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Mici e a-mici in copertina Consigli e recensioni sui libri e riviste che riguardano i nostri mici e a-mici.

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Vecchio 22-11-2009, 01:05   #1
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dandinsky
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Predefinito La Vecchia Cleme è morta - da E' Stata una Vertigine, di Maurizio Maggiani

Siccome a me Maurizio Maggiani piace proprio poco... ho copiato per voi uno dei suoi racconti. Chissà, magari piace anche a voi.

E intanto è morta la Cleme. Se n'è andata come fanno tutti gli altri gatti come lei. In perfetto silenzio, nascosta dietro la sponda del sofà, nell'angolo dove passano i tubi del riscaldamento. Se n'è andata mentre mi stavo vestendo per andare a comprarle l'ultima iniezione; avrei dovuto essere io a metterci la parola fine.

La vecchia Cleme.
La Cleme che si è innamorata di me, di me solo per tutti i cent'anni che ha vissuto, senza conoscere volto di felino, morso di felino, né, ahi noi!, pistolino di felino.
La vecchia Cleme. La gatta antropomorfa, la zitella malvagia, la divoratrice di pesciolini rossi, la depravata, l'inappetente, la schizzinosa. La tartaruga da premio di bellezza, la rossa leggiadra, la sfinge, la sussiegosa, la trippona.
Come era grassa negli ultimi anni. Sembrava una foca. Trotterellava per la casa con la trippa che le ballonzolava qua e là come le poppe di una capra gravida. In mezzo alla trippa c'erano le sue tettine: erano le tettine di una vergine. All'ultimo, poi, anche lei era gravida, pregna del cancro che uccide le gatte vergini, e il suo ventre si era fatto così pesante di metastasi che non poteva neppure trotterellare più.
Le ho volute bene. Non dico che l'ho amata per non essere frainteso. Sono nato in campagna, e lì non sta bene dire che ami un animale, neppure nel caso del brachetto che viene a caccia con te da dieci anni; l'unico tuo fratello buono, che ormai parli solo con lui.
Non sta bene amare cani o gatti né vacche o cavalli. Non è indicato amare qualcuno che, questione di poco, se ne andrà. C'è una tale parsimonia d'amore nelle anime dei contadini che se proprio devono lasciarsi andare ad amare, cercano di trovarsi qualcuno che gli dia l'impressione di durare in eterno. E poi i contadini si sono fatti l'idea che gli animali non amano nessuno. Gli animali sopportano e basta, e quando sono molto intelligenti, se ne fanno anche una ragione. Né più né meno dei contadini.

Infatti la Cleme non mi ha mai amato. Al riguardo non mi ha mai mentito ed è stata sempre sincera e diretta. Da me voleva solo sesso.
Ha fatto sesso con me per tutti gli anni della sua maturità. Da quando, un giorno, allungando per la miliardesima volta la sua testona fuori dal balcone, deve aver finalmente capito che i quattro piani che, sin dagli albori della sua vita la separavano dalla strada e da una naturale felinità, sarebbero stati per sempre insormontabili. Da quando, insomma, della sua dorata cattività se ne è fatta una ragione. O forse quel giorno ha lappato dalla sua scatoletta preferita l'ormone decisivo, quello di troppo? Che ne so. Quelli là, le multinazionali delle scatolette, truccano le loro porcherie. Per generare gatti dipendenti. Forse è così, forse la Vecchia Cleme era strafatta.

So solo che di punto in bianco, già ben bene adulta, forse al bivio tragico della menopausa, ha cominciato a guardarmi con altri occhi. Non saprei dire, ma come se avesse avuto una visione e ne fosse stata folgorata. E ha preso a sbavare dietro le mie ascelle, la facevano letteralmente andare fuori di sé. Una maniaca allupata. Era lì che già cominciava a soffrire dei primi disturbi della tarda maturità ed era stata presa, posseduta per la precisione, dal morbo del sesso.
Aveva costanza e nemmeno un briciolo di fantasia. La sua idea di sesso era monomaniacale. Non felina, che mi risultasse, e nemmeno umana, indecifrabile circa il genere di appartenenza, maschio, femmina o che altro.
Io lo vedevo quando era il suo momento alieno, lo vedevo dal modo che aveva di fare finta di niente. La Vecchia Cleme era perennemente nello stato di chi fa finta di niente, quella era diventata, nel corso dei suoi lunghi anni, la sua condizione prediletta. Si era sempre aggirata nella vita come un borsaiolo nel teatro delle sue losche faccende. Se non avesse saputo fare finta di niente alla perfezione, non si sarebbe sbafata quattro coppie di pesci rossi in due anni. Ad esempio.
Aveva dello stile, era elegante, era il fare finta llo stato dell'arte. Sempre di profilo, smussata, levitante e sfuggente come un pennacchio di nuvola, come una serpe d'acqua.

Ma quando andava in cimbali, dall'obliquità del suo sguardo scagliava certe saette catarifrangenti che mi si conficcavano nella coda dell'occhio come armi letali di una vedetta aliena. Aveva qualcosa negli occhi. Qualcosa dentro da fare paura, un non so che da cui traluceva una possessione selvaggia, tigresca o leonina.
La beccavo a guatarmi da avamposti impossibili. Dal paralume della lampada accanto al sofà, dall'ottavo piano della libreria, dal tetto dell'armadio di camera, da dentro il portascarpe, da dietro il water, dall'ultimo cd del portacd. Dio sa come riusciva ad arrivarci, lei che aveva messo su nove chili covandoli nell'ozio più sfrontato, nel totale disprezzo dell'esercizio fisico.
Architettava agguati. E se solo mi coglieva con la guardia abbassata, allora sferrava il suo attacco.
Attaccava senza il minimo preavviso, sempre da posizione sbieca. Spiccava un balzo pesante, da oplita. Galleggiava per un attimo nell'aria, glutinosa di trippe come una tazza di gelatina rovesciata nel vuoto siderