Micimiao Forum di discussione per tutti i gattofili

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-   -   Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo (https://www.micimiao.net/forum/showthread.php?t=121793)

Aletto 12-02-2017 14:42

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Pausa pranzo :)

@ Serenaf
Il pensiero cartesiano è superato ma scorre ancora comodamente nelle nostre vene, un es estremo e per me terrificante: la vendita degli animali da macello al kg mentre sono ancora vivi
penso che l'atteggiamento iperprotettivo abbia una componenete fortemente egoistica seppure esercitato a fin di bene perché l'individuo non cresce, non diventa soggetto e protagonista della propria vita. Correre rischi 0 in tal senso (giardino recintato ecc)o rischi maggiori è uno delle poche forme di altruismo puro, l'ho sperimentato con mia figlia fin da piccola facendole fare il nodo alle scarpe da sola (ed io lì che aspettavo :disapprove:) fino a farla viaggiare fin da giovanissima da sola perdendo io 10 anni di vita ogni volta.
Tutti vogliamo controllare e sapere dov'è la persona o l'animale con cui abbiamo un legame e quando eravamo in vacanza era un continuo dov'è il cane dov'è il gatto dove sono tizio e caio e quando tornano. Mi sembra normale, costrittivo ed egoistico impedirlo

@ Ritpetit
Guarda che a loro i loro doveri non bisogna ricordarli o imporli perché già fanno quello che devono da soli: l'ape la farfalla impollinano, le piante le attirano, alcuni animali sono "spazzini", altri controllano l'iperproliferazione di una specie a scapito di un'altra favorendo il normale equilibrio tra flora e fauna di cui si nutrono. Loro tutelano l'ecosistema assai meglio di noi.
E non c'è bisogno di preparazione per partecipare al thread perché per quel che mi riguarda non c'è livello, c'è solo rspetto ed amore per i nostri amimali.
Spero che l'aver scritto che io non intendevo buttare i gatti per strada sia stata una battuta. Farlo significherebbe non avere neppure la percezione dell'importanza che ha il territorio ha per loro, altrettanto vale, per me, la situazione opposta e per questo a suo tempo non presi con me mamma gatta ed i suoi figli scegliendo di farli vivere liberi nel giardino condominiale

@ Franziska
Anche io mi sento colpevole di non poter offrire altro ai miei gatti e non pretendo di convincermi che stiano bene.
Molte istituzioni sono antropocentriche, forse soprattutto le tre grandi religioni monoteiste. ma questo argomento non si può sviscerare.
Che siano più da casa o da giardino poco importa, l'importante è che abbiano possibilità di scelta. Dare una scelta è diverso che costringere a star fuori o dentro.
Se vivessi in bosco preferirei che attorno non ci fossero grandi predatori, anche se gli orsi sono frugivori, solo talvolta carnivori (che io sappia), ed io avrei la stessa possibilità dei gatti di essere uccisa, anzi ne avrei di più perché i gatti non sono così scemi ed incapaci come crediamo e se ne starebbero alla larga non come fece l'uomano che si avvicinò all'orsa Daniza che aveva i suoi piccoli, decretandone così la morte da parte delle istituzioni :disapprove:

Una bella pausa pranzo, grazie :)

