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Il comportamento dei vostri a-mici Se avete dubbi, domande o esperienze sul comportamenteo dei vostri a-mici postate qui.

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Vecchio 20-08-2018, 11:56   #1
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Aletto
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Predefinito Il gioco. In fondo è uno sconosciuto

.....eppure tutti giochiamo

anche gli animali giocano.

-Perché giocano?
La prima risposta che mi viene in mente è: perché gli piace, si divertono.

-Perché vogliono divertirsi?
La prima risposta che mi viene in mente è: divertirsi è meglio che annoiarsi. E poi, perché divertirsi fa bene

-A cosa fa bene?
La prima risposta che mi viene in mente è: fa bene al corpo e alla mente (e loro così li esercitano)

-Ma se non giocassero si annoierebbero?
……………….

-E cosa ne sarebbe di un corpo ed una mente che non giocano?
………………….

-Un corpo non allenato al gioco conosce i propri limiti?
………………

-Una mente non allenata al gioco può ritrovare quella dimensione?
………………..

-Un animale che non gioca può relazionarsi in modo corretto a se stesso ed agli altri?
………………..

-Un animale che non gioca quanto è pronto a reagire e gestire l’inaspettato che gli arriva dal contesto ambientale e sociale?
………………

Le risposte diventano più difficili, non sono più immediate come prima. E un argomento semplice come il gioco, se grattiamo la superficie e approfondiamo, si complica.
Ma in realtà, anche se è tuttora oggetto di studi, alcune riflessioni ci chiariscono molte cose


Tutti gli animali giocano, o quasi tutti. Il lombrico non so se gioca, non credo. Idem, non so, il ragno? Però giocano elefanti, orsi, uccelli, cani, lupi, gatti, scimmie, pesci….
Cosa vediamo quando giocano? Che si stanno divertendo, ok, ma al di là di questa osservazione ci dice anche che sanno entrare nel campo della simulazione. Ma come fanno? E come fanno a farsi capire dagli altri?

Lo fanno con la meta-comunicazione, perché il gioco è finzione, alterazione volontaria della realtà in un ambito in cui l’animale non è vincolato dalla sopravvivenza e quindi dalla riuscita di ciò che sta facendo. E questo lo inebria, stimola la sua creatività. E’ libero. Non ci sono paure, frustrazioni e stress
Personalmente questa loro capacità di entrare nell’ambito della simulazione mi affascina, la consapevolezza di sapere di star fingendo, e la capacità di fingere o fingersi implica capacità cognitive elevate. Nel gioco sociale c’è voglia e capacità di coinvolgere se stessi, un altro o più individui in quella pièce teatrale dove la parola d’ordine è improvvisazione.
Tutti sono protagonisti. Nessuno vince, nessuno perde. Tutti si arricchiscono in esperienze di vario genere -tra cui la consapevolezza di se stessi e delle proprie capacità-, in una situazione protetta dall’ambito del gioco

Marco Celentano, ricercatore, riporta che i mammiferi col gioco
1) esplorano
2) sperimentano ed esercitano schemi fissi di azione proprie della specie come comportamenti di inseguimento, afferramento, attacco e fuga, e sperimentano anche la riuscita alcuni segnali comunicativi
3) imparano a mischiare le sequenze motorie sia innate che apprese e ad inventarne di nuove, e ad intervenire negli schemi altrui
4) sperimentano ed esercitano modi relazionali fondamentali per la vita sociale [se ce l’hanno]
5) si inseriscono in una gerarchia sociale [se c’è] imparando a riconoscere il proprio ruolo
6) assimilano usi e/o tradizioni del proprio gruppo di riferimento [se c’è]
7) prevengono accumuli di tensione e l’insorgere di stati depressivi
8) imparano a ritualizzare i principali moduli comportamentali

E la meta-comunicazione. Cos’è?

