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styd
15-01-2008, 10:45
Chi ha apprezzato la precedente, magari troverà carina anche questa, anche se decisamente più leggera e breve.
Un saluto

Styd

Il principe della sfera incantata

C’era una volta un piccolo castello circondato da boschi e montagne. Vi abitavano il re e la sua adorata figlia.
Il re, ormai anziano, desiderava che la figlia trovasse marito e le aveva presentato, nel corso degli anni, tutti i giovani nobili di quelle terre, affinché la ragazza scegliesse il suo principe.
Solo una volta la principessa aveva incontrato un cavaliere bello ed affascinante, ma il suo sogno d’amore si era presto infranto, quando lui, infatuatosi di una sirena durante un viaggio per mari lontani, aveva deciso di non fare più ritorno.
Da quel giorno la principessa non aveva più considerato i numerosi pretendenti, e li riceveva solo per accontentare il padre, senza degnarli di uno sguardo. Li trovava cerimoniosi, noiosi ed insipidi.
La principessa trascorreva le giornate con semplicità e serenità. Si era circondata di tenere creature baffute, che la allietavano con il loro amore e la loro compagnia. Preferiva una vita solitaria piuttosto che un legame insulso quanto i suoi pretendenti mostravano di essere. In cuor suo non aveva mai smesso di sognare che un principe dall’animo gentile si presentasse al castello a chiedere la sua mano, ma in mancanza viveva con passione la sua esistenza ricca ed indipendente.
Il re non poteva comprendere la scelta della figlia e temeva per la sua salute. Decise perciò di trovare qualcosa che l’allietasse. Convocò i maghi buoni che vivevano nel suo regno e, dopo lunghe discussioni, accettò la proposta del più saggio, che aveva portato con sé un oggetto magico.
Si presentò dalla figlia e le disse: “Figlia adorata, io non sopporto di vederti in solitudine. Divento vecchio e voglio che tu abbia qualcuno con te con cui parlare e scherzare, perché temo di veder sfiorire il tuo spirito così allegro, che tanto mi riempie di gioia”. La principessa rispose: “Padre, non dovete preoccuparvi per me. Io sono felice con i miei gatti. Sono tutta la compagnia di cui ho bisogno. E poi ho tante amiche al villaggio. Non mi sento sola”. “Ciance, figlia mia!” rispose burbero il re. Ma poi si calmo e proseguì: “Voglio che ci sia qualcuno a tenerti compagnia qui al castello. E poiché non hai trovato nessuno che sappia interessarti, ho chiesto al mago reale di aiutarmi. Prendi questa sfera fatata. E’ il mio dono.” Con queste parole consegnò alla figlia una sfera di cristallo tanto grande da riempire due mani. Il re aggiunse: “Ogni volta che vorrai animare la sfera dovrai pronunciare questa formula magica: sfera fatata, luce argentata, crea un’apertura, verso il mondo in miniatura”.
Non appena la principessa ripeté la formula, la sfera si illuminò ed apparve un castello in miniatura, con una figura minuscola che scendeva a cavallo verso la pianura circostante. La principessa picchiettò con il dito sul cristallo e il piccolo cavaliere si fermò di colpo e disse: “Buongiorno principessa. Il buon mago di corte mi ha parlato di voi. Io sono il principe di questo regno incantato. Al vostro servizio”. La principessa era incuriosita e sorridendo gli chiese: “principe, come vi chiamate?” E lui rispose: “Etereo, vostra maestà. E sono qui per servirvi.”
La principessa all’inizio considerò poco più di un gioco la sfera di cristallo con il suo minuscolo mondo, ma ripeteva spesso e volentieri la formula magica, come se fosse un’allegra filastrocca: “Sfera fatata, luce argentata, crea un’apertura, verso il mondo in miniatura” e così facendo ogni volta poteva affacciarsi dal suo speciale balcone sul regno incantato. Giorno dopo giorno, interrogando il principe ed ascoltando le sue risposte comprese che l’animo di Etereo era ben più grande di quanto le dimensioni del suo regno lasciassero intuire. Il principe non poteva vederla, racchiuso com’era