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Visualizza Versione Completa : Castrazione e sterilizzazione, finalmente stanno capendo


Aletto
12-11-2023, 20:20
Gli educatori cinofili lo sanno da un pezzo, ora forse anche i vet e i pet mate lo capiranno, ma la strada è ancora lunga.
Copio e incollo dalla pagina fb Senza Collare.

Gli scienziati veterinari stanno esortando i veterinari a ripensare i vecchi metodi di sterilizzazione.

"Ci sono sempre più prove che la castrazione chirurgica dei cani non possa portare tutti i benefici precedentemente assunti. Anche i tempi sono cambiati, e veterinari e clienti si chiedono sempre più se la castrazione di routine debba continuare ad essere considerata la migliore pratica. "

Ecco alcuni titoli di Veterinary Record che è la rivista ufficiale del @TAG, che è la più grande comunità di appartenenza alla professione veterinaria nel Regno Unito.

https://bvajournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/vetr.3609

https://bvajournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/vetr.3608

Iska
13-11-2023, 23:20
Esprimo un parere da non conoscitrice dei cani.
Sono dell'idea che il cane non dovrebbe essere castrato, né quello libero, né quello di famiglia.
In quanto animale sociale, forse ancor più di altri animali deve poter contare su tutti i mezzi di comunicazione propri della specie.
Nella mia ignoranza canina mi chiedo come un cane intero considera un suo simile castrato.
Di certo capisce che non è femmina, ma anche che non è maschio al 100%
E nel branco di cani liberi quale posto gerarchico, quale posizione può ricoprire?

Il cane castrato che di certo sa di essere maschio, cosa prova a non esserlo a tutti gli effetti e a non riuscire ad esprimersi come vorrebbe?
Penso che ne risenta decisamente a livello psichico e accumuli un notevole stress.
Un po' come urlare senza riuscire ad emettere suoni.

La castrazione metterà magari al riparo dal rischio di sviluppare alcune neoplasie, ma di sicuro non al 100%
Esattamente come per la sterilizzazione femminile.
Forse però se si ponesse maggior attenzione all'alimentazione sarebbe di notevole importanza ai fini della prevenzione e questo sia per i maschi che per le femmine.

Aletto
14-11-2023, 10:23
Penso che il punto sia un alleggerimento delle responsabilità da parte del pet mate: lo faccio castrare o sterilizzare, lo rendo più idoneo alla socializzazione con i suoi consimili. Il che non è affatto vero.
Ipotetico pensiero: "eh, ma l'ho fatto castrare e più di così non posso fare, sto a posto con la mia coscienza."
"Il suo cane ha morso il mio
Strano, è castrato!"

I cani più fortunati approdano ad un educatore cinofilo bravo, e questo si vede arrivare un cane che emotivamente è uno straccio. Per esempio vedono che quel cane è da uomo e non da cane, quindi la sua socializzazione con altri cani, già precaria in partenza, con la castrazione è peggiorata.
Come fanno ad accorgersene? Semplice (per loro e non per me che ne capisco veramente poco): fanno scorrazzare il cane in grande recinto dove sono già stati altri cani ed osservano le interazioni con le marcature. Al di fuori ci sono sia uomini (pochi) che cani (un paio direi) ed osservano la mimica facciale e la marcatura in seguito al contatto visivo. E l'educatore ci dice: vedete qui il cane che fa?
Io ovviamente non vedo nulla di strano :disapprove:

Questo avviene, deve avvenire, prima di un'eventuale adozione consapevole.

Anche il gatto lancia messaggi sociali ma in modo opposto: qui ci sto io, gira alla larga.

Quello che mi dà da pensare è che noi li adoriamo, ma non accettiamo in toto la loro vita perché non accettiamo i loro figli, li vediamo come un impiccio da dare via.
E' un po' come quando il datore di lavoro assume una donna e dice chiaramente: niente figli, e se il caso vuole che la signora/ragazza assunta ad un certo punto aspetti un bimbo, parte il mobbing.

Questo è molto avvilente tanto nei confronti della nostra specie quanto nei confronti delle specie che sosteniamo di amare. Non si accetta in toto la loro vita, il loro diritto alla vita.
Dopo questa mia triste considerazione, immagino i commenti sì ma poi, eh ma poi. E' una mia considerazione.