SerenaF 12-02-2017 17:21

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
@ Franziska: la filosofia secondo me è democratica, forse non lo sono i filosofi o quelli che l'hanno studiata, quindi vi porgo le mie scuse: ho scritto in maniera troppo tecnica, ma al di fuori del gergo tecnico filosofico, non saprei come spiegare i concetti che ho cercato di esporre. Forse l'unico modo è riprendere il riferimento a Solaris perché molto spesso i romanzi e le opere letterarie costituiscono un'eccellente vulgata della filosofia. Devo ammettere che io stessa ho trovato questo romanzo di non facile lettura perché l'autore condensa molti temi e molti livelli interpretativi, intrecciandoli e sovrapponendoli, per cui alla fine ho deciso di concentrarmi su uno solo di questi temi- che magari non è neppure quello centrale o quello che premeva di più a Lem- perché più affine alla formazione che ho ricevuto. In estrema sintesi, ci sono questi scienziati su una navicella che orbita attorno al pianeta Solaris e al suo unico immenso abitante, l'oceano. Questo oceano è, secondo alcuni, un essere molto evoluto e intelligente (un'intelligenza aliena, appunto) con cui varie missioni cercano invano di stabilire una comunicazione (non si capisce se anche l'oceano cerchi di fare altrettanto, a che cosa mirino e cosa significhino le formazioni che ogni tanto emergono dalla sua superficie, ma soprattutto i "fantasmi" che crea- il protagonista ad un certo punto si ritrova davanti una copia identica della sua ex moglie morta suicida una decina di anni prima e non è l'unico dell'equipaggio, tanto che gli altri membri soffrono ciascuno della sua personale allucinazione e sono tutti chi più chi meno sull'orlo della follia). Il problema però non è tanto la salute mentale dell'equipaggio della stazione, ma il fatto che non solo questo contatto tardi ad arrivare o si manifesti in maniera ambigua, ma l'oceano rimanga dopo un secolo e più di ricerche molto assidue un mistero indecifrabile. In realtà l'indecifrabilità dell'oceano fa tutt'uno con la sua alterità, la sua "alienità" perché, proprio a causa di questa, sfugge a tutte le categorizzazioni con cui gli scienziati tentano di chiarirne il mistero: "volontà", "intenzione", "coscienza", "intelligenza" hanno poco senso riferiti all'oceano, perché sono categorie plasmate sull'uomo, insomma antropocentriche (l'uomo, in quanto soggetto conoscente, è il punto a partire da cui si irradiano questi concetti che hanno un senso compiuto solo se riferiti alla sua realtà e divengono via via sempre più imperfetti a mano a mano che la forma vivente da descrivere si allontana da quella umana). Ora è chiaro che cani, gatti, cavalli. uccelli, ecc... non sono così alieni come Solaris, ma il punto è che, proprio come gli scienziati del libro, secondo me noi non possiamo spogliarci del nostro apparato categoriale antropocentrico, perché è l'unico arsenale conoscitivo di cui disponiamo, anche se ad esempio per comprendere l'oceano non ci serve e difatti lui resta inconoscibile e insondabile. Insomma ci troviamo di fronte ad un paradosso e ad un cortocircuito gnoseologico (=conoscitivo): le uniche categorie di cui disponiamo sono quelle antropocentriche, ma queste non ci permettono di comprendere Solaris perché la sua è un'intelligenza totalmente altra rispetto a quella umana e quindi risulta irriducibile rispetto a queste categorie. D'altro canto, fuori di quelle categorie non c'è una visione migliore, più esatta, più corretta o addirittura la verità (tipo quella che Schopenhauer immaginava dietro il velo di Maya), c'è il buio, l'inafferrabile com'è appunto Solaris che cade permanentemente fuori del cono di luce. Insomma, per cercare di tornare almeno un po' a bomba, a mio parere si può cercare di pensare e di filosofare in direzione di un superamento dell'antropocentrismo, ma questo resta sempre di là da venire (un po'- oggi sono per le metafore spaziali- come un'astronave che cercasse di sfuggire ad un buco nero: ben che le vada, può sperare di continuare a spostarsi in direzione dell'orizzonte degli eventi, avvicinandosi sempre più a questo, ma non può sperare di evaderne totalmente).
Poi, ho fatto alcune considerazioni sull'alterità, sempre richiamandomi a Heidegger e a Levinas (soprattutto a quest'ultimo, perché è vero che Heidegger parla ad un certo punto di Essere e Tempo di con-esserci e del prendersi cura, ma a lui la dimensione intersoggettiva fondamentalmente non interessa- così come non gli interessa l'analisi dell'esistenza in quanto modo di essere dell'Esserci che in pratica sarebbe l'essere umano, se non in quanto questa analisi è propedeutica alla ricerca sul senso dell'essere-, mentre per Levinas la nozione di alterità è fondamentale e costitutiva, è veramente il perno di tutta la sua riflessione filosofica). Per farla breve, secondo me l'essere-con-gli-altri presuppone preliminarmente la definizione dell'alterità rispetto ad un termine di paragone che in genere è la soggettività solipsistica, autocentrata (= l'altro dell'altro sono io, l'altro è definito come tale in rapporto a me. E di nuovo, se vogliamo, ci ritroviamo di fronte all'impossibilità di uscire da noi stessi, per lo meno finché rimaniamo su un piano teroretico/conoscitivo. Anche il mettersi nei panni dell'altro presuppone che io sia qualcosa o qualcuno di diverso dall'altro).
Va beh, scusate volevo cercare di spiegarmi in maniera più chiara, ma non ce la faccio: qualcuno più in gamba di me probabilmente sarebbe capace di tradurre il lessico filosofico in espressioni più comprensibili a chi non fa colazione tutte le mattine a pane, marmellata e Kant. Per inciso, manco io la faccio ;) ).