“Jethro balza verso Zeke per poi fermarsi repentinamente di fronte a lui, si acquatta sulle zampe anteriori, scodinzola, abbaia e poi scatta su di lui, gli afferra la collottola e inizia a scuotere rapidamente da una parte all’altra, gli compie un giro intorno per montarlo, scende, fa un rapido inchino, balza di lato e lo colpisce con un fianco, salta verso l’alto per mordergli il collo e corre via. Zeke si sottrae all’inseguimento di Jethro, si lancia contro il suo posteriore, lo morde sul muso e sulla collottola, e lo scuote rapidamente da una parte all’altra. Suki si lancia verso Jethro e Zeke, e ora tutti lottano contro tutti. Si dividono per alcuni minuti, annusando qua e là per riposarsi. Poi Jethro cammina lentamente verso Zeke, stende una mano verso la sua testa e inizia a mordicchiargli le orecchie. Zeke si alza e salta sul posteriore di Jethro, lo morde e gli afferra il girovita. Si buttano a terra e continuano a lottare usando solo la bocca. E poi di nuovo a rincorrersi, a rovesciarsi sulla schiena e a giocare. Suki decide di saltare al centro, e tutti e tre si divertono come matti, finché non sono esausti. Quando tutto finisce, sembra che non siano mai stati così felici. A quel punto arriva Lollo, e tutto ricomincia daccapo”

Questa è una delle tante annotazioni sul campo di Marc Bekoff (ecologo, biologo evoluzionista ed etologo presso l'università del Colorado), riguarda i suoi cani ed è riportata dalla rivista Animal studies, ma essendo un’annotazione famosa è riportata un po’ ovunque e ne dà descrizioni e spiegazioni dettagliate che qui non ho riportato

Secondo Bekoff è proprio attraverso il gioco che ogni giovane individuo impara ad essere “giusto” con gli altri [se vive in società organizzate!] e ad avere fiducia in essi.
L’etologo dice inoltre che “Non è mai stato provato che gli animali invitino al gioco i membri della stessa specie per poi approfittarne.”
Il gioco è gioco, e durante il gioco non si danno fregature.

Devo dire che se non fossero stati citati gli inchini, cioè il codice di ingaggio al gioco tra cani –che fanno anche con noi-, io avrei pensato che stavano lottando sul serio. Invece è una sequenza di gioco in cui tutti sanno che si sta giocando, tutti conoscono lo stato d’animo degli altri, le loro e le proprie intenzioni, basta un nanosecondo per cogliere lo sguardo e capirsi. Tutti procedono nelle sequenze ritualizzate ma con schemi rotti (e più brevi di quando non si sta giocando) lanciando segnali meta-comunicativi, ossia segnali che danno informazioni su altri segnali e che non possono essere fraintesi, altrimenti che gioco sarebbe? Quell’inchino è meta-comunicazione, la stessa che usiamo noi con le parole o con la mimica e che usano i mici cuccioli quando balzano di lato. I maiali ed i polli comunicano la stessa intenzione facendo una corsa circolare, i primati la comunicano mostrando parzialmente i denti, e tutto questo significa “quello che succederà da ora in poi è gioco”

Mentre cammino, Berenice che se ne sta placidamente sdraiata sul suo pouf, uncina i miei pantaloni. Mi fermo le accarezzo la testa e lei comincia a mordermi furiosamente la mano scalciando anche con le zampe posteriori. Le lascio mano e polso da “sbranare” ma poi smette ed incomincia a leccarla e poi col movimento della zampa fa in modo che io le riaccarezzi la testa. Lo faccio e lei dopo pochi secondi la riaggredisce “furiosamente” e, come prima, poi manda il meta-segnale leccandomi la mano per farmi capire che stiamo ancora giocando e che vorrebbe continuare.
Non è certo la sequenza di invito e prosecuzione di gioco dotta come quella di Bekoff, ma è la nostra sequenza, e per me è preziosa, e lei è tenerissima anche se un po’ di male lo fa

Il gioco sociale lo fanno anche i gatti quando giocano tra loro, solo che nei gatti, attorno ai due mesi, il gioco sociale diventa decisamente predatorio e competitivo, in qualche modo comincia a perdere la cornice prettamente ludica. Ma perché? Perché c’è bisogno di giocare sul serio per imparare tutto il possibile.

Ma perché? Perché il gattino è nato per diventare un abile predatore solitario e territoriale, e la territorialità necessita abilità competitive, (N.B. in questo passaggio ci sono tre fra le più importanti motivazioni del gatto: predazione, territorialità e competitività). In altre parole il gioco che sul momento dà gioia, divertimento, stimoli e creatività, nel lungo periodo forma la sua identità di specie.

I suoi rituali di gioco sono meno rigidi e prevedibili perché il gatto è un tutt’uno con l’ambiente in cui è cresciuto, la sua mente è un tutt’uno con l’ambiente e questo gli dà flessibilità ed unicità di comportamento. Per il gatto, ma anche per altri animali –uomo compreso-, è come se non fosse più un gioco ed in quei momenti si fa sul serio, ci si impegna. Forse per il gatto è un tantinello più serio, se così posso dire, perché, non dovendo imparare regole di collaborazione e gerarchie emergerà il suo essere un solista, e perché se il gioco simula la realtà e lo mette alla prova, e quindi esercita il corpo e la sfera emotiva in quella situazione protetta di cui si diceva prima, quale situazione sarebbe più utile ai fini dell’individuo se non che sia il più aderente possibile alla realtà? Questa riproduzione fedele della realtà durante il gioco entrerà nella sua memoria per riaffiorare in caso di necessità effettiva fuori dall’ambito del gioco, per il micio ha perciò finalità evolutive come predatore e solista.

Il gioco ha quindi le sue radici nelle motivazioni della specie. Quindi il gioco di un predatore solitario è diverso da quello di un predatore che vive in società o da quello di un erbivoro, o, per essere più precisi, ha finalità diverse anche se noi non lo percepiamo e vediamo solo che giocano. E’ legato alla necessità di sopravvivenza della specie: accoppiamento, cure parentali, attacco e fuga.

Il gioco è una cosa seria e la serietà del gioco tra micini la constatiamo sempre in una cucciolata mentre giocando e testano tutto il loro repertorio fisico, cognitivo ed anche emotivo per capire quanto sia valido. Il loro gioco è dapprima locomotorio, poi passano al gioco sociale –qui è di fondamentale importanza la presenza della mamma che interverrà smussando derive troppo aggressive ed aiutandoli a far sì che il gioco non diventi un pericoloso conflitto-, ed al gioco con oggetti che in natura avviene durante lo svezzamento e che serve a avviarli alla predazione, (però gli studi sull'importanza della presenza della mamma nel gioco sono troppo pochi per poter essere considerati scientifici)

In quei giochi nulla è lasciato al caso perché si sono evoluti come predatori altamente competitivi tra loro, e rimetteranno in campo tutto al momento del bisogno. Per questo la rete neuronale che permette questi comportamenti deve essere sempre pronta e flessibile. Durante il gioco sociale vediamo segnali volontari di rinforzo, come le leccate reciproche durante una pausa di lotta ritualizzata, e anche le inversioni di posizioni degli individui per stimolare la ripresa del gioco sono altri esempi di meta-comunicazione tra gatti e servono per comunicare che l’intenzione giochereccia non è cambiata.
Non solo, serve un implicito accordo per l’inversione dei ruoli, e serve capire, al momento dell’ingaggio, se c’è disponibilità da parte dell’altro perché se per esempio l’altro è in situazione di stress difficilmente si lascerà coinvolgere, e se uno dei partecipanti percepisce tensione si allontanerà. Allontanare i gattini troppo presto dalla madre e dai fratelli può ostacolare il corretto sviluppo comportamentale e la possibilità nel futuro di avere relazioni controllate con altri gatti. Le corrette stimolazioni sensoriali nelle prime settimane di vita sono fondamentali, oltre che per l’apprendimento dei comportamenti specie-specifici, anche per l’instaurarsi degli autocontrolli.