Vi metto il link ad una breve intervista ad una delle più accreditate veterinarie comportamentaliste

https://www.youtube.com/watch?v=uTfmviHV_pw

Iska
14-11-2023, 22:31
Quello che mi dà da pensare è che noi li adoriamo, ma non accettiamo in toto la loro vita perché non accettiamo i loro figli, li vediamo come un impiccio da dare via...Questo è molto avvilente tanto nei confronti della nostra specie quanto nei confronti delle specie che sosteniamo di amare. Non si accetta in toto la loro vita, il loro diritto alla vita.
Dopo questa mia triste considerazione, immagino i commenti sì ma poi, eh ma poi. E' una mia considerazione.
Purtroppo è come dici.
Ma è altrettanto vero che per noi è impossibile accettare che possano figliare, perché poi come si fa?
Ti figuri se le nostre gatte non fossero sterilizzate e avessero la possibilità di uscire, cosa succederebbe?
Con minimo 2 gravidanze all'anno quanti gattini mediamente nascerebbero?
E poi? Ci riempiamo la casa di gattini che diventeranno adulti, figlieranno e avanti così?
Ovviamente no.

C'è chi lascia figliare la gatta e poi dà in adozione i cuccioli, ma è utopia pensare che tutti possano farlo; più prima che poi le case e i giardini sarebbero sature di gatti.
Personalmente non lascerei mai figliare una mia micia con la prospettiva di portarle via i gattini quando sarà il momento.
Questo per diversi motivi: non si sa mai in che mani andranno a finire, perché non tutto quel che luccica è oro; ne conosco di persone a parole amanti dei gatti, quei tipi tutti pissi pissi, pucci pucci, che alla fine si rivelano assai poco affidabili.
Ma c'è anche un altro motivo, a dire il vero il principale, per cui non separerei mai una madre dal figlio.
Una sola volta mi sono trovata in questa situazione; avevo adottato una gatta a cui era rimasto un solo figlio; avevo già concordato con una persona che avrebbe adottato il piccolo una volta raggiunta l'età giusta; di gatti ne avevo già e non volevo ingrandire la famiglia.
Quando li ho avuto sotto gli occhi per giorni e giorni e ho visto il rapporto madre-figlio, l'amore reciproco di questa mamma e del suo piccolo, già cresciutello e svezzato, non me la sono sentita di separarli e non ho rispettato l'accordo.

Non è neppure pensabile di tenere in casa una gatta in calore per impedirle di avere rapporti con i maschi; a prescindere dall'innegabile disturbo per le nostre orecchie, che sofferenza dev'essere per la povera micia?
L'unica soluzione a tutti questi problemi è solo una: gli animali dovrebbero poter fare la loro vita libera e noi umani non dovremmo interferire in nessun modo, neppure procurando il cibo.
Sarei disposta a rinunciare a condividere la vita con una animale? Francamente no.

(Dopo guardo il video, non ho ancora avuto tempo)

Aletto
15-11-2023, 09:51
@ Iska
E’ proprio la questione morale che cozza contro la questione pratica perché i loro figli, non c’è nulla da fare, ci sono d’ impiccio. Ed è per questo che la pratica ha la meglio sull’autodeterminazione del percorso biologico. Questo mi intristisce molto e mi fa porre domande scomode alle quali però dovrò dare una risposta coerente con la mia percezione ed il rispetto della vita degli altri animali. O li si accetta o non li si accetta, non posso accettarne solo una parte far condurre loro la vita io vorrei.
Ho avuto una gatta non sterilizzata che ha vissuto fino a circa 18 anni, e per tutti quegli anni le mie orecchie e quelle di mia figlia sono state disturbate anche dai concerti dei maschi che venivano sotto casa. Ha anche avuto dei magnifici figlioletti che ho ceduto a persone di mia conoscenza. Certo che la sua biologia ormonale richiedeva con decisione un esito che ha avuto una sola volta.

Ma non è tanto questo, quanto la domanda: li accetto così come sono o faccio in modo che siano come non sono? Questa è per me una frattura importante da risolvere.
Si può condividere la vita in modi non convenzionali, perché se ti voglio bene o ti accetto mi dovrebbe bastare che tu sia qui nei dintorni per incrociare i nostri sguardi di tacita intesa. Come quando vedo sul tetto qui di fronte la micia libera che ho nutrito quando partorì in garage con grande orrore di alcuni condomini che fecero di tutto per chiuderla dentro ed impedirle di entrare ed uscire per nutrirsi e per nutrire i suoi piccoli che ancora gironzolano qui intorno. Storia lunga.

Vabbè, anche questa mia riflessione sul tema sarebbe lunga

Guarda con calma il video che è interessante e breve

Iska
18-11-2023, 13:43
È un dilemma lacerante.
Accetto i loro figli, ma al tempo stesso mi rendo conto che non è sempre possibile, anzi, per com'è impostata la vita di quasi tutti noi umani, è davvero difficile; non posso (e non voglio!) mettere in piedi uno zoo o un allevamento.
Il cuore e la ragione, quale dei due ascoltare?

Fin da quando sono nata, i gatti hanno fatto parte della mia vita.
Avevamo sempre maschi, perché non partoriscono.
Nonostante questo, arrivò anche una femmina, che fece cucciolate due volte l'anno per tutta la vita.
Stranamente però i gattini sparivano il giorno stesso della nascita; mi dicevano che erano stati rubati...
Poi capii che era stata una balla per tenermi buona...ed era l'unico sistema di controllo delle nascite di un tempo lontano.

Invece a casa di mia zia, nella campagna veneta, c'erano sempre maschi, femmine e cucciolate; tranne che per un po'
di latte dopo la mungitura, per il resto i gatti si arrangiavano cacciando ( a volte anche qualche pulcino!).
La selezione naturale ne manteneva costante il numero, un po' come succede qui, per i gatti liberi che vivono nei pressi di baite e depositi di attrezzi agricoli sperduti in qualche radura nei boschi.

Ma dove le case, nonostante ci sia tanto verde, sono tutto sommato non molto lontane fra di loro, è (quasi) impossibile non intromettersi.
Quando Iska ha partorito, avrei accettato i suoi piccoli, però una cosa non l'avrei fatta: provvedere al loro sostentamento; non trovando cibo, se ne sarebbero andati. O almeno quella sarebbe stata la mia speranza.
La mia vicina però li scoprì prima di me e la faccenda prese un'altra piega.
Certo mi ero anche posta l'interrogativo sul futuro che attendeva Iska se non fosse stata sterilizzata e su quello delle numerose cucciolate che avrebbe messo al mondo e questo pensiero mi angosciava non poco.

...Si può condividere la vita in modi non convenzionali, perché se ti voglio bene o ti accetto mi dovrebbe bastare che tu sia qui nei dintorni per incrociare i nostri sguardi di tacita intesa.
Verissimo, sono perfettamente d'accordo.
Però c'è sempre il problema di cui sopra, purtroppo.

Ho guardato il video e da incompetente in fatto di cani mi vien da pensare che condividere la vita con loro nelle nostre case deve essere tremendamente difficile, se vogliamo rispettarli davvero.
Ho l'impressione che molte persone adottino un cane con troppa leggerezza, senza adeguata preparazione, senza sapere cosa significa "essere cane".
Sono magari attenti ai suoi bisogni primari e pensano, erroneamente, che insieme alle coccole siano garanzia di benessere psicofisico.

Mi ha colpito quella cosa dello sguardo del cane, che nell'animale libero è all'altezza di quello dei suoi simili, mentre nel cane di casa tende in alto, verso gli occchi del suo pet mate.
Mi è venuto in mente quanto mi raccontò mio fratello lo scorso anno, quando aveva incrociato un tizio con un border collie al guinzaglio, che non staccava gli occhi dal volto del suo umano.

I presenti, compreso mio fratello, ne rimasero affascinati: un cane desiderabile, così affettuoso, così obbediente, così dipendente dal suo umano.
Un cane snaturato.

Forse è meno difficile convivere con i gatti, perché in quanto animali solisti a socialità facoltativa non sono "plagiabili" come i cani, tranne forse nel caso di "gatto unico"?

Aletto
18-11-2023, 18:05
Hai ragione, dilemma lacerante che, se non sarà troppo OT, sottoporrò a Sonia Campa nel webinar a fine mese….o….sai che ti dico? se non sarà possibile in quel contesto, glielo sottoporrò in privato e non se parla più. In parte già potrei avvicinarmi alla sua risposta per il solo fatto di essermi posta il problema.
Penso che a lei basti questo per capire come il suo interlocutore, io in questo caso -ma anche tu con Iska- percepisca gli altri animali.

Ascoltare il cuore o la ragione? nessuno dei due, penso. Bisogna ascoltare l’altro animale, anche se come disse Nigel, non penseremo mai come pensa un pipistrello.

Ogni tanto ascolto i dopocena live e qualche webinar sui cani, penso sia importante provare a capirli. Capire il branco e capire l’individuo nel branco. Capire il cane con noi, che per sua filogenesi, fa squadra attivamente senza essere snaturato.
La filogenesi delle due specie è completamente diversa, e fu Morettini a dire ad un certo punto: ora dimenticate tutto quello che avete studiato, e vivete il cane.

Il cane non è plagiabile, vuole un compagno di vita accreditato. Altrimenti ci prende per deficienti inaffidabili e ci tollera per quel che siamo: deficienti e inadeguati.
Aspetterà la squadra perché è nella sua indole di specie, forse con un’altra persona e saremmo gelosi di quell’intesa anche se torna a casa con noi.

Per esempio di squadra: un cane al guinzaglio strepita perché gli stai antipatico/a (vai a sapere come lo hanno cresciuto), ma se il pet mate molla il guinzaglio e si allontana due passi a quel punto vediamo il cane smettere di strepitare ed abbassa la coda. Certo non deve essere un cane da difesa, ma se è un cane normale, smetterà di avere un atteggiamento aggressivo.

Non penso sia più facile vivere con un gatto, lo sappiamo bene. È facile se pensiamo ai bisogni primari.