nella sfera. Per lui rivolgersi alla principessa era come parlare all’orizzonte luminoso, durante il giorno, o al cielo stellato, di notte. Ma era lieto che la gentile fanciulla fosse entrata, seppure in modo strano, nella sua vita. Era un’amica che mai finiva di stupirlo per arguzia, saggezza e per l’amore che nutriva per la vita ed il mondo intorno a lei. A volte, sentendo traboccare il suo entusiasmo le diceva: “Senza la vostra compagnia, principessa, la vita nel regno incantato sarebbe insipida come una pietanza senza condimento. Vi ringrazio di regalarmi il sale delle mie giornate”.
L’amicizia fra i due principi cresceva di giorno in giorno e la principessa intonava ormai ogni mattina la solita filastrocca: “sfera fatata, luce argentata, crea un’apertura, verso il mondo in miniatura” e la sfera si animava ogni volta, mostrando sempre le novità del minuscolo regno. Così facendo la principessa incominciò, senza rendersene conto, ad innamorarsi del giovane amico, trovando in lui tante delle qualità che aveva cercato invano nei pretendenti in carne ed ossa. Era sensibile ed onesto, amava la natura e gli animali, sapeva sorprenderla con un pensiero gentile o con un racconto magico. Non si stancava mai di parlare con lui, anche se questo le causava incomprensioni a palazzo.
Il re infatti si era pentito del suo regalo. Pensava di aver donato un innocente diversivo alla principessa, che ora invece passava intere giornate rivolgendo domande al principe ed ascoltando le risposte che dalla sfera provenivano. Un giorno disse al suo ciambellano:” La vita di mia figlia è diventata ancora più strana e triste. Le serve assolutamente un marito e lo cercheremo anche fuori dalla nobiltà del regno”. Poi ordinò: “Che anche i taglialegna ed i cacciatori della valle siano ammessi ad incontrare la principessa. Pur se non colti e raffinati, almeno sono uomini in carne ed ossa e non creature fatate come quel principe Etereo”.
Così ebbe inizio il quotidiano pellegrinaggio di giovani provenienti dai vicini villaggi, speranzosi di impressionare la principessa con tatuaggi e cicatrici, che mostravano a dimostrazione del proprio vigore.
La principessa non era affascinata da questi uomini, così rozzi e lontani dalla propria sensibilità ma, trovando divertente l’argomento, iniziò a raccontare al principe Etereo i particolari delle loro visite. Ne descriveva l’aspetto, ne derideva le trovate bizzarre per fare buona impressione su di lei e concludeva dicendo: “Con loro non passerei nemmeno l’ora del te, figuriamoci una vita intera!”
A sentire questi racconti Etereo incominciò ad intristirsi, perché a loro, tanto volgari ed ignoranti, era concesso ciò che a lui era negato: incontrare la principessa. Più volte le aveva chiesto di aiutarlo: “Principessa, fate rotolare la sfera giù dalla sua base. Basta una piccola spinta. La sfera si infrangerà cadendo, ed io sarò libero di incontrarvi”. Ma lei gli rispondeva ostinata: “Ma voi già mi conoscete, principe Etereo. Conoscete la parte migliore di me. Non potrei mai parlarvi con la confidenza che ci lega, se vi incontrassi nelle stanze del castello. E poi non voglio perdere la vostra compagnia, che mi è cara e preziosa. Saremo per sempre inseparabili.”
Etereo comprendeva che la principessa non agiva per egoismo. Lei aveva osservato a lungo la vita all’interno della sfera e sapeva che il castello ed i suoi abitanti gioivano della presenza del principe, della sua forza, della sua vitalità. Più volte gli aveva detto: “Non voglio distruggere il regno incantato facendovi di uscire dalla sfera. E poi non sappiamo cosa vi succederebbe una volta fuori”. Era sinceramente preoccupata e quindi, pur desiderando in cuor suo che il principe fosse un uomo della vita reale, mai si decideva ad esaudire la sua richiesta.
