui sono fuggiti anche tutti gli altri.
Alcuni amici, allevatori di cani o che hanno avuto molti cani, mi hanno sempre detto che il rapporto con il cane funziona bene solo se riesci a interpretare, ai suoi occhi, il ruolo del capobranco.
Questi sono gli elementi in base ai quali, al di là della discussione specifica, mi sono fatto l'idea che i cani hanno una vita sociale ordinata sulla base del principio gerarchico dell'obbedienza a un capo, in assenza del quale si sentono legittimati ad assumere loro quella funzione (questo, nel rapporto con noi umani).
Non è mai troppo tardi per correggere un errore. Meglio se lo si può fare in maniera definitiva, ovvero sulla base di qualche argomentazione da poter comprendere.
Nella sequenza che indichi, e che non ho visto, intuisco che quel capobranco probabilmente era un leader.
Tra i cani liberi di cui parli, spesso ce n’è uno o più d’uno che offre agli altri la possibilità di inserirsi in un’attività di gruppo/sociale -in quel caso particolarmente dannosa per tua cuginetta- e parlerei allora piuttosto di leadership perché in questo caso, come in altri, il leader compatta il gruppo offrendo possibilità di partecipazione ai non leader. Bisogna capire che stoffa sociale ha quel cane o quell’altro al quale il leader sta solo offrendo un’occasione di inserimento nell’attività di gruppo. Alcuni cani, come alcune persone non diventeranno mai leader e non per questo saranno meno importanti.
La nostra lettura del comportamento, per non essere una lettura antropomorfizzata, dovrebbe sempre andare oltre le apparenze, spesso imposte dalla nostra struttura sociale. E l’etologia comparata ci serve proprio per riconoscere similitudini e differenze.
La dominanza/capobranco finisce sempre con lo spaccare il gruppo, e questo non rientra nell’organizzazione sociale dei cani. La dominanza la associamo sempre ad un comportamento sociale, ma a ben vedere questa cosiddetta dominanza, se fosse vera dominanza, non compatterebbe un gruppo costituito da capo e sudditi. E no, l’umano non è capobranco ma un leader che offre possibilità. Solo così si viene accreditati dal cane, altrimenti si è semplici addestratori col solito sistema di stimolo-risposta-ricompensa (il cosiddetto metodo gentile). La leadership dà carisma anche tra cani perché dà spazio all’accettazione, alla mediazione, alla partecipazione senza alcuna imposizione.
I branco dei lupi è una famiglia con i cosiddetti maschio alfa e femmina alfa, che sono i genitori o anche i nonni. Lì c’è legame di sangue, genetico, -e questo fa una bella differenza- che solitamente non c’è nel branco di cani liberi, venendo meno uno degli aspetti fondamentali del termine dominanza.
Il lupo è selvatico, il cane no, anche quando vive libero in branco. La struttura sociale del lupo si organizza abilmente nella predazione, è il loro modo per procurarsi il cibo.
Il cane no, è più che altro un raccoglitore di risorse anche quado vive libero perché per procurarsi il cibo spesso gironzolano, annusano e attingono a risorse già esistenti e se proprio devono predare fanno una caciara tremenda. La sua performance sociale non la vediamo nell’organizzazione di una sequenza predatoria.
Il concetto di dominanza comincia a fare acqua da tutte parti.
La dominanza quindi è un concetto biologico, che si trasmette, e che va scomposto nelle sue componenti ereditarie ed etologiche più che ideologiche come tendiamo a fare noi.
In generale la cultura machista che sta dietro il concetto di dominanza diventa denigratoria nei confronti di un nostro cane che non viene definito dominante e quindi automaticamente è inferiore.
@ leucio
Per approfondire consiglio il gruppo straydog international project, sono bravissimi e spiegano per filo e per segno i video delle dinamiche dei cani liberi. In alcuni video si vedono i "capo branco" starsene tranquillamente in disparte e lasciar agire gli altri, danno opportunità. Per approfondire bisogna, come sempre, studiare anche sul campo ed imparare ad interpretare. Lavoro lungo.
@ Aletto
Grazie per la spiegazione, che per quanto mi riguarda è più che esaustiva.
Lo scontro col branco di cani rinselvatichiti è roba di cinquant'anni fa (anno più, anno meno)...
e non te ne racconterei i dettagli neanche sotto tortura.