@ Aletto: secondo me nel caso delle fiere degli animali da carne, non c'è bisogno di scomodare Cartesio, credo che i contadini e gli allevatori di buoi, conigli, galline, ecc... destinati alla tavola facciano esattamente come facevano i loro antenati nel Medioevo (o il Renzo di Manzoni che andava concitato dall'Azzeccagarbugli, sbattacchiando di qua e di là quei poveri 4 capponi che chissà come saranno arrivati nella cucina del leguleio, più morti che vivi immagino). A livello di scienze, credo che permanga in una certa parte della ricerca biomedica e psichiatrica (quella che appunto fa uso della sperimentazione animale, sostenendo che non c'è alternativa- e qui apriremmo senz'altro un altro capitolo immenso, anche se non credo che Cartesio, qualora fosse stato conseguente fino in fondo con il suo impianto metafisico, avrebbe approvato gli esperimenti sugli animali per ricercare ad es. le cause della schizofrenia, dal momento che questa dovrebbe riguardare la res cogitans di cui gli animali sono privi secondo lui). Ma, al di là di queste "sacche di resistenza", credo che a livello filosofico e della bioetica più recente (vedi Tom Regan, Peter Singer...), l'impianto cartesiano sia superato già da un pezzo, anche per via di alcuni suoi esiti aporetici (la comunicazione delle sostanze nell'uomo, per dirne una che già lasciava perplessi i contemporanei dello stesso Cartesio).

Un'ultima cosa (ma quanto scrivo?!): al di là del fatto che "il figlio cresce e matura, il gatto fino ad un certo punto" per i nostri standard, lasciar correre dei rischi in autonomia è sicuramente un modo per aiutare a crescere, per far sì che la personalità umana o felina raggiunga il suo pieno sviluppo. Ma molto dipende anche dall'entità del rischio: se è un rischio piccolo (gatto che si arrampica su un albero di massimo 2/3 metri di altezza o che va a cacciare in un boschetto), va beh, ma se è un rischio grosso (gatto che passeggia sul cornicione di un balcone all'ottavo piano o lungo la tangenziale), la posta in gioco è troppo alta: a quel punto preferisco un essere un po' meno maturo, ma vivo.

Volevo aggiungere ancora qualcosa sulle coccole e la tendenza epimeletica, ma credo che mi stiate mandando già abbastanza accidenti a leggere 'sto sproloquio assurdo. Me lo riservo per la prossima volta. :)

Franziska 12-02-2017 18:03

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Aletto, l'esempio degli orsi non era calzante e ci ho ripensato dopo averlo scritto, ma te mannaggia, non fai passare nulla :D :p
SerenaF: mi sono collegata al volo quindi non ti ho ancora letta, ma volevo dirti che la mia non era un'accusa al tuo parlare in gergo tecnico, eh. Anzi, è normale avere poi difficoltà ad esprimere i concetti in modo diverso