Si adottano sia cani che gatti con molta leggerezza, spesso rendendoli infelici e neanche ce ne accorgiamo .
Ma in fondo hanno pappa e cure, che altro vogliono?

Ricorderò sempre Marcchesini , a proposito del cane, disse: se non facciamo squadra, ma solo tante carezze e affetto sarebbe come invitare qualcuno a cena con una bella tavola imbandita e alla domanda cosa c’è per cena? noi rispondessimo: un c@..o

Iska
18-11-2023, 22:39
Quando una specie animale è altra da noi in effetti è difficile, se non impossibile, sapere cosa pensa quel certo soggetto, ma credo che tutti vorrebbero vivere la loro vita secondo il principio di autodeterminazione, vorrebbero essere come sono e non come un'altra specie, nel caso specifico noi umani, vorremmo che fossero.

La riproduzione ai fini della continuazione della specie è il motore che muove il mondo animale, di cui facciamo parte anche noi umani.
Pensiamo di essere gli unici animali che non si accoppiano semplicemente, ma si amano, con tutte le sfumature e le implicazioni, ponendoci così un gradino sopra tutti gli altri esseri viventi, ma anche solo osservando le scimmie vediamo che amare non è nostro esclusivo appannaggio.
E chi ci dice che a modo loro non possano amarsi anche gatti, cani e via dicendo? Io penso di sì.
E che non possano, come noi, desiderare oppure no di mettere al mondo dei figli?
Certo non faranno pensieri fotocopia dei nostri e proprio per questo non possiamo escludere nessuna possibilità.
Ho notato in varie occasioni che le gatte che hanno avuto figli sono più sicure di sè rispetto a quelle che non hanno avuto questa possibilità, così come ho notato in queste ultime, per dirla in termini umani, un sorta di senso di inferiorità rispetto alle prime.
Ma forse sto antropomorfizzando troppo.

Un aspetto del cane di cui non mi capacito è come possa sopportare i maltrattamenti da parte del suo umano, come possa non fuggire quando ne avrebbe la possibilità, come possa non ribellarsi ai soprusi, come possa obbedire, direi ciecamente, all'uomo, come possa fare squadra con un umano bastardo.
Per questo dicevo che è plagiabile, perché non comprendo come gli sia possibile non odiare il suo persecutore e ribellarsi con tutto se stesso.
Prova a maltrattare, a tradire un gatto una sola volta e non lo vedrai più, forse perché il gatto sa badare a se stesso, non ha bisogno del branco per vivere, perché è un solista?
Mentre il cane non concepisce di vivere al di fuori di una comunità, fosse pure solo quella piccolissima formata da lui e dal suo umano, perché è un animale sociale?

Quando dico che forse è più facile vivere con un gatto rispetto a un cane è perché sento maggior affinità con loro; probabilmente perché nonostante io faccia parte di una specie altamente sociale, dentro di me sono più solista che social.

Aletto
19-11-2023, 11:21
Questo non lo so. La prima cosa che mi viene in mente è: perché molte donne si fanno maltrattare dai propri compagni? E neppure a questo so dare una risposta.
Quello che so è che il cane non pensa “io” ma “noi”. In questo è diametralmente opposto al gatto.
Chi maltratta i cani, o gli altri animali in generale, compreso l’essere umano ed i bambini, è psicologicamente compromesso.
Se poi prendiamo in considerazione le rappresentazioni primarie e secondarie, le cose si complicano. E se proprio volessi inquadrarle le metterei, appunto, tra le primarie o educative (vita fetale e primo anno di vita) includendo la rappresentazione dell’eterospecifico che diventa la base del sistema cognitivo e dello stile relazionale. Tutte cose ad altissima resistenza al cambiamento. Da qui in poi si apre un a pappardella lunghissima.

Il gatto, non necessitando di alcun appoggio sociale, se vive chiuso in casa e maltrattato nel senso classico del termine, non ha via di scampo. Non può neppure può appellarsi all’inclusione dell’essere umano come base del suo sistema cognitivo e relazionale.

Cit. Iska:
“-E chi ci dice che a modo loro non possano amarsi anche gatti, cani e via dicendo? Io penso di sì.
-E che non possano, come noi, desiderare oppure no di mettere al mondo dei figli?
-Mentre il cane non concepisce di vivere al di fuori di una comunità, fosse pure solo quella piccolissima formata da lui e dal suo umano, perché è un animale sociale?”
-Alla prima domanda risponderei sì
-Alla seconda risponderei non so
Molte coppie di uccelli, per es, lo sono a vita e si reincontrano cercandosi dopo le migrazioni per nidificare. Se uno dei due nel frattempo è morto, per l’altro è un grosso problema
-Alla terza direi che l’umano con cui vive, se per lui è inadeguato come scrivevo ieri, non è per forza il suo umano di riferimento. Può anche essere quello che incontra abitualmente al parco o al bar. Anche se poi torna a casa con l‘inadeguato.

