Micimiao Forum di discussione per tutti i gattofili

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-   -   Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo (https://www.micimiao.net/forum/showthread.php?t=121793)

Aletto 10-02-2017 18:35

Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
Come ovviare la proiezione antropocentrica nella relazione con i nostri mici?
Come avviare invece una relazione che sia "gattocentrica senza dimenticare noi stessi?

Intanto direi che l'antropocentrismo è una sorta di egocentrismo di specie perché fin da quando siamo nati sia in famiglia che a scuola ed anche dopo abbiamo percepito l'uomo come centro, come uno che può far tutto, che può arrivare dove vuole. Questo perché oltre i nostri genitori anche i nostri nonni, i nonni dei nostri nonni e i nonni dei nonni dei nostri nonni ecc sono nati cresciuti e hanno studiato seguendo quest'ottica e cioè che tutto il mondo gira intorno a noi, che possiamo usufruire di tutto e via dicendo. E' logico allora ragionare così e quando incontriamo chi non è uomo mettiamo facilmente ed inconsapevolmente delle distanze tra noi e gli altri animali ed altrettanto inconsapevolmente di loro facciamo di ogni erba un fascio diminuendo le distanze tra loro: diventano un'altra categoria
Altro aspetto dell'antropocentrismo è la tendenza ad interpretare gli altri animali mediante proiezioni tutte nostre ed andargli incontro con il nostro comportamento da primati, faccio un esempio: l'abbraccio che per noi è segnale di amicizia e pace se lo facciamo ad un cane viene interpretato come prevaricazione e c'è il cane a cui può anche andar bene ma c'è quello che si incazza, se lo facciamo ad un gatto lo interpreta come un ingabbiamento e cercherà di divincolarsi. Quindi è segnale positivo tra i primati, ma se usciamo dal mondo dei primati è meglio lasciarlo perdere :)
Poi tempo fa avevo parlato di antropocentrismo etico cioè quello tautologico: ho diritti in quanto uomo. e di antropocentrismo ontologico: tutti i diritti sono fondati sull'uomo ma sono così generoso che li estendo anche agli altri animali e paradossalmente li emargino ancora di più perché dei loro veri diritti in realtà non ne so nulla non conoscendo quelle specie (vedi il sacrosanto ma riduttivo Brambell report del 1965, ma allora non si poteva fare di meglio), con la conoscenza degli etogrammi ed il loro (degli etogrammi) rispetto per le altre specie nasce l'empatia nei coro confronti e si ha il passaggio da animalismo ad antispecismo. Ma per liberarsi definitivamente dallo specismo dobbiamo fare un lavoro di pulizia sul nostro stesso retaggio filogenetico, detta così sembra difficile ed impossibile ma non lo è perché quel modello di mondo che ci portiamo dietro può essere modificato se ci rendiamo conto che è diverso da come ce l'hanno tramandato da innumerevoli generazioni e perché nessuna specie è chiusa dal suo retaggio filogenetico

Prendendo consapevolezza di quali passi si possono fare possiamo facilmente non coinvolgere i nostri miciotti in quei tipi di pensieri che ci allontanano anziché avvicinarci a loro. Intanto restituiamo loro l'identità e l'alterità perché anche loro sono al centro del loro mondo e ci sono tantissimi centri di mondi ma sono intercomunicanti perché con questo non intendo dire che ognuno debba starsene nel suo ma anzi proprio nel varcare quella soglia, nell'avvicinarsi e nell'immedesimarsi in un altro mondo, proprio come farebbe un attore, possiamo incontrare l'altro che non è più allora una nostra proiezione perché ci amalgamiamo con la sua alterità rispettando sia loro che noi

Il loro mondo è molto diverso dal nostro e non riconoscerlo vorrebbe dire trascinarli in una dimensione che non gli appartiene, il pensiero antropocentrico ci dà la certezza che il nostro mondo sia migliore del loro ed a fin di bene vogliamo che ci si adattino. Ma non è possibile anche se ci sembra siano felici e contenti

