Stempero il mio entusiasmo: è quasi certo che siano salvi. Come spiega bene Kodami in un pezzo pubblicato oggi (https://www.kodami.it/il-consiglio-d...nto-unica-via/), l'ultima parola dopo la sentenza del Consiglio di Stato di ieri spetterà al TAR, che peraltro già aveva deliberato in favore degli orsi. La chiusura di tutta la faccenda slitta quindi ufficialmente a dicembre.
E speriamo proprio che nei nostri brindisi di fine anno ci sia lo scampato pericolo per gli orsi trentini.

Fugatti permettendo, naturalmente. Perché il presidente della provincia autonoma sembra proprio che "nun ce vò stà", e cerca di rinfocolare la polemica, minacciando a destra e manca (vedi sempre l'articolo linkato di Kodami). Del resto, dal suo punto di vista deve alimentare l'esposizione mediatica che ha avuto in questi mesi, e consolidare l'immagine di sceriffo difensore del genere umano, che gli potrà venire buona per le prossime amministrative, se non per traguardi elettorali più ambiziosi e vicini nel tempo, come le prossime elezioni europee. In tempi di barbarie come questi, tutto o quasi è possibile.

Cara straycat2, se "l'ignobile uomo" cui fai riferimento nel tuo post è proprio l'aspirante (ma per ora frustrato) sterminatore di orsi, siamo perfettamente d'accordo.
La matrice politica dei conflitti in corso nel pianeta, purtroppo, è sempre rintracciabile lungo la deriva di sopraffazione e violenza (più o meno esplicita) che collega la piccola vicenda trentina agli scenari più complessi della politica mondiale.
E', sintetizzando, il "dove fanno il deserto dicono che è la pace" di tacitiana memoria. Che si tratti di orsi o esseri umani, la logica è la stessa.

I profitti sulla vendita delle armi non li fanno gli gli Stati, ma le grandi imprese private (solo in Italia e in parte in Francia lo Stato ha il controllo delle fabbriche di armi). Nel 1960, nel suo discorso d'addio alla Casa Bianca, il presidente uscente degli USA Dwight Eisenhower (proprio lui, il comandante in capo delle truppe USA in Europa durante la II Guerra Mondiale), mise in guardia i cittadini e il suo successore dal rischio per la democrazia che negli apparati dello Stato si consolidasse il potere di quello che lui definì "il complesso militare industriale".
Naturalmente il suo successore, John Fitzgerald Kennedy, si guardò bene dal seguire il consiglio, e da allora il peso politico ed economico di questo intreccio di affari e potere ha determinato sempre più pesantemente (ma non esclusivamente) le linee di politica estera e di sviluppo economico di quella che è stata finora l'economia trainante e la maggiore superpotenza militare del pianeta.