I giorni e le settimane passavano ed Etereo non riusciva ad ottenere dalla principessa la propria libertà. Lei aveva deciso che non si poteva correre il rischio di spezzare il delicato equilibrio della sfera e delle loro vite, che ormai attorno ad essa ruotavano. La principessa non osava ammettere che avrebbe voluto incontrarlo e rinviava all’infinito nel suo cuore questo momento.
Fu infine Etereo a prendere la decisione. Si recò nella caverna vicino al castello, dove abitava la maga di corte e le disse: “maga, ho bisogno di un fuoco. Qualcosa che faccia una luce intensa ed abbagliante”. La maga gli rispose: “Maestà, che richiesta è mai questa? Sapete bene che nel regno incantato i fuochi sono vietati. Lo stabilisce la legge dei vostri antenati. Non possiamo ignorarla, per il bene del regno”. Il principe non si scompose e insistette: “Donna, non sono qui per parlare di leggi e di dovere. Per questo ho già i miei consiglieri. Ti chiedo di aiutarmi a trovare qualcosa che possa fare una luce vivida, diversa dal fioco bagliore della sfera. E lo desidero più di ogni altra cosa. Aiutami!”. Vedendo per la prima volta il principe così affranto la maga decise di aiutarlo e così parlò: “Principe Etereo, io vi conosco da quando eravate bambino e capisco la pena che vi divora. C’è solo una cosa che nel regno fatato possa emettere la luce che mi chiedete, ed è la pergamena della vita. Su di essa è annotato ogni singolo giorno della vostra esistenza, ogni ricordo. Senza di essa la vostra vita nella sfera non sarà più la stessa”. E parlando estrasse da un armadio polveroso un involucro d’argento finemente inciso e glielo consegnò. Poi prese una piccola sacca di cuoio rosso e nel dargli questa gli disse:“Contiene due pietre focaie, maestà. Usatele con saggezza”:
Il principe, con gli occhi accesi, lasciò al galoppo l’antro della maga e si recò di gran carriera al castello. Salito sulla torre più alta attese l’ora propizia. Quando fu notte e poté immaginare la principessa addormentata recitò la formula magica, che con un trucco si era fatto confidare: “sfera fatata, luce argentata, crea un’apertura, verso il mondo in miniatura”. Pronunciate queste parole la sfera si illuminò debolmente, e il suo interno divenne visibile nel mondo della principessa. A questo punto Etereo liberò la pergamena della vita dalla custodia ed estrasse le pietre focaie. Le strofinò fra loro e, con la scintilla che ne scaturì, diede fuoco alla pergamena, che iniziò a rilucere di un bagliore di stella. Il principe agitò più volte sopra la sua testa la torcia incandescente sperando in cuor suo che lo stratagemma funzionasse. In quel momento stava bruciando ogni legame con la vita al castello e sapeva che non sarebbe più potuto scendere da quella torre, se il suo piano fosse fallito. Aveva il cuore in gola, ma la sua attesa fu breve. Presto sentì dei passi felpati all’esterno della sfera. Birù, il vivace cucciolo della principessa, aveva visto un oggetto luminoso muoversi dentro la sfera, di solito appena illuminata, e si era avvicinato per cercare di afferrarlo. Dopo due timide zampate, il gatto saltò sul bagliore e, col suo slancio, scalzò la sfera dalla base a cui era ancorata e la fece rotolare in terra, mandandola in mille pezzi. Il suono del cristallo che si infrangeva fu come il tintinnio di mille campanellini. La sfera si dissolse in una nube di vapore argenteo. La principessa, abituata alle corse pazze di Birù ed ai suoi pasticci, l’aveva chiamato a sé, risvegliata dall’insolito rumore ma ancora avvolta dalle nebbie del sonno. Sentì qualcosa avvicinarsi lentamente e sfiorarle il viso, ma invece del musino appuntito del suo amato gatto le sue labbra incontrarono quelle di Etereo che la baciò, dissolvendo in un momento il suo torpore e tutti i suoi dubbi. La principessa, piena di felicità, poté finalmente presentare al re un pretendente di suo gradimento e lo sposò con soddisfazione di tutto il reame. E tutti vissero felici e contenti.

Ele
15-01-2008, 11:02
Una bellissima fiaba!

mirella75
15-01-2008, 22:09
molto bella veramente.:)

donadona
17-01-2008, 21:12
e' veramente una bella fiaba!!!