:)
I dettagli non servono, immagino siano stati traumatizzanti. Serve una lettura dell'accaduto.
La lettura dei fatti? Il mio "piano di battaglia", elaborato rapidamente, nel momento in cui è cominciato il breve fronteggiamento che ha preceduto lo scontro: colpire il capo per far fuggire anche i gregari.
Loro erano una mezza dozzina di cani, ora non ricordo bene quanti fossero precisamente (sono passati poco meno di 50 anni...). Io ero un giovane uomo che difendeva un gruppo di cuccioli della sua specie (come -forse- diresti tu), incavolato nero per i fatti suoi, quasi a livello pachiderma in musth. Ed ero pure "vestito", come si diceva all'epoca.
Quando mi hanno visto arrivare si sono lanciati verso di me ringhiando e abbaiando. Li ho fermati mostrando una bella spranga di ferro. Pensavo bastasse questo a risolvere la situazione. Mi sbagliavo.
Hanno continuato a ringhiare ed abbaiare, ondeggiando con il corpo da un lato all'altro. Ogni tanto facevano come per lanciarsi verso di me, ma non si muovevano. Solo uno, quello davanti a tutti, era fermo e mostrava continuamente i denti. Quando, tra l'aumento del clamore degli altri e il cambio di postura del "capo" ho pensato che stava per partire l'aggressione, li ho presi in controtempo e ho assalito il "capo".
Appresso a lui sono fuggiti anche tutti gli altri. E' stato solo necessario assestare un colpo ad uno di loro che aveva tentato di aggirarmi, e che ho colpito per sicurezza (mai lasciare un avversario in condizione di colpirti alle spalle).
Strategia umana, giusta, per fortuna avevi con te una spranga di ferro (?) che li ha impauriti ancora di più e tra il fly ed il fight, hanno preferito lottare finché è stato possibile. Come avresti fatto tu per tua cugina.
A minaccia si risponde con minaccia.
Territorio invaso.
Capo e gregari da ambo le parti.
Qualche tempo fa passeggiavo con una mia amica di infanzia in un bosco attorno a casa sua: può essere che incontriamo i cani della zona. Ecco i cani, continua a camminare senza guardarli, continua, stai dietro a me e non guardarli per nessun motivo, cammina con calma e non ci faranno niente, non guardarli, non guardarli, penseranno che li sfidiamo. Cammina con la stessa calma di prima. Finito.
Andiamo a fare due passi? No.
Le stesse cosa che mi disse tempo dopo la mia docente. Continua a camminare, non ti girare, vieni senza accelerare il passo, non ti girare non guardare e vieni da noi. Finito.
Una volta lì da loro mi si affianca un cane con un atteggiamento e postura un po’ strani. Era un lupo cecoslovacco f1, ossia figlio di un incrocio tra un cecoslovacco ed un lupo, quindi socializzato solo per il 50% del suo DNA.
Strategie.
La storia del lupo cane l’ho già raccontata qui tempo fa.
In verità, quando mia cugina e i suoi amichetti erano venuti piangendo da me perché i cani non li facevano entrare nel parco giochi, ho pensato che la prima cosa da fare era procurarsi una bella spranga di ferro, come si usava all'epoca.
Poi ho preso una sacca di juta, sempre di quelle che si portavano all'epoca, e l'ho riempita di pietre, ho messo in sicurezza i bambini e sono andato a liberare l'area giochi.
Per questo ti avevo scritto che ero andato "vestito". Con questo termine "in codice", nella seconda metà dei '70, si spiegava che si portava addosso qualcosa per difendersi (spranga, chiave inglese, etc.).
Io a casa tenevo una bella Hazet 36 che avevo ribattezzato "Caterina", ed era il mio personalissimo portafortuna: ogni volta che l'ho portata in piazza o a scuola perché si temevano aggressioni, non è mai successo niente. :)
Conosco e pratico la tecnica dell'indifferenza con i cani. Ma in quella situazione non potevo (e non dovevo) fare altro che metterli in fuga. E ho dovuto sostenere uno scontro di cui ti risparmio volentieri i particolari.
In verità, quando mia cugina e i suoi amichetti erano venuti piangendo da me perché i cani non li facevano entrare nel parco giochi, ho pensato che la prima cosa da fare era procurarsi una bella spranga di ferro, come si usava all'epoca.
Poi ho preso una sacca di juta, sempre di quelle che si portavano all'epoca, e l'ho riempita di pietre, ho messo in sicurezza i bambini e sono andato a liberare l'area giochi….
Sarebbe stato meglio aspettare che i cani se ne andassero.
La loro comunicazione te l’aveva riferita tua cugina, e tu cinquant’anni fa eri molto giovane.
Il parco giochi sta sempre lì, i cani no.
Ti sei messo inutilmente in competizione con i cani forse proprio perché eri molto giovane.
Poi, forse soddisfatto del risultato, hai fatto fare ai bambini quello che avrebbero potuto fare qualche ora dopo, o il giorno dopo.
È già tanto per quel che riguarda l’etologia comparativa.
@ ...
L'embolo, il black out che scatta in automatico...
Ah, ma tu intendevi embolo virtuale, da tastiera!
A me non è ancora successo, tanto più che non ho esperienze di partecipazione attiva con i social.
Si vedrà col tempo, ma mi auguro di no.
A parte la mia recente iscrizione a Micimiao, sono iscritta da...credo mesi, un anno, francamente non so dirti, a Fruttama, iscrizione che aveva lo scopo di permettermi di visualizzare alcune immagini non accessibili ai non iscritti, ma non solo non ho mai scritto neppure un puntino, ma non ricordo nemmeno la password.
Per di più l'indirizzo email con il quale mi ero iscritta l'ho dismesso da un bel po' perché mi dava sempre problemi di accesso e mi ero stufata.
Io mi riferivo all'embolo che a volte mi parte quando mi trovo ad aver a che fare nella vita reale con qualcuno che me le fa girare all'impazzata!
Sarebbe stato meglio aspettare che i cani se ne andassero.
La loro comunicazione te l’aveva riferita tua cugina, e tu cinquant’anni fa eri molto giovane.
Il parco giochi sta sempre lì, i cani no.
Ti sei messo inutilmente in competizione con i cani forse proprio perché eri molto giovane.
Poi, forse soddisfatto del risultato, hai fatto fare ai bambini quello che avrebbero potuto fare qualche ora dopo, o il giorno dopo.
È già tanto per quel che riguarda l’etologia comparativa.
Il punto, umanamente parlando, e senza spoilerare troppo, e che a quei bambini ci tenevo, e non solo a mia cugina.
Mia cugina è figlia adottiva. L'altro lato della famiglia (i parenti di mia zia) non l'ha mai accettata. Parlavano di lei spregiativamente, era "la tedesca" perché veniva da un brefotrofio della Germania Ovest. Per me era mia cugina e basta.
Ero l'unico cugino grandicello che non la mandava a quel paese, che la ascoltava.
Una volta, poco prima della vicenda dei cani, venne da me per mettermi in mezzo ad una lite che aveva avuto con un amichetto. Della serie: adesso chiamo mio cugino e ti farà vedere lui. In realtà lei aveva torto marcio, ed io sono riuscito gentilmente a farglielo notare, poi capire e infine far pace con l'altro bambino. Tutto molto dolcemente, come piacerebbe sempre fare a me.
Da quel momento, sono diventato il "cugino grande" di tutta la combriccola di bimbi.
Se litigavano o avevano qualche problema, spesso venivano da me e non andavano a lamentarsi con i genitori (alcuni di loro, peraltro, conoscenti dei miei). Si fidavano di me.
Mi riempivano la vita di dolcezza in un posto in cui trascorrevo forzosamente l'estate e dove passavo per terrorista, tossicodipendente, pervertito sessuale e chi più ne ha, più ne metta.
Con il mio amico che ora fa lo psicologo (cfr. l'amica di Riri), che condivideva la stessa "nominata", ci facevamo grandi risate, però a volte pesava.
Insomma, quei bimbi erano una boccata d'aria fresca in un posto popolato da gente mefitica.
Avrei fatto qualsiasi cosa per loro.
Tutto questo, umanamente comprensibile e mosso da nobili sentimenti, per me è indorare la una pillola ed è depistante rispetto alla traccia iniziale della narrazione che è partita da ho dovuto difendere o siamo stati aggrediti - non ricordo- da un branco di cani liberi ed è finita con ho allontanato i bambini e li ho messi al sicuro. La cosa poteva fermarsi lì.