Aletto 12-02-2017 20:29

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da SerenaF (Messaggio 2093472)
....@ Aletto: secondo me nel caso delle fiere degli animali da carne, non c'è bisogno di scomodare Cartesio, credo che i contadini e gli allevatori di buoi, conigli, galline, ecc... destinati alla tavola facciano esattamente come facevano i loro antenati nel Medioevo (o il Renzo di Manzoni che andava concitato dall'Azzeccagarbugli, sbattacchiando di qua e di là quei poveri 4 capponi che chissà come saranno arrivati nella cucina del leguleio, più morti che vivi immagino). A livello di scienze, credo che permanga in una certa parte della ricerca biomedica e psichiatrica (quella che appunto fa uso della sperimentazione animale, sostenendo che non c'è alternativa- e qui apriremmo senz'altro un altro capitolo immenso, anche se non credo che Cartesio, qualora fosse stato conseguente fino in fondo con il suo impianto metafisico, avrebbe approvato gli esperimenti sugli animali per ricercare ad es. le cause della schizofrenia, dal momento che questa dovrebbe riguardare la res cogitans di cui gli animali sono privi secondo lui). Ma, al di là di queste "sacche di resistenza", credo che a livello filosofico e della bioetica più recente (vedi Tom Regan, Peter Singer...), l'impianto cartesiano sia superato già da un pezzo, anche per via di alcuni suoi esiti aporetici (la comunicazione delle sostanze nell'uomo, per dirne una che già lasciava perplessi i contemporanei dello stesso Cartesio).

Però non è un buon motivo per continuare a farlo ;)
Però non saprei spiegarmi perché nell'ambito di conferenze dove la filosofia si occupa di animali venga sempre citato Cartesio e meno gli altri, e noi qui stiamo parlando di animali. Come non saprei spiegarmi perché sia stato scritto il libro "l'errore di Cartesio" (A. Damasio) che prende in esame una serie di errori importanti. Forse ce l'hanno con lui, o forse hanno ragione ad avercela con lui, chissà. E' chiaro che è superato, come è altrettanto chiaro che abbia asfaltato la strada al pensiero antropocentrico che l'uomo ha già in pectore


Quote:

Originariamente inviato da SerenaF (Messaggio 2093472)
.............all'ottavo piano o lungo la tangenziale), la posta in gioco è troppo alta: a quel punto preferisco un essere un po' meno maturo, ma vivo.

Beh, questo è talmente ovvio
Solo che qui non deve morire nessun gatto per incuria.
E chiunque può morire anzitempo, ma speriamo di no. Pochi giorni fa è morto un mio conoscente investito da un taxi, era padre da due giorni. Terribile.

Aletto 12-02-2017 20:31

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da Franziska (Messaggio 2093477)
Aletto, l'esempio degli orsi non era calzante e ci ho ripensato dopo averlo scritto, ma te mannaggia, non fai passare nulla :D :p.......

E' comunque un bestione che incute molto timore dai, io scapperei a gambe levate

Franziska 12-02-2017 20:43

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da Aletto (Messaggio 2093488)
E' comunque un bestione che incute molto timore dai, io scapperei a gambe levate

Ah, anche io su quello non c'è dubbio :253:

Quote:

Originariamente inviato da SerenaF
Volevo aggiungere ancora qualcosa sulle coccole e la tendenza epimeletica,

Mi farebbe molto piacere :)

Aletto 12-02-2017 20:43

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
P.S. il postumanesimo, sapere qualcosa in proposito sarebbe utile, basta digitarlo in rete tanto per avere un'idea, mica dobbiamo studiare ;)

Ora sarebbe meglio parlare dei nostri mici :), è un forum dedicato a loro :)

mr_ders 12-02-2017 20:54

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Beati monoculi in terra caecorum.

Aletto 13-02-2017 08:39

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da Franziska (Messaggio 2093456)
......Cioè, il fatto stesso che ci piacerebbe far uscire i nostri gatti in un ambiente, però sicuro, e il fatto che l'ambiente di per sé non è sicuro, non ci pone già in una visione antropocentrica? Nel senso che il gatto non cerca di proteggere gli altri gatti da tutti i pericoli, anche mamma gatta ad un certo punto, dopo aver insegnato loro quello che può, dice ai suoi micini "andate con Dio"

Dunque, posto che nessun ambiente è privo di potenziali pericoli e neppure la casa stessa, ad es a Berenice piace mangiare sotto una mensola che io apro spesso perché mentre lei mangia preparo da mangiare anche per me e le potrebbe cadere qualcosa addosso in un momento in cui lei, mangiando, ha abbassato lo stato di allerta bla bla e bla bla, penso che non si tratti di antropocentrismo ma di empatia. La protezione dei nostri cari è tipica della nostra specie e viene esasperata dalle fobie, dalle ansie generalizzate, da tutte quelle sovrastrutture che ci portiamo dietro per carattere, insegnamenti familiari, dal fatto che i nostri figli devono essere seguiti per molti anni perché la nostra corteccia frontale finisce di svilupparsi attorno ai 20/22 anni mentre quella dei gatti finisce di svilupparsi attorno ai due anni. Il che non significa che i gatti o altri animali abbiano una corteccia meno sviluppata in senso assoluto, ma che ogni specie diventa individuo adulto ed adatto e pronto a vivere nel suo mondo in tempi diversi. La mamma gatta insegna tutto quel che c'è da insegnare ai suoi piccoli nel periodo in cui loro hanno più bisogno e sono più recettivi, questo li rende pronti a vivere da gatti cominciando a sfruttare e coniugare l'innato con l'appreso ognuno secondo il suo essere soggetto. Se ci pensi anche a noi ad un certo punto, in un certo senso è stato detto "vai con Dio", e alcuni di noi questo "vai-con-dio" se lo sono conquistato a fatica se i genitori sono stati iperprotettivi

SerenaF 13-02-2017 11:42

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da Aletto (Messaggio 2093490)
P.S. il postumanesimo, sapere qualcosa in proposito sarebbe utile, basta digitarlo in rete tanto per avere un'idea, mica dobbiamo studiare ;)

Perché non provi a darne una breve presentazione tu, a beneficio di quelli che magari leggono il forum nei ritagli di tempo e non hanno la possibilità o il tempo di fare ricerche in rete? Oltre al fatto di poter adeguare facilmente la lunghezza e il livello della presentazione a quello delle conoscenze degli utenti del forum (che personalmente giudico molto buono, anche se non si può presupporre in ognuno un bagaglio tecnico, altrimenti saremmo su un forum di filosofia e non di gatti), potresti focalizzarti sugli aspetti più utili al discorso che stai portando avanti e sul modo in cui secondo te andrebbero recepiti. Demandare l'incarico ai tuoi lettori potrebbe essere decisamente più dispersivo e fuorviante, dato che non tutti prestiamo attenzioni agli stessi argomenti e non tutti ne traiamo le stesse identiche conclusioni.
Ti aiuterei volentieri, ma dopo i post dei giorni scorsi, mi sono accorta che tendo a scivolare facilmente in un gergo troppo specialistico e noioso.