Faccio un semplice esempio di antropocentrismo che non c'entra niente con i gatti: un'opera d'arte è intoccabile e va protetta ad ogni costo, una foresta invece può essere rasa al suolo :disapprove:

Pumadi 10-02-2017 19:19

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
È un argomento su cui sto riflettendo da un po'. Penso che i miei sentimenti interferiscano con le naturali vocazioni dei miei gatti. Per esempio, per il loro 'bene', non escono di casa. Forse rispettarli vorrebbe dire eliminare il concetto di gatto da salotto? I tuoi escono, Aletto?

Franziska 10-02-2017 19:30

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
Thread molto interessante, seguo con piacere :)

SerenaF 10-02-2017 20:27

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
Dunque, se ho ben capito, ci sono due livelli di antropocentrismo:
1) l'antropocentrismo teoretico: io conosco l'altro in questo caso l'animale e ne interpreto i comportamenti sulla base di categorie umane, magari finendo per fraintenderli. Tutto giusto, ma mi viene da chiedere: è possibile pensare l'animale, la sua alterità e tutto ciò che ne consegue sulla base di categorie non umane? O finiremmo per avere un pensiero negativo, che dice solo che cosa il tal animale non è e che cosa la nostra relazione con lui non deve essere? E' possibile pensare al di fuori dell'antropocentrismo? (E' un po' quello che si chiedeva Heidegger, se cioé fosse possibile pensare e dire l'essere al di fuori delle categorie della metafisica). Ma, lasciando stare il filosofo di Messkirch e provando a fare un discorso un po' più terra terra, a me piace pensare che tra me e le befane sussista una relazione di amicizia. Vedo anche talvolta alcuni video in cui animali, anche di specie diverse, si comportano da "amici" (cooperano e dimostrano di trarre piacere dalla reciproca compagnia); bene, ma è corretto pensare così? O l'amicizia è una categoria umana, troppo umana, che definisce una delle possibili relazioni tra esseri umani (per quanto la più nobile, dal momento che è disinteressata e paritetica, vedasi la trattazione che ne fa ad esempio Aristotele nell'Etica Nicomachea) e non è applicabile al di fuori di tale sfera? E in quest'ultimo caso, come posso definire e pensare la relazione tra un animale umano e uno non umano (tra me e Chiquita) in termini non antropocentrici?
2) il secondo livello, che è una derivazione del primo, è l'antropocentrismo etico (in genere, nel lessico filosofico, non si usa il termine tautologico, se non in riferimento al primo principio della logica, quello di identità). Il termine "diritto"- come il suo contrapposto, dovere- nasce in relazione all'essere umano, anzi è già stata una conquista che ha impiegato secoli pensare che certi diritti appartenessero a tutti gli uomini, al di là delle distinzioni di razza, sesso, credo... Se penso che un animale abbia diritti, non lo sto di fatto omologando all'uomo? Potrebbe sembrare una provocazione, ma vi assicuro che la domanda, per quanto irriti pure me, è perfettamente lecita da un punto di vista filosofico. Ma ammettiamo che, dopo una lunga disamina, si sia risposto positivamente a questa domanda, riconoscendo che dal punto di vista etico (e dei diritti), lo status dell'animale è identico a quello dell'uomo (lascio perdere tutte le bizzarrie che potrebbero derivare, per esempio in sede giuridica, da una totale equiparazione dell'animale all'uomo in termini di diritti e doveri), cosa significa garantire i diritti del gatto? La risposta (o meglio una risposta) può sembrare semplice: assicurargli un ambiente in cui possa esprimere tutte le prerogative di specie. Ok; e cosa vuol dire? Che chi vive in città, il gatto non lo può tenere perché un appartamento non corrisponde a queste caratteristiche? Che non lo dovremmo tenere proprio anche se viviamo in aperta campagna? Che sarebbe sbagliato accogliere un randagio quantunque bisognoso e apparentemente desideroso di relazione con l'uomo, perché tra i vari motivi figurerebbe anche un'esigenza egoistica, quindi antropocentrica?
Purtroppo, non posso dilungarmi oltre, perché ho un impegno che mi tratterrà per circa un'ora, ma penso che si possa iniziare a delucidare esattamente cosa intendiamo per "superamento dell'antropocentrismo", a partire dagli interrogativi, più o meno provocatori, che ho sollevato.