Ma invece no. La narrazione continua: dopo mi sono avvicinato al branco con una spranga di ferro ed un sacco con dentro delle pietre, l’ho minacciato -ed impaurito-, ho colpito (quello che credevi che fosse, ma probabilmente era il più impaurito) il loro capo con un colpo ben assestato “perché non si lascia un avversario in condizioni di colpirti alle spalle”.
Non è scontato che i cani sarebbero passati alle maniere forti, bastava lasciare che se ne andassero.
Non mi piace, ma questa è una mia impressione.
I cani forse non ti avrebbero aggredito, avvisavano, ringhiavano (o ringhiava solo uno di loro) e stavano usando una loro risorsa. E tu hai usato la tua risorsa accuratamente preparata.
L’aggressività è diversa dall’aggressione e tu, stando a quanto hai scritto, li hai premeditatamente e volutamente minacciati provocandoli, ed aggrediti. E’ stata una tua decisione a posteriori.
La tua cuginetta non c’entra più niente da un pezzo, era già al sicuro con i suoi amici, e diventa quasi una scusa per mostrare a lei e a te stesso chi è il vero capo.
Allora c’era l’attenuante dell’età.
Ora non più.
Ancora parli di capi, dominanti e gregari, e la tua narrazione tuttora difesa ed edulcorata da nobili intenti, che abbiamo tutti, per rendere accettabile la tua aggressione ai nostri sentimenti, parla da sola.
Spero che i bambini non abbiano assistito neppure da lontano alla scena.
Dopo lunghe e sofferte ponderazioni, questo è ciò che penso.
@ leucio
Quanto alla tua violenta e sanguinosa azione punitiva verso i cani quando oramai i bimbi erano, come hai detto tu, in sicurezza (e infatti non erano più al campo giochi, in quanto erano venuti a lamentarsi da te per la situazione) sono fondamentalmente sulla stessa linea di pensiero di Aletto.
Potrei anche sbagliarmi, ma per me a quel punto stavi solo ponendo in essere in parte una vendetta premeditata e pianificata e in parte intendevi rimarcare la supremazia dell'essere umano su un animale.
Certo, a quel tempo eri un ragazzo, ma francamente io non riesco a dare l'attenuante dell'età; sapevi maneggiare spranghe di ferro e pietre, quindi...
Per difendermi e difendere chi amo sono disposta, se necessario, a uccidere, anche individui della mia specie, però solo se l'aggressione avviene contestualmente e percepisco una minaccia grave per la vita, non se penso che possa avvenire, perché mi potrei sbagliare e agirei in un modo che non potrebbe più avere ritorno.
E soprattutto mai penserei a una vendetta a posteriori, tanto più nel caso di un animale.
Cos'è poi successo al cane che hai pestato? Si è salvato?
E quel campo giochi da quel momento non è mai più stato frequentato dai cani?
Immagino si trattasse di "caciottielli", perché se fosse stato un branco di molossoidi o lupoidi, credo proprio che sarebbe andata diversamente, soprattutto per te.
Grazie per la sincerità (rara avis).
Se ti racconto un episodio del passato, te lo racconto completo delle sensazioni e delle idee che avevo all'epoca. Questo serve a capire cosa ho fatto, come l'ho fatto e perché l'ho fatto. Le valutazioni ex post non cambiano lo svolgimento dei fatti, e in definitiva non servono a niente.
Ho fatto semplicemente quello che sentivo di dover fare. Uno contro sei (almeno) non si va mai a mani nude, e la vita che facevo allora mi suggeriva una serie di soluzioni immediate e di risorse utilizzabili che non hanno richiesto nessuna particolare premeditazione. Era il '77 o giù di lì, sono andato col pilota automatico. I bambini dovevano essere messi in sicurezza. Se mi fosse andata male, non dovevano rischiare di farsi male anche loro, più o meno come pensavo ed agivo rispetto al corteo da proteggere durante uno scontro di piazza. Discorsi e domande tipo cosa farei oggi sono completamente privi di senso.
Il cane che ho colpito ("con un colpo ben assestato" è una tua licenza poetica) mi stava venendo alle spalle. Non si lascia MAI nessuno durante uno scontro in condizioni di colpirti alle spalle. Se avessi voluto, lo avrei potuto agevolmente colpire sulla testa, e lo avrei lasciato steso a terra. Ho preferito lasciargli la possibilità di fuggire. Ma non quella di aggredirmi alle spalle.
Non avevo bisogno di mostrare a nessuno di essere un capo.
Comandare non mi è mai piaciuto (come non ho mai accettato di obbedire ciecamente), e quando sono stato obbligato ad assumere incarichi di responsabilità all'interno di un qualsiasi gruppo, in politica come nel lavoro, ho sempre cercato di organizzare una gestione e una progettazione collettiva di quello che volevamo fare.
Quando mi sono trovato a dover decidere da solo anche per altri, non mi sono mai sentito gratificato, anzi, l'ho sempre considerato la spia di un deterioramento ineluttabile della qualità del gruppo (politico o professionale) in cui mi trovavo ad agire. E purtroppo ho avuto sempre ragione (fine ingloriosa del PCI, fallimenti vari di progetti di riviste etc.).
@ Iska
No, non erano caciottielli. Erano belli grossi, ma non credo fossero molossoidi.
Ero talmente incavolato nero per i fatti miei quel giorno (strano che Aletto, con la sua "finezza psicologica", non abbia rilevato questo punto, che invece per me è cruciale per capire l'unica cosa veramente negativa che ho fatto -e di cui mi sono reso conto subito dopo-, scaricare su altri le mie personali tensioni e infelicità, cogliendo l'occasione che i bimbi mi offrivano per farlo più o meno consapevolmente) che se li avessi presi a morsi sarebbero morti stecchiti all'istante per tutto il veleno che tenevo 'ncuorpo
Naturalmente i cani non si sono fatti mai più vedere in quel posto.
@ Iska
Dimenticavo. i cani se ne sono scappati via, integri ma doloranti (un paio di loro, quelli che ho colpito: quello che stava davanti a tutti e quello che ha cercato di venire alle mie spalle).
Ho saputo trattenere i colpi, riducendoli al minimo indispensabile.
Del resto, quando ero un militante e un piccolo dirigente locale della federazione giovanile del PCI, facevo servizio d'ordine, e quindi ero in prima fila durante gli scontri di piazza, per una scelta politica razionale ma che era una vera e propria violenza nei miei confronti.
Sono sempre stato incapace di fare a mazzate. Per me è sempre stata una cosa inconcepibile.
Però quando nel '77 fare servizio d'ordine significava andare allo scontro fisico con chi cercava di impedirti di esercitare i tuoi diritti costituzionalmente garantiti (diritto di manifestazione, libertà di parola, etc.), e questa funzione veniva -guarda caso- delegata ai figli di operai che facevano l'istituto tecnico, mentre ai figli della borghesia (grande e piccola) veniva lasciato l'alto compito di pensare alla politica, e tutto questo nel Partito Comunista, io mi sono ribellato.
Ero il responsabile degli studenti medi nella zona collinare di Napoli, praticamente il fulcro del movimento degli studenti medi a Napoli. Non tolleravo che anche dentro il partito che si batteva per il superamento della società borghese e alludeva ad un futuro di liberi ed uguali, si riproducessero le stesse discriminazioni di classe che innervavano il mondo che volevamo abbattere.
E poi non ero disposto a delegare ad altri la difesa della mia libertà. Era un compito, ed un onore, che rivendicavo per me.
Fare servizio d'ordine, nella tempesta di quegli anni, era utile, dal mio punto di vista personalissimo, anche per evitare che tra di noi si radicasse un'idea della militanza politica ridotta a puro scontro militare. I miei compagni del servizio d'ordine dovevano capire che non erano una banda di picchiatori, ma avevano il compito, anche politico, di difendere un corteo. Si doveva sempre ragionare, e tendenzialmente mostrare i muscoli per evitare lo scontro. Solo stando in mezzo a loro, condividendo i rischi che affrontavano ad ogni manifestazione, potevo conquistarmi la credibilità di criticare l'uso della violenza e la deriva militaresca in cui ci volevano far precipitare.
In quegli anni, senza fuggire mai davanti al pericolo, sono miracolosamente riuscito a non far mai male a nessuno.
Ci credi se ti dico che ne sono fierissimo?
Avevo uno "stalin" (così si chiamavano in gergo le finte bandiere che usavamo alla bisogna come bastoni) personale su cui avevo scritto col pennarello, non a caso, "Salvatore", perché doveva servire non ad offendere ma a salvarmi la pelle. Altri, sullo stalin, ci incidevano le tacche per ogni testa spaccata, per dirti come funzionava in quegli anni...
Degli altri animali, allora, non me ne importava niente.
@leucio
Devi sapere, ma immagino che tu l'avessi già capito più o meno dai miei primi interventi sul forum, che non sono più una ragazzina da un bel po' di annetti, quindi non mi dici niente di nuovo, neppure sulle aste delle bandiere.
Certo che le segherie devono aver venduto tanti di quei listelli di legno; dovrei persino averne ancora uno da qualche parte.
Ho vissuto la realtà di quegli anni in una città di provincia del nord Italia, anche se le esperienze sicuramente non sono state così intense e totalizzanti come per chi abitava nelle grandi metropoli.
Fin da allora e anche in seguito, sono sempre stata più in sintonia con i lavoratori, che con gli studenti; troppo spesso, per quel che ne ho conosciuti io, molti erano figli di papà che giocavano a fare i rivoluzionari.
In tutta la mia vita non ho mai avuto tessere di partito, anche se ovviamente avevo le mie simpatie, però in area diciamo un tantino più...fuori...rispetto a te.
Ora invece (e da un bel pezzo) di simpatie non ne ho più per nessuno; troppi tradimenti, troppi voltagabbana, sono profondamente nauseata dalla politica, dal sindacato, da tutto quel che ci gira intorno, media compresi.
Ma è un discorso, il mio, che inizia e termina con i pochi, e forse anche troppi, accenni che ho espresso in questo post.
Siamo su Micimiao, in una discussione incentrata su una specifica richiesta che riguarda una gattina, quindi preferisco, e mi sembra più opportuno, continuare a parlare di gatti.
A me è sempre importato molto, moltissimo, degli animali, da che mi ricordo.
@. Iska
Sperando di chiudere, almeno con te, questa lunga parentesi, ti vorrei solo chiarire alcune cose.
Sono figlio di un impiegato dell'INPS e di una casalinga (tanto per chiarire la mia provenienza sociale). Ho aderito giovanissimo al PCI non sull'onda del movimento studentesco, ma della rabbia per l'epidemia di colera che colpì la mia città nel 1973.
In un clima da peste manzoniana, a livello politico, era quello l'unico partito che denunciava e combatteva le ruberie che allora come oggi devastavano non solo Napoli ma tutto il Paese.
A 14 anni, poteva bastare per fare una scelta di campo.
Tutte le battaglie che ho combattuto, quelle vinte e quelle perse, le ho affrontate con tutto me stesso. Ho rinunciato ad un futuro da funzionario di partito, che mi è stato prospettato più volte, perché ho sempre detto e provato a fare quello che pensavo. A un certo punto, mille anni fa, ne sono uscito perché ormai non avevo più neppure l'aria per respirare, là dentro.
Per molti anni ho cercato di condurre idealmente la stessa battaglia su un fronte professionale, ed anche qui le ho prese di santa ragione (ma molte ne ho date) perché ero e volevo restare fuori da ogni giro di potere.
Oggi faccio l'impiegato, con la stessa disperazione con cui il coronel Aureliano Buendìa fabbricava i suoi pesciolini d'oro, per ricavarne quanto bastava a ricominciare il giro daccapo. Al posto dei pesciolini c'è il gatto che vive con me. Voglio che viva, e il meglio possibile. Chi l'avrebbe mai detto, all'epoca, che avrei preso con me un gatto?
All'inizio del secolo, con una compagnia variegata di irriducibili (ex PCI e ragazzi dei centri sociali soprattutto) ho lavorato alla costruzione del cosiddetto movimento "No Global", dai fatti di Napoli del febbraio 2001 fino alla campagna contro l'intervento militare in Iraq, passando per Genova. Oggi dalla politica non mi aspetto nulla. E nemmeno dalla vita.
Non conosco la tua storia, ma non ho problemi a raccontare la mia. E non sono mai stato settario. Fra l'altro, mi stai pure simpatica perché il tuo nick richiama lo SKA, il centro sociale nel cuore della Città Antica in cui ci siamo riuniti in quegli anni. :)
PS: altro che listelli! Il mio stalin era un bastone di legno di ciliegio alto quanto una mia gamba... faceva parte di uno stock di legno che era avanzato in una falegnameria di un compagno, che ce ne aveva fatto gentile omaggio.
Ma certo che con me la parentesi a cui ti riferisci è chiusa!
Mio padre era disegnatore progettista alla Magneti Marelli di Sesto s. Giovanni (la "Stalingrado d'Italia").
Anche mia madre ha lavorato lì alcuni anni, ma ha deciso di fare la casalinga dopo la nascita del secondo figlio (io sono la maggiore).
Non voleva demandare ad altri la cura dei figli.
Io sono stata qualche tempo nel sindacato, poi nauseata ho mollato; era tutto OK solo se non ti discostavi di un millimetro dalla linea disegnata dai capi e questo non mi andava per niente bene.
Io in verità sono molto restia a parlare di me, su questo aspetto sono peggio del classico orso!
Per inciso, Iska è il diminutivo di Iskander, che è anche (ma non solo) il nome arabo corrispondente ad Alessandro.
Inzialmente credevo che la gatta fosse un maschio.
Quando ho scoperto che era femmina, ho scelto il diminutivo Iska, che mi piace e trovo che le si adatti.
Invece Averno (che proprio oggi compie 4 anni) si chiama così fondamentalmente per due ragioni.
Nei primi mesi di vita, ha visto la morte in faccia troppe volte: è stato rifiutato dalla mamma, ed allattato in extremis da un'altra gatta, che lo ha cresciuto; è l'unico gatto di quella colonia spontanea ad essere entrato ed uscito vivo dal motore di un fuoristrada adibito all'antincendio boschivo: mi ha ricordato Ulisse che entra ed esce vivo dal lago d'Averno, porta d'ingresso al Regno dei Morti che noi umani potevamo varcare una volta sola, senza poter più tornare indietro.
Quando l'ho portato via con me, fresco di frattura all'attaccatura anca/femore, mi rendevo conto che bisognava portarlo subito dal veterinario, si , ma dove e da chi? Mi sono ricordato che lungo la strada che percorro ogni giorno per andare al lavoro (anche oggi che ho cambiato sede) c'è una clinica veterinaria (definizione che allora trovavo buffa) che si chiama Averno.
Oltre a curargli la frattura, gli hanno trovato un'infezione polmonare molto avanzata, insomma gli hanno salvato la vita.
E poi il lago d'Averno è un posto bellissimo, cui mi legano tanti ricordi. Da casa mia, che ha un bell'affaccio sul mare, riesco a vederne pure una generosa porzione.
Hai preparato un pranzetto speciale per entrambi, per festeggiare i suoi 4 anni?
Ricordi che ti avevo detto che pensavo che Averno fosse nero?
Il nome mi aveva riportato alla mente l'accesso al regno degli Inferi e mi è venuta in automatico l'associazione col nero, che per me è semplicemente un colore come un altro, ma che il cristianesimo ha scelto come colore legato alla morte, al lutto, persino all'abito talare.
Dalla mia finestra vedo le montagne, oggi con tante soffici nubi bianche che si stanno affacciando sui crinali.
Nessun pranzetto speciale, in cucina sono una frana, ma tre bustine di pappe industriali, come al solito (oggi le sue preferite), con la "sorpresona" di una mega spolverata di Parmigiano Reggiano grattato fresco fresco per lui stasera... :) ma ho in serbo per lui di meglio del cibo.
Oggi non scenderò da casa per nessun motivo. Starò con lui tutta la giornata (come lui vorrebbe accadesse tutti i giorni): inseguimenti, pallina e lotta no limit, fino allo stremo (mio), e pasti consumati direttamente dalla mia mano.
Questa è una fissazione che ha preso negli ultimi mesi, credo sia un modo per chieder maggiore attenzione e vicinanza.
Solo una pausa, stamane, per ripulire i vasi in cui domani seminerò l'erbetta che lui usa per depurarsi dei boli di pelo. Mi vedrete poco, sul forum, oggi. :)
Spero davvero che "zio Vanja" torni a soffiare al più presto dalle parti di casa vostra, o che comunque abbiate sue notizie.