Nonostante la flessibilità dei rituali del gatto, sicuramente ci sono, ed abbiamo riscontrato, dei rituali di ingaggio al gioco che sono comuni tra loro, come per es una corsa mentre li vediamo: si nascondono da qualche parte aspettando la nostra risposta. Cioè il gatto scappa e corre dopo che sa che lo abbiamo visto, a quel punto possiamo anche avere lo stesso ruolo che avrebbe un consimile, e quindi poi ci sarebbe l’inversione dei ruoli. Sonia Campa scrive che “l’aspetto realmente interessante è che questa disciplina dipende da chi sono gli attori e dall’intimo patto comunicativo sviluppato”, ossia quale sia la relazione, in quale direzione ed in quale ambito ci si è incontrati e quali rituali abbiamo instaurato per comprenderci.

Quando il micio rincorre una preda-giocattolo è un gioco solitario, e si mette in una situazione di imitazione della realtà facendo finta di essere un predatore che acciuffa una preda finta. Questa simulazione della realtà gli permette il divertimento, l’esplorazione del luogo e di valutare le sue capacità, studiare le mosse più adatte, c’è simulazione mentale, insight ecc al di fuori di un contesto di necessità permettendogli creatività, improvvisazione e l’interruzione di schemi che altrimenti dovrebbe portare a termine.
E’ un gioco. Ma gli permetterà di affrontare e valutare le situazioni reali con delle buone carte in mano
Un gatto che vive in casa non ha bisogno di imparare a predare, non ha bisogno di difendere il territorio –a meno che non ci siano consimili-, e allora, azzerati o quasi questi bisogni di sopravvivenza emergeranno tramite il gioco i suoi desideri (motivazioni) di specie liberamente espressi nelle coreografie individuali, ma solo se opportunamente “re-suscitati” dal convivente umano. Il gioco permetterà di continuare a definire la sua identità a patto che l’umano non anteponga alle sue, le proprie necessità.

In questa descrizione del gioco tra animali c’è spesso la parola rituale.
I rituali sono molto importanti perché servono per comunicare qualcosa e sono proprio delle modifiche di moduli di comportamento finalizzate alla comunicazione. La ritualizzazione implica sequenze motorie già presenti nelle varie specie di appartenenza però queste sequenze non sono esattamente uguali ma sono enfatizzate, abbreviate e stereotipate ai fini della comunicazione, un esempio lampante sono i rituali di accoppiamento tra uccelli. “In tutte le società animali che conosciamo, da quelle degli artropodi, a quelle dei pesci, degli uccelli, e dei mammiferi, i comportamenti che mediano le relazioni intraspecifiche………appaiono, in misura maggiore o minore, ritualizzati. (M. Celentano)

Il gioco supera anche la barriera di specie (cani e gatti giocano assieme spesso, uomo e gatto giocano a nascondino ecc) e questo succede quando i segnali di invito e rinforzo sono abbastanza simili da poter essere interpretati in modo corretto reciprocamente. Allora vediamo cose tipo queste:
https://www.youtube.com/watch?v=iHj82otCi7U
https://www.youtube.com/watch?v=geiOMiIowPs&t=46s
https://www.youtube.com/watch?v=Gpd48DVE17o




Torno ad una delle domande iniziali: cosa ne sarebbe di un corpo ed una mente che non giocano?