Aletto 10-02-2017 20:56

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da Pumadi (Messaggio 2093330)
È un argomento su cui sto riflettendo da un po'. Penso che i miei sentimenti interferiscano con le naturali vocazioni dei miei gatti. Per esempio, per il loro 'bene', non escono di casa. Forse rispettarli vorrebbe dire eliminare il concetto di gatto da salotto? I tuoi escono, Aletto?

Ciao Pumadi,
penso che i tuoi sentimenti, come i miei e quelli di tutti, non debbano interferire fino ad arrivare all'ingerenza sulla vita altrui, chiunque sia

Il gatto, come nessun altro animale (noi compresi) non è da salotto, nessuno è da salotto o da casa e basta. Non fa parte di lui né di nessun altro quella vita, "ma sta tanto bene è tanto tranquillo" -che poi magari è rassegnazione- e chi ce lo assicura? noi stessi? il vet? perché è in salute mangia e dorme e mai una cacca fuori posto?
Sta lì. Gioca con noi. O con un consimile finché ci va d'accordo. Mangia. Va sul divano. Si sveglia. Va in lettiera. Riceve tante carezze e moine. Le ricambia. Fa le fusa. Esce per andare dal vet nel trasportino stressandosi. Torna a casa nel trasportino stressandosi. Sta lì. Mangia. Va sul divano. Beve. Fa le fusa. Dorme. Gioca. E via dicendo. E via dicendo. E via dicendo. Ah, dimenticavo, si fa le unghie :)

Ma sta tanto bene lo dice anche il vet! e chi meglio di lui!
L'ho tolto dalla strada
Ma cosa vuole di più?
Vorrebbe essere un gatto
Ma lo è
Sì, lo sarebbe se potesse

Rispettarli non si può, perché non si riesce se non si entra nel loro mondo e lo si accetta. Non si può avere un gatto in casa e lasciar fuori la felinità.

I miei gatti stanno tra casa e terrazzi, prima in inverno rientravano e chiudevo verso le tre del pomeriggio ma ora non chiudo più neppure di notte. Fa freddo? sì certo :disapprove: Non stanno proprio bene secondo me, ma almeno se capita predano. La prossima casa sarà grande giardino con una piccola casa, intanto a me tutti sti mq non servono.

Malinka 10-02-2017 21:45

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
Quote:

Originariamente inviato da Aletto (Messaggio 2093336)
[...]Il gatto, come nessun altro animale (noi compresi) non è da salotto, nessuno è da salotto o da casa e basta. Non fa parte di lui né di nessun altro quella vita,[...]
I miei gatti stanno tra casa e terrazzi, prima in inverno rientravano e chiudevo verso le tre del pomeriggio ma ora non chiudo più neppure di notte. Fa freddo? sì certo :disapprove: Non stanno proprio bene secondo me, ma almeno se capita predano. La prossima casa sarà grande giardino con una piccola casa, intanto a me tutti sti mq non servono.