Stare a macerarsi in un' attesa di non si sa nemmeno cosa, una sospensione del tempo infinita, è terribile. E da qui io non posso che scrivere cose banali, inutili.
Buono il parmigiano, grattugiato piace tanto ai miei maschietti; tra le femmine, solo a Iska.
...e pasti consumati direttamente dalla mia mano.
Questa è una fissazione che ha preso negli ultimi mesi, credo sia un modo per chieder maggiore attenzione e vicinanza.
Lo penso anch'io.
In un periodo in cui ero stata un po' latitante, Milo mangiava solo se lo accarezzavo sulla testa, alternando un bocconcino a una carezza, finché non aveva finito tutto.
...Spero davvero che "zio Vanja" torni a soffiare al più presto dalle parti di casa vostra, o che comunque abbiate sue notizie.
Stare a macerarsi in un' attesa di non si sa nemmeno cosa, una sospensione del tempo infinita, è terribile...
Il mio micione scomparso, rispetto al suo omonimo "zio" ha avuto una vita piena, di sicuro senza rimpianti; una vita da gatto libero.
La scomparsa di qualcuno che si ama senza avere la certezza che sia vivo o morto è per me una nuova esperienza, che avrei preferito non fare mai.
E' come stare in un limbo, in un'attesa che non sai se e quando finirà.
Non immagini quante volte mi era era già capitato di pensare a cosa possono provare i familiari di persone come svanite nel nulla o dei dispersi in guerra.
La vita di un gatto rispetto a quella umana è breve e se dopo un tempo ragionevole (settimane, mesi...o di più?) non sarà ancora tornato, dovrò arrendermi.
Però il non averlo potuto vedere morto, sarà sempre un dispiacere che mi resterà dentro.
...E da qui io non posso che scrivere cose banali, inutili.
L'empatia non ha bisogno di parole.
Ciao a tutti, vi aggiorno sulla piccola Runa.
Dire fantastica è riduttivo, affettuosissima, anche relativamente ubbidiente, nel gioco ha totalmente smesso di usare le unghie, anche quando si gioca agli agguati, il suo gioco preferito, è una bellissima sensazione sentirsi addosso quelle zampette morbidissime, fa una tenerezza incredibile.
Miagola davvero pochissimo, quasi nulla , e sempre con grande discrezione con quella vocina sempre discreta.
Con gli estranei, a patto ci sia io o mia moglie, è più tollerante, arriva a farsi accarezzare senza problemi, ma se non ci siamo reagisce molto male, ieri ha graffiato anche abbastanza pesantemente un operaio che stava facendo lavori in casa, la gatta era con mia figlia e l'operario ha solo provato ad accarezzarla e lei ha reagito malissimo, tanto che anche mia figlia si è spaventata, dopo di chè è subito corsa sempre da mia figlia che era li e le è saltata in braccio puntando sempre l'operario...boh, avrà avuto qualche odore strano addosso.
Dorme senza problemi da sola tutta notte e la mattina festa grande:), prima ancora di attaccare la ciotola vuole coccole, le piace proprio stare in braccio, fa fusa a profusione.
Mi salta sempre in spalla, le piace proprio stare li sopra.
Unica cosa quando parte a leccare il collo, non c'è verso di farla smettere, ma la linguetta raspa mica poco. quando finisce si mette a dormire addosso.
Sta uscendo, sempre a guinzaglio e sempre nel nostro giardino, purtroppo la volpe che gira da ste parti ha fatto fuori i polli dei vicini e pure la loro gattona abituata sempre a star fuori è sparita ormai da parecchi giorni...quindi Runa fuori da sola non va.
Stiamo per andare in ferie e abbiamo fatto una prova protandola in una casetta che abbiamo, 5 minuti di smarrimento e poi via a giocare come una matta! Dovremmo essere a posto anche per le ferie visto che ce la porteremo a dietro, come ce la porteremo ovunque , come ho sempre fatto anche con i cani.
Primo gatto e sono davvero felice, ne ho sempre sentite di ogni, ma obiettivamente è molto simile al cane, meno impegnativa da un verso, di più per altro, ma come affetto e compagnia si equivalgono, anzi la gatta tende ancora di più a voler stare addosso.
Ciao e grazie a tutti.
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