Questo è molto importante perché implica un giudizio al quale il pet mate non può sfuggire.

Musichetta a parte, guarda questo link, è un reel (quindi brevissimo) sui cani liberi ma socializzati con l’uomo. Pubblicato da Stray dogs international project, loro sono bravissimi.

https://www.facebook.com/watch/?v=315955681295731&aggr_v_ids%5B0%5D=315955681295731&notif_id=1700385214963627&notif_t=watch_follower_video_explicit&ref=notif

C’è poi un’altra interazione interessantissima: quella tra cani liberi e cani di casa ma abituati a vedere e frequentare quelli liberi. Questo si vede in molti video sempre di Stray dogs international

Iska
24-11-2023, 22:20
Una donna che ha un rapporto difficile col mondo animale in genere o con una specie in particolare trasmette la sua avversione al feto?
O piuttosto è a causa del suo atteggiamento che il neonato tende a sviluppare la stessa avversione?
O più probabilmente sono entrambe le cose.

Mi è venuto in mente di una madre che aveva un'antipatia viscerale per i gatti e la figlia è arrivata ad aver letteralmente terrore del pelo.
E un'altra cugina aveva la stessa fobia per il pelo del gatto, ma non per quello del cane.

Le prime esperienze di un bimbo credo siano il fondamento di ciò che sarà da adulto.
Forse chi maltratta gli animali o comunque gli esseri più deboli e indifesi ha avuto un brutto ingresso nella vita, ha avuto esempi negativi, di violenza, sopraffazione, mancanza di empatia nei suoi primi passi nel mondo o anche prima di nascere?
Però anche se fosse così, non può essere una scusante o un'attenuante per certi comportamenti.

Iska
24-11-2023, 22:44
Che bello il rapporto tra i cani liberi del filmato e gli umani!
Un po' come i cani di quartiere, che generalmente sono amichevoli, mentre tanti cani di proprietà quando vengono lasciati liberi possono costituire un pericolo per le persone e gli altri animali.
Da bambina quando andavo in giro per la campagna con i miei fratelli incontravano una volta sì e l'altra pure qualche cane di proprietà, ma abituato alla vita libera; devo dire che erano molto amichevoli, non facevano paura.
Non posso invece dire la stessa cosa di certi cani abituati alla vita in appartamento che quando sono a spasso con i loro umani non sono sempre amichevoli; a volte non mi fanno sentire tranquilla.
Invece ho un piacevole ricordo di un cane scappato di casa; non abitava molto lontano, ma evidentemente non voleva tornarci; i proprietari avevano tappezzato in paese e fuori di manifesti.
Ho scoperto per caso il suo rifugio mentre andavo a raccogliere more selvatiche, seguendo un'esile traccia nell'erba alta che indicava il passaggio di un animale; quel cane si era stabilito in un boschetto; gli portavo pappa e acqua; poi ad un certo punto se n'è andato, ma non è tornato a casa.
Dico la verità, non ho detto di lui a nessuno, neppure ai proprietari; ho preferito rispettare la sua scelta di vivere libero.

Gatti maltrattati.
Quello che se ne va via è il più fortunato; non essendo evidentemente confinato fra quattro mura, può scegliere di allontanarsi.
Immagino la sofferenza psicofisica di quei poveri mici di cui si legge ogni tanto: quelli prigionieri degli accumulatori seriali.
Ma senza arrivare a casi estremi, chissà quanti che vivono sempre in casa sono maltrattati, magari non fisicamente, anche se dare cibi inadatti è maltrattamento (per esempio quando si vuol far diventare vegano il micio).
Volerlo trasformare in un peluche vivente è maltrattamento, ma lo è soprattutto il cercare di forzarne il comportamento perché non risponde alle aspettative umane; un gatto che vive una vita di divieti perché il proprietario non accetta che si comporti da gatto, secondo me è maltrattato e anche tanto.
E purtroppo l'umano non se ne accorge, il suo intento è quello di addestrare il gatto a non fare cose a lui sgradite e si compiace quando gli obbedisce.
O almeno è quello che crede; quando non sarà presente, spesso e volentieri il gatto farà ciò che voleva già fare.
L'unico risultato sarà quello di avere un gatto stressato, che alla lunga potrà diventare un esserino apatico, disinteressato a tutto, alla sua non-vita oppure esprimerà il disagio con le classiche eliminazioni inappropriate, con problemi fisici e comportamentali e via discorrendo.
E allora si va dallo specialista, ma il problema non è del gatto, è principalmente dell'umano che non capisce cosa vuol dire essere un gatto.