E' verissimo, nessun animale e tra gli animali ci metto anche l'essere umano, è da salotto, ma purtroppo spesso non si può fare diversamente.
Quando sono venuta ad abitare qui ho preferito una casa piccolina, ma che avesse un bel giardino e anche tanto verde intorno.
Dove abitavo in precedenza la casa era grande, ma i mici dovevano accontentarsi del balcone che, nonostante i suoi 8 metri di lunghezza e le numerose piante, non poteva certo competere con un ambiente naturale.
Qui fin da subito ho installato la gattaiola, così potevano entrare e uscire a loro piacimento, giorno e notte; ero così felice, ma è durato solo 3 mesi.
Sono cominciate ad arrivare con cadenza mensile lettere anonime con insulti e minacce, hanno tentato di uccidere i gatti spargendo esche avvelenate lungo la mia cinta, hanno ferito la gatta di mia madre e piazzato dei fili ad altezza di gatto perché correndo in discesa si tagliassero la gola...
Ho passato due mesi a fare appostamenti e finalmente ho cuccato gli ******* che facevano quelle orribili azioni e l'ho denunciata.
Nessuno dei miei mici era stato avvelenato, ma solo perché non mangiavano porcherie trovate in giro.
Con prove fotografiche sono andata in Procura e dopo 2 ore avevano già emesso il mandato di perquisizione; sono venuti i carabinieri e hanno repertato tante esche avvelenate da riempire a metà una borsa del supermercato...
Da quella volta ho deciso che i miei gatti non li avrei più lasciati uscire.
Ora vivono tra il dentro e il terrazzone, che ho provveduto a mettere in sicurezza.
E poi a ben guardare, a loro piace stare con i compagni umani; quando potevano uscire, stavano fuori volentieri se c'eravamo anche noi, ma appena rientravamo in casa, ci seguivano e di notte solo una micia usciva, ma rientrava presto per venire a dormire sul letto.

Tornerei a lasciar uscire i miei animali solo se non ci fosse presenza umana nel raggio di qualche chilometro..o anche più.

SerenaF 10-02-2017 22:04

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
Accidenti, Malinka, che cose terribili avete dovuto patire te e i tuoi gatti: mi spiace molto. :eek::cry:

Quello del farli uscire o no è un argomento su cui ci siamo confrontati (e scontrati ;) ) parecchie volte qui sul forum; personalmente trovo che, se un gatto ha l'occasione di poterlo fare in sicurezza, requisito molto difficile da determinare anche perché ovviamente non tutti hanno lo stesso livello di attenzione al rischio/"paranoia, uscire e cacciare rendano molto più ricca e varia la sua esistenza, ma qualora non vi siano queste condizioni- e il più delle volte è così, perché molti di noi vivono in città oppure, com'è nel tuo caso, circondati da un vicinato che definire criminale è riduttivo- prevalga la responsabilità (concetto squisitamente umano, per rimanere nei limiti di questo thread) nei confronti della sua vita e del suo benessere che ci siamo assunti, nel momento in cui abbiamo deciso di condividere la nostra esistenza con un animale. :)

Aletto 10-02-2017 22:08

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
@ Serenaf
cerco di rispondere su alcuni punti che non riporto perché mi si incrociano gli occhi