Per il resto due brevissime (seee, credeteci!) note:
1) come già dicevo, al di là di tutte le osservazioni sull'etologia, la neurologia, ecc... del gatto in comparazione con quella umana, si tratta anche di valutare su una scala, che non può che essere individuale, l'entità del rischio a cui sarebbe potenzialmente esposto il nostro micio, se le cose andassero storte. Se mi metto a spignattare mentre lui mangia sul bancone di cucina (a Edhel per esempio piace far così) o su una mensola, alla peggio gli cade un barattolo addosso oppure mi scivola una padella di mano e lo spavento, quindi è vero che il rischio 0 non c'è mai, ma qui siamo in presenza di un pericolo che potremmo presupporre abbastanza moderato. Però, se mettessi una pentola sul fuoco, lasceresti che Berenice si avvicinasse senza sorvegliarla? Se la vedessi rosicchiare dei cavi elettrici, la lasceresti fare? O metteresti da parte tutte le considerazioni su quando e come si sviluppa pienamente la corteccia prefrontale nei gatti e interverresti? Anche questo però sarebbe un atteggiamento abbastanza "paternalistico" che tende in qualche maniera a riproporre la superiorità dell'uomo in quanto custode della vita dell'animale che quindi si sente autorizzato a consentirgli certe esperienze di vita e a precludergliene altre.
2) passiamo ad un tema più ameno: le "coccole". Abbiamo ricondotto l'impluso ad accarezzare e spupazzarci i nostri micioli ad una tendenza epimeletica e in effetti in alcuni casi, questo appare abbastanza innegabile (ad esempio, ho un'amica che ogni tanto acchiappa la sua gatta e le fa a forza due coccole, lamentandosi che lei non è come le mie; probabilmente lo sarebbe, se non pretendesse da lei dimostrazioni d'affetto che quella micia non si sente di dare, magari in quel momento). Però ci sono anche dei gatti- oserei dire la maggiorparte di quelli di casa- che, magari a modo loro e con i loro tempi, dimostrano di gradire e ricercare il contatto con l'uomo. L'altro giorno, mentre sfogliavo uno dei saggi introduttivi sulla filosofia di Levinas che avevo usato per la tesi, mi sono imbattuta in un'espressione che lui usa in riferimento alla relazione erotico-amorosa (la conoscevo, ma con il tempo mi era un po' passata di mente) e cioé "egoismo a due"; di fatto, lasciando perdere il contesto in cui è stata elaborata che non ha nulla a che vedere con il rapporto uomo/animale, non si può pensare il momento delle coccole come l'incontro tra due egoismi, la mia pulsione epimeletica e un impulso convergente del gatto, anziché ancora una volta come la prevalenza e la sovrapposizione di un desiderio umano sulla soggettività felina e a scapito di questa?

Ultimissima cosa, lo giuro:

Quote:

Originariamente inviato da Aletto
Però non saprei spiegarmi perché nell'ambito di conferenze dove la filosofia si occupa di animali venga sempre citato Cartesio e meno gli altri

Viene citato perché è il capostipite di un certo modo di intendere gli animali, come privi di libertà e soggiacenti al mero determinismo; il fatto che si citi Cartesio, se da un lato è scontato e condivisibile, dall'altro rischia di essere fuorviante, a mio avviso per diversi motivi:
1) Cartesio sembra all'origine di un certo modo di pensare che giustifica la supremazia dell'uomo sull'animale; di fatto si tratta di un pensiero che in ambito extra-filosofico e più precisamente religioso, è ben più antico, risalendo ad un certo Cristianesimo molto antiquato e tradizionalista che per fortuna oggi trova sempre meno consenso. La negazione della res cogitans agli animali non è che la versione laica e filosofica della negazione che possano avere un'anima, non perché la res cogitans sia l'anima secondo Cartesio, ma perché in entrambi i casi si scava un solco ontologico tra l'essere umano e gli altri animali.
Solo che immagino che attaccare Cartesio suoni molto più politically correct che non attaccare il cristianesimo o una certa sua interpretazione.
2) dà l'impressione che il modello cartesiano permanga immutato e inscalfibile fino ai nostri giorni, quando la sua erosione avviene in tempi molto vicini a lui, da un lato, riconoscendo all'animale aspetti razionali o spirituali che per Cartesio erano appannaggio esclusivo della res cogitans e quindi dell'uomo, in quanto unico essere che ne è provvisto (e questa è una tendenza che si ritrova soprattutto nell'Illuminismo tedesco: ho già detto dell'analogon rationis, ma si potrebbe far riferimento anche alla monadologia di Leibniz. In entrambi i casi non c'è più un dualismo ontologico, ma una semplice differenza di grado). D'altro lato soprattutto tra i conterranei di Cartesio, si ha la tendenza a negare l'esistenza della res cogitans (vedi La Mettrie, Helvetius...): anche l'uomo è una macchina, magari più raffinata della lumaca, ma sempre macchina è e questa è una visione che permane fino alla prima metà dell'Ottocento, all'interno quindi di un'impostazione non più illuministica, ma positivistica (vedi Buchner).


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