Quando scegliamo di farli vivere in casa con noi, dobbiamo già in partenza mettere in conto che non potremo avere una di quelle case perfettine, ordinate, piene di ninnoli delicati; che il bel tappeto costoso potrà essere macchiato da un vomito, da una strisciata per pulirsi il sederino al quale è rimasta appiccicata un po' di cacca, che il micio potrebbe scivolare dal mobile e nel tentativo di non cadere, graffiarlo, che si appenderà alle tende cercando di afferrare una mosca o una falena.
Per non parlare poi del divano, soprattutto se di pelle, sarà irresistibile per un gatto, idem le sedie impagliate; a volte neppure un bel tiragraffi potrà distogliere l'attenzione.

I miei ne hanno due artigianali, fatti con dei grossi pali di abete; uno è in terrazzo, l'altro in casa (non è un bel vedere, ma chi se ne frega) e sono graditissimi e usatissimi.
Al tempo stesso però amano una in particolare delle gambe di un tavolo ...e ci si fanno le unghie da sempre, però è ancora molto robusta e prevedo che il tavolo resisterà ancora molto a lungo.
Cosa ci posso fare? Niente. Vorrà dire che se dovesse cedere, ne prenderò un altro...e diventerà l'ennesimo tiragraffi.

Aletto
25-11-2023, 09:37
Ci sono i maltrattamenti “amorevoli” come ad es riempirli di baci e carezze indesiderate, metter loro fiocchetti, brillantini e cappellini magari per poi metterli in un calendario o su fb per far sorridere se non addirittura ridere una quantità enorme di persone tramite le condivisioni.
Penso che sia una forma di maltrattamento lesivo della loro dignità. Chissà quanto tempo per fare una foto in-decente di un gatto agghindato solo perché il micio si muove, o perché gli cade il cappellino da babbo natale.
Sgridate e paura per compiacere o far sorridere gli umani per qualche secondo e commentare: quanto sei bello con tanto di cuore accanto.

Cit. Iska:
“E allora si va dallo specialista, ma il problema non è del gatto, è principalmente dell'umano che non capisce cosa vuol dire essere un gatto.”
“Gatti maltrattati.
Quello che se ne va via è il più fortunato”
Gli specialisti questo lo sanno, a lezione i docenti ci dicevano sempre: fate attenzione a ciò che non vi viene detto e dovete fare attenzione a quello che sotto qualche forma invece viene comunque detto.
Sono pienamente d’accordo, quello che se ne va è quello che non rinuncia ad essere gatto.

Qui è da una settimana che sono scivolate in terra tre giacche. Se ne sono appropriati, soprattutto Berenice. Morale, stanno ancora qui sul pavimento. Perché privarli di quello che considerano un posto meraviglioso, ancor più del divano?

Una volta un educatore cinofilo SIUA disse: sono sette mesi che osservo quel cane e come interagisce con l'ambiente (inclusi altri cani e persone) per capire se darlo in adozione e a chi.
Approccio molto diverso dal tradizionale "vai al canile vedi e adotta". Vale anche per chi adotta dai gattili e dai volontari che, seppure armati delle migliori intenzioni, purtroppo non sono preparati a dovere.

Aletto
25-11-2023, 09:53
Una donna che ha un rapporto difficile col mondo animale in genere o con una specie in particolare trasmette la sua avversione al feto?
O piuttosto è a causa del suo atteggiamento che il neonato tende a sviluppare la stessa avversione?
O più probabilmente sono entrambe le cose.

Mi è venuto in mente di una madre che aveva un'antipatia viscerale per i gatti e la figlia è arrivata ad aver letteralmente terrore del pelo.
E un'altra cugina aveva la stessa fobia per il pelo del gatto, ma non per quello del cane.

Le prime esperienze di un bimbo credo siano il fondamento di ciò che sarà da adulto.
Forse chi maltratta gli animali o comunque gli esseri più deboli e indifesi ha avuto un brutto ingresso nella vita, ha avuto esempi negativi, di violenza, sopraffazione, mancanza di empatia nei suoi primi passi nel mondo o anche prima di nascere?
Però anche se fosse così, non può essere una scusante o un'attenuante per certi comportamenti.
Credo sia necessario distinguere tra fobie e maltrattamenti. Dalle prime si fugge per salvarsi, ai secondi si va incontro per nuocere.
Mia madre aveva il terrore dei grilli e cavallette, terrore trasmesso con efficacia a noi.
Guai se per errore ne entrava uno in casa, e all'epoca ce ne erano tanti.
Finché un giorno vidi mia zia che ne prese in mano uno e ammirandolo disse: guarda com'è bello, adesso mettiamolo su una pianta che qui con noi non sta bene, vuole tornare dalle sue piante. Da quel giorno per me cambiò tutto.
Attraverso il feto penso arrivi il cortisolo, segno di stress della madre che poi può materializzarsi in mille modi nella vita post-natale, compreso sicuramente il maltrattamento.