-Ma perché devi fare categorie non umane, farle significa fare categorie non gabbiano, non cane, non coccodrillo. Dal mio punto di vista: fare categorie non umane? perché sei umano? allora vuol dire non solo essere antropocentrico ma anche specista
-La relazione con l'animale secondo me non deve prevedere cosa in tal animale non è. L'animale è, io sono, o dovrei prevedere che anche qualcosa in me non è? E dove ci porta questo ragionamento?
- Secondo me non è facile tuttora pensare al di fuori dell'antropocentrismo, ma ci si può decentrare perché non siamo il centro del mondo e perché non è il sole che gira intorno alla terra
-L'amicizia, il rispetto, la morale e l'altruismo non sono non sono prerogative umane come già osservò Skinner (o era Thorndike :shy:) con i suoi esperimenti con le sue dannate scatole
-Tu guarda Chiquita come si dissolve tranquillamente nella tua alterità e tu fa' altrettanto, non mettere distanze che lei non mette
-Antropocentrismo etico: mi identifico come uomo, ho l'identità di uomo: non diventa tautologico? Considera che seguo conferenze di un filosofo antispecista e mi riporto a casa gli audio, se qualcosa non ti torna più di tanto non posso fare :)
-se all'altro animale do gli stessi diritti miei lo omologo all'uomo, se gli do i suoi diritti, no. Ma su questo dibatte la filosofia chiedendosi come faccio a dare diritti a chi non sa che li avrà? allora non si dovrebbero dare neppure ai pazzi, ai bambini, o alle persone in coma, e diventa specismo nell'ambito della nostra stessa specie. Se ritrovo l'audio te lo dico
-E chi sta in città come noi, a dirla tutta dandomi la zappa sui piedi perché vivo in città, non dovrebbe tenere i gatti chiusi in casa. E non bisogna confondere le esigenze di salute con le esigenze di benessere, come secondo me non è possibile eludere le nostre esigenze di specie ma possiamo distinguere tra bene e male lo stesso se siamo nel pieno delle nostre facoltà

SerenaF 10-02-2017 23:38

Re: Il nostro comportamento ed uno delle sue consguenze: l'antropocentrismo
 
Ok, ribatto anch'io, sperando che il mio post non diventi una panacea per l'insonnia :D

Quote:

Originariamente inviato da Aletto (Messaggio 2093343)
@ Serenaf


-Ma perché devi fare categorie non umane, farle significa fare categorie non gabbiano, non cane, non coccodrillo. Dal mio punto di vista: fare categorie non umane? perché sei umano? allora vuol dire non solo essere antropocentrico ma anche specista

Le categorie sono umane o non umane, perché umano è il soggetto conoscente (non nel senso che per definizione qualunque oggetto conoscente sia umano, ma in questo caso lo è, si dà il caso che lo studioso di etologia appartenga alla specie umana); che categorie potrebbero essere altrimenti? Insomma, siamo di fronte ad un paradosso gnoseologico/epistemologico: possiamo pensare in maniera non antropocentrica partendo da categorie antropocentriche? (Ho cercato di spiegare meglio questo concetto più avanti, ma temo di aver fatto solo un gran casino.) Forzatamente e inevitabilmente antropocentriche, direi, perché il centro prospettico è l'uomo in quanto soggetto conoscente.

Quote:

-La relazione con l'animale secondo me non deve prevedere cosa in tal animale non è. L'animale è, io sono, o dovrei prevedere che anche qualcosa in me non è? E dove ci porta questo ragionamento?
Non ci porta da nessuna parte, perché finché dico semplicemente che l'animale è, sto usando il verbo essere in senso esistenziale. Anche Cartesio e La Mettrie riconoscono tranquillamente che l'animale è, che è un animale e che non è un uomo. Semmai, il primo, avrebbe qualche difficoltà a riconoscere che l'uomo è animale o che è soltanto animale, La Mettrie è più democratico (siamo tutti macchine e ci comportamo tutti in maniera strettamente deterministica). Per comodità rispondo ad un'altra osservazione, logicamente attigua, anche se nell'ordine del tuo post viene dopo. :)

Quote:

-Antropocentrismo etico: mi identifico come uomo, ho l'identità di uomo: non diventa tautologico? Considera che seguo conferenze di un filosofo antispecista e mi riporto a casa gli audio, se qualcosa non ti torna più di tanto non posso fare :)
Non è solo a me che non tornano le cose, è a buona parte della tradizione filosofica: "tautologia", come certamente saprai, deriva da "tauton" (equivalente greco del latino ipsum) e "logos" che ha la stessa radice del verbo "legein"=dire, quindi "dire la stessa cosa". Dire "io che sono uomo mi identifico in quanto uomo" è semplicemente l'affermazione del principio di identità, è come dire A=A o "il tordillo peloso ha l'identità di tordillo peloso" (l'unica che forse sa cosa siano o li abbia mai visti é Luna Lovegood, il personaggio di Harry Potter e difatti ho preso l'ispirazione da lei): lascia del tutto irrisolta la questione di cosa sia un uomo e quali qualità gli si debbano riconoscere come inerenti alla sua essenza. Anche dire che l'uomo è al centro (antropocentrismo tautologico significa questo: l'uomo è al centro, è copula mundi) non vuol dire che all'uomo spettino privilegi speciali rispetto al resto del creato, questo è qualcosa in più che non è contenuto nell'idea della centralità dell'uomo. Ma c'è di più: la tautologia riguarda il piano logico, teoretico, la supremazia dei diritti quello pratico. Tra i due c'è un salto, come ben ricordava il caro vecchio Hume. ;)

Quote:

- Secondo me non è facile tuttora pensare al di fuori dell'antropocentrismo, ma ci si può decentrare perché non siamo il centro del mondo e perché non è il sole che gira intorno alla terra
No, no, io non mi sto chiedendo se sia facile pensare al di fuori degli schemi antropocentrici, mi sto chiedendo se sia proprio possibile farlo; ti faccio un esempio. Avrai certamente presente il romanzo di fantascienza Solaris, in cui c'è una stazione orbitante abitata da scienziati con vari tipi di specializzazioni, tra cui il protagonista che è uno psicologo, che cercano di studiare Solaris, ovvero il pianeta attorno a cui orbitano e il suo unico, immenso abitante: l'oceano che ne ricopre l'intera superficie. L'autore del libro, Stanislav Lem, era affascinato dal tema delle intelligenze aliene, a cui aveva dedicato anche alcuni romanzi giovanili; ora è palese in tutto il libro secondo me lo sforzo, peraltro vano, degli scienziati di arrivare sia di stabilire un qualche contatto, sia soprattutto di capire come diavolo ragiona 'sto benedetto oceano e perchè fa certe cose (da alcune costruzioni colossali, alle allucinazioni che invia loro) e per farlo ricorrono a tutta una serie di categorie: coscienza, volontà, intenzione, ecc..., solo che o tali categorie non ci azzeccano con questo oceano oppure hanno un significato talmente diverso per lui che gli scienziati non riescono comunque a cavare un ragno dal buco. D'altra parte, potrebbero arrivare a conoscerlo e a comprenderlo meglio, se rinunciassero a queste categorie? L'autore non lo dice, anzi non arriva nemmeno a tematizzare la domanda in maniera esplicita, però secondo me la risposta è no: l'insieme delle categorie che definiscono l'agire umano è l'unico arsenale logico, per quanto imperfetto o forse pesrino del tutto inadatto a cogliere Solaris, di cui dispongono per cercare di afferrarne la realtà. Ora, siamo d'accordo che cani, gatti, topi, cavalli... non sono certo intelligenze così aliene come Solaris, ma la domanda più o meno rimane identica: possiamo davvero pensare al di fuori delle categorie antropocentriche o queste rappresentano, kantianamente, una specie di struttura trascendentale del soggetto, al di fuori della quale c'è non una conoscenza migliore e più appropriata, ma le tenebre dell'impensabile e dell'ineffabile (in senso letterale)? Devo ammettere che, a scrivere queste domande a quest'ora della notte. mi sento molto Gigi Marzullo. :p


Quote:

-L'amicizia, il rispetto, la morale e l'altruismo non sono non sono prerogative umane come già osservò Skinner (o era Thorndike :shy:) con i suoi esperimenti con le sue dannate scatole
Questo non dimostra che non abbia considerato la faccenda da una dimensione antropocentrica usando concetti plasmati sull'uomo.