Fonti:
Gli interventi dei ricercatori ed etologi Marco Celentano, Sonia Campa, Marc Bekoff sono tratti dalla rivista Animal studies, e dalle loro interviste
Vetjournal: gli animali da compagnia e il gioco

P. S.
Vi metto anche questo copiaincolla per poter giudicare quanto siano importanti ed avanzati gli studi sul gioco: Bekoff a proposito del gioco sociale e dell’analisi comparata della mente animale, dice:“E’ improbabile che i metodi utilizzati per studiare le teorie della mente dei Primati non umani possano essere direttamente applicati agli altri animali…… è molto improbabile che riusciremo a comprenderle usando i metodi che si adottano con i Primati……. Occorre anche una valutazione di tipo evoluzionistico dei contenuti mentali. A tale scopo non c’è nulla che possa sostituire attenti studi di tipo osservativo e descrittivo, nonché esperimenti* attentamente pianificati e ben condotti. Questi possono rivelarsi difficili ma non impossibili da eseguire…… Occorre anche prendere in considerazione la variabilità individuale, poiché sarebbe fuorviante generalizzare il comportamento di pochi membri di una certa specie ed inferire da esso che tutta la specie sia incapace di fare qualcosa e non esegua i comportamenti specifici che indicano abilità cognitive ben sviluppate ….”
*gli esperimenti di cui sopra non sono mai invasivi né irrispettosi dell'incolumità a tutto tondo dell'animale.


"Quando mi trastullo con la mia gatta chissà se essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei" Montaigne
Aletto è collegato   Rispondi Citando Vai in cima
Vecchio 20-08-2018, 12:16   #2
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Predefinito Re: Il gioco. In fondo è uno sconosciuto

molto interessante

io spesso mi sento esclusa dal gioco dei nostri mici, che per lo più giocano tra di loro in modi che mi sono purtroppo impossibili... volando aggraziati tra i rami, rincorrendosi nel folto dei rovi, tendendosi agguati da sotto ai mobili... quanto vorrei potermi trasformare per qualche minuto in un gatto ed entrare nel loro mondo! l'unico che ci lusinga con attenzioni ludiche è Leo, che ama ingaggiarci correndo a nascondersi dietro le porte, o buttandosi a terra davanti a noi e arpionandoci con le zampe facendo lo "sguardo pazzo"


Anna Leo Ludo Tesla Sestosenso Conrad-Cispi ... Sharon Bender Trippy Romeo, Buscemino e Biri sotto il salice, Rourki sotto la quercia
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Vecchio 20-08-2018, 13:09   #3
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Predefinito Re: Il gioco. In fondo è uno sconosciuto

Grazie lingua !
Buio non gioca spesso con me, ho provato tante volte soprattutto quando mi accorsi che mi usava come schermo nei confronti degli altri. Ora preferisce gli altri due o il suo topetto, Volland vuole giocare con la cannetta e mi dà delle spinte con la zampa per attivarmi.
Poi giocano ognuno per fatti suoi in terrazzo, o si rincorrono


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Vecchio 20-08-2018, 14:25   #4
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comunque anche nell'essere umano... chissà cosa ne è del nostro corpo e della nostra mente che non giocano, magari da anni?


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Vecchio 20-08-2018, 15:09   #5
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Originariamente inviato da linguadigatto Visualizza Messaggio
comunque anche nell'essere umano... chissà cosa ne è del nostro corpo e della nostra mente che non giocano, magari da anni?
Non lo so, penso ai bambini che lavorano fin da piccoli, quelli di cui si dice che non hanno infanzia.....
Ma di solito noi giochiamo da piccoli e da adulti anche se in modo diverso. Da quello che vedo l'essere umano già grandicello gioca per vincere, hai voglia a dire che l'importante è partecipare! Penso che la competitività e la capacità di vincere sia fonte di gratificazione e talvolta dà anche la possibilità di essere un capo. Poi noi facciamo del gioco anche un business, basta pensare al calcio! I nostri giochi sono sociali, si fanno squadre, team.
Anche gli animali traggono gratificazione ma nei loro giochi non ci sono vincitori e vinti, anzi il gioco serve a far sì che nella vera lotta per un territorio o per un harem non ci sia eccessivo spargimento di sangue. Per alcune scimmie (i gelada credo) il vincitore è semplicemente chi corre più veloce.
Specie che vedi usanza che trovi


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