Aletto
25-11-2023, 09:57
P.S.
Non faccio l'edit perché sarebbe troppo lungo.
Ho sempre pensato che chi non ha un buon rapporto con gli altri animali non ha nemmeno un buon rapporto col sé stesso bambino, ma non sono in grado di sviscerare a dovere questa mia sensazione

Iska
25-11-2023, 22:15
Giusta precisazione la tua su fobia e maltrattamento.
Però a volte la fobia può sfociare in maltrattamento, anche se la motivazione di fondo è solo la paura.
Prendere a sassate il gatto che passa nel giardino dell'ailurofobico oppure uccidere a bastonate un serpente perché se ne ha una paura folle.

Secondo i mei genitori, io ho sempre avuto il terrore dei ragni; ricordo che alle medie se mentre ero in giardino a leggere seduta sul prato un opilione mi si arrampicava su una gamba urlavo terrorizzata che mi sentivano da casa, schizzavo via come un razzo, saltavo, mi scrollavo di dosso il poverino che però non c'era già più e poi dovevo andare a lavarmi le mai.

In seguito ho capito il motivo di questa mia fobia: mia madre aveva molta paura dei ragni e di sicuro fin da piccola chissà quanti discorsi ho sentito da lei.
Per di più mio padre per farmi passare la paura mi inseguiva tenendo un opilione per le lunghe zampette per mettermelo addosso; non è mai riuscito a raggiungermi, ero troppo veloce, però che sistema! Come può un adulto essere così...cretino.
Ho smesso di avere paura dei ragni dopo sposata; mio marito mi faceva notare il lavoro per costruire la sua tela, la delicatezza e l'abilità delle zampine; se ce n'era uno in casa lo metteva fuori delicatamente, così mi sono riconciliata con questi esserini.
Non mi fanno più paura; solo quelli grossi, scuri e pelosi non mi piacciono, mi fanno schifo, come le cimici o le grosse locusta marrone, ma non li temo, però se mi entrano in casa...ciabatta e via!

Aletto
26-11-2023, 08:51
Ho visto persone fobiche pietrificarsi di fronte ad altri animali
Può anche essere, anzi lo è sicuramente, che il maltrattamento derivi dalla scelta del cosiddetto fight or flight: combatti o fuggi.
Il fobico di solito non combatte. Ho visto nel fobico lo sguardo terrorizzato ed immobile.
Sicuramente ci sono molte sfaccettature nel passare dalla condizione di fobia a al maltrattamento, ma appunto sono passaggi di stato da arousal, anzi di iperarousal alla possibilità di reagire. E' implicato tutto il sistema nervoso simpatico e non è bello da vedere.

Sono terrorizzata dai calabroni, qui ce ne sono molti di più rispetto ad una decina di anni fa e a causa del protrarsi del caldo fino ad ottobre e buona parte di novembre sembrano stare molto bene :dead:. La ciabatta con quelli non funziona.
Ricordo con orrore che ne entravano almeno una decina al giorno nel posto di lavoro verso le otto/nove di sera. Un incubo.

Aletto
28-11-2023, 08:32
@ Iska
Hai ragione, dilemma lacerante che, se non sarà troppo OT, sottoporrò a Sonia Campa nel webinar a fine mese….o….sai che ti dico? se non sarà possibile in quel contesto, glielo sottoporrò in privato e non se parla più. In parte già potrei avvicinarmi alla sua risposta per il solo fatto di essermi posta il problema.......

Ho chiesto ieri durante il webinar. Lei ha preso un libro che aveva lì sulla scrivania ed ha risposto: la risposta sta qui. Il titolo del libro è "La società senza dolore", dice ce la postura della società occidentale che è cambiata e nel futuro purtroppo non ci saranno più cani e gatti liberi. In USA venderanno solo gatti di razza, ma anche gatti non di razza come in parte già sta succedendo

Iska
29-11-2023, 12:50
Ci sono i maltrattamenti “amorevoli” come ad es riempirli di baci e carezze indesiderate, metter loro fiocchetti, brillantini e cappellini magari per poi metterli in un calendario o su fb per far sorridere se non addirittura ridere una quantità enorme di persone tramite le condivisioni.
Penso che sia una forma di maltrattamento lesivo della loro dignità. Chissà quanto tempo per fare una foto in-decente di un gatto agghindato solo perché il micio si muove, o perché gli cade il cappellino da babbo natale.
Sgridate e paura per compiacere o far sorridere gli umani per qualche secondo e commentare: quanto sei bello con tanto di cuore accanto...
Ste foto non posso proprio vederle...esattamente come certi video dove gli animali o i bimbi vengono presi in giro e magari si fanno anche male.
Anzi, non capisco cosa spinge a mettere alla mercè di occhi estranei i propri animali o i propri figli.
Per me è un po' come calpestare l'anima di chi non ha voce.

Qui è da una settimana che sono scivolate in terra tre giacche. Se ne sono appropriati, soprattutto Berenice. Morale, stanno ancora qui sul pavimento. Perché privarli di quello che considerano un posto meraviglioso, ancor più del divano?...
Ti capisco.
Ho un sofficissimo e caldissimo plaid che mi piace tantissimo, è il mio preferito e mi ci avvolgo (o avvolgerei) quando sono a letto con lo smartphone.
Se non che è "la copertina marrone di Lara".
Quando l'ho adottata aveva una brutta infezione respiratoria; la sua prima notte in casa l'ha trascorsa avvolta in quel plaid; da allora lo ama alla follia, come lo vede ci si lancia sopra e comincia a fare la pasta; come potrei portarglielo via?

Iska
29-11-2023, 13:24
@ Iska
Ho chiesto ieri durante il webinar. Lei ha preso un libro che aveva lì sulla scrivania ed ha risposto: la risposta sta qui. Il titolo del libro è "La società senza dolore", dice ce la postura della società occidentale che è cambiata e nel futuro purtroppo non ci saranno più cani e gatti liberi. In USA venderanno solo gatti di razza, ma anche gatti non di razza come in parte già sta succedendo
E' terribile.
In Europa mi sembra che il Belgio abbia in programma di sterilizzare tutti i gatti della nazione entro il 2026.
Viviamo in una società in cui non sopportiamo più il dolore, né quello fisico, né quello psichico, neppure in dosi infinitesimali.
E quindi non c'è posto per i dilemmi.
La coscienza tra poco diventerà un inutile optional o forse lo è già...

Ma che razza di vita futura sarà per la civiltà occidentale?
Una non vita, senza scossoni, senza crisi di coscienza, con l'unico obiettivo di essere felici e di tirare a campare, liberi da qualsiasi turbamento o dolore, il più a lungo possibile, in poche parole un vegetare, nel senso peggiore del termine, perché anche i vegetali farebbero una vita migliore di noi.

Ho l'impressione che da anni abbiamo imboccato questa strada.
Temo che nonostante io sia abbastanza in là con gli anni potrei vedere pienamente realizzato un simile futuro, che è già abbastanza triste com'è adesso.

Aletto
29-11-2023, 16:42
E' terribile.
In Europa mi sembra che il Belgio abbia in programma di sterilizzare tutti i gatti della nazione entro il 2026.
Viviamo in una società in cui non sopportiamo più il dolore, né quello fisico, né quello psichico, neppure in dosi infinitesimali.
E quindi non c'è posto per i dilemmi.
La coscienza tra poco diventerà un inutile optional o forse lo è già...

Ma che razza di vita futura sarà per la civiltà occidentale?
Una non vita, senza scossoni, senza crisi di coscienza, con l'unico obiettivo di essere felici e di tirare a campare, liberi da qualsiasi turbamento o dolore, il più a lungo possibile, in poche parole un vegetare, nel senso peggiore del termine, perché anche i vegetali farebbero una vita migliore di noi.

Ho l'impressione che da anni abbiamo imboccato questa strada.
Temo che nonostante io sia abbastanza in là con gli anni potrei vedere pienamente realizzato un simile futuro, che è già abbastanza triste com'è adesso.
Però sopportiamo atrocità di tutti i tipi.
La coscienza fa capolino quando vogliamo.
È una questione di antropocentismo più che mai esteso, anche quando presumiamo di fare del bene, sotto sotto lo facciamo per noi.
Il proseguimento e le interazioni degli altri partecipanti al webinar al mio OT ci ha portato lontano. È finito tardissimo.
Leggerò quel libro.

Numeri alla mano, in USA: su 3,4 milioni di ingressi in gattile, il 41% è sottoposto a eutanasia (non ho la fonte). Vorremmo essere una società senza dolore, ma abbiamo un bel pelo sullo stomaco

Iska
30-11-2023, 22:59
Quando si arriva a sopportare significa che se non altro qualche domanda ce la si è posta, che esiste ancora almeno un barlume di coscienza, di etica.
Che poi tirate le somme si faccia finta che il problema non esiste, perché quel che succede è inevitabilmente giusto o meglio, giustamente inevitabile...è il tipico modo di anestetizzare e anestetizzarsi la coscienza di noi "occidentalmente buoni e giusti".
E così giustifichiamo e accettiamo le peggiori atrocità, stracciandoci le vesti a parole, ma con l'occhio che brilla al pensiero del nostro tornaconto.

Se guardo le specie animali che popolano la Terra non posso non notare quanto la nostra sia profondamente diversa da ogni altra, quanto sia innegabilmente disarmonica e addirittura ostile verso il pianeta che ci ospita e verso i suoi legittimi abitanti.
Temo irrimediabilmente.

Anch'io ho intenzione di acquistare quel libro.