Quote:

-Tu guarda Chiquita come si dissolve tranquillamente nella tua alterità e tu fa' altrettanto, non mettere distanze che lei non mette
Eh, no, calma: la fusione affettiva è il contrario del riconoscimento dell'alterità che invece crea e/o presuppone una distanza. Prendi la filosofia di Levinas che ha costruito tutta la sua riflessione filosofica sull'idea di alterità assoluta; lui definisce l'alterità come distanza, addirittura usa il termine trascendenza. L'unica situazione in cui fenomenologicamente questa distanza si annulla o si accorcia (=l'esperienza erotica come fusione di anime e di corpi) è quasi una desacralizzazione dell'alterità, un suo abbassamento che solo la fecondità, a cui questa può approdare, contribuisce in qualche maniera a riscattare.
Va beh, sono un po' partita per la tangente, complicando le cose più del necessario. Mettiamola così: o c'è fusione o c'è alterità. ;)

Quote:

-se all'altro animale do gli stessi diritti miei lo omologo all'uomo, se gli do i suoi diritti, no. Ma su questo dibatte la filosofia chiedendosi come faccio a dare diritti a chi non sa che li avrà? allora non si dovrebbero dare neppure ai pazzi, ai bambini, o alle persone in coma, e diventa specismo nell'ambito della nostra stessa specie. Se ritrovo l'audio te lo dico
E quali sono i diritti peculiari degli animali? O dobbiamo riconoscere che i diritti pertengono alla sfera più ampia del vivente? Un'altra domanda: è possibile riconoscere diritti svincolati dalla loro controparte, i doveri? Riconoscere soltanto l'uomo come soggetto di doveri e quindi di obbligazione etica non ne riafferma in un certo senso il primato in campo morale?

Quote:

-E chi sta in città come noi, a dirla tutta dandomi la zappa sui piedi perché vivo in città, non dovrebbe tenere i gatti chiusi in casa.
Bene, domani (adesso è tardi, non ho voglia di scendere anche perché fa freddino) sbatto le befane fuori per la strada, così finalmente le faccio vivere in maniera conforme alla loro vocazione specifica. :rolleyes:

Aletto 11-02-2017 07:56

Re: Il nostro comportamento ed una delle sue conseguenze: l'antropocentrismo
 
@ Serenaf
La pensiamo in modo diametralmente opposto
Se proprio vogliamo fare categorie l'uomo appartiene alla categoria animale
Secondo me categorizzi anche le intelligenze, nel senso non prettamente filosofico del verbo
Secondo me tu sottovaluti gli altri animali e li consideri altro-da-me, io li considero altro-con-me
Non mi ero spiegata bene, non parlavo di fusione affettiva nell'alterità, l'affettività qui non c'entra, almeno per me
Non pensavo che nessuno debba sbattere fuori casa i gatti che già ha, sarebbe un pensiero inutile ed un agire sciocco

Penso che gli altri animali siano molto di più di quanto la cultura usuale e secolare ci abbia abituato a considerare e l'importanza del nostro rapporto con loro sia sottovalutata, quasi persa in una cultura e di conseguenza in una società che tende fortemente al solipsismo

Mi piace parlare in termini filosofici a patto che mi portino da qualche parte anche dove non vorrei andare, altrimenti è onanismo e mi annoio, è un mio limite :o
Non so se hai mai letto Leonardo Caffo o Felice Cimatti o Marc Bekoff o il nostro Alleva ecc e abbia considerato il loro pensare l'animale. C'è un nutrito filone nella filosofia contemporanea e nell'etologia contemporanea che pensa e lavora a loro favore, per un loro riscatto rispetto al pensare cartesiano che ancora ci portiamo dietro

Per il cane già qualche risultato comincia ad esserci, per il gatto c'è ancora un silenzio di tomba. Il cambiamento di pensiero si noterà tra 40/50 anni credo, non prima

Amo gli animali così tanto che una relazione un po' più progredita, che ci avvicini a loro se la meritano tutta, e ce la meritiamo anche noi, per questo ho aperto questo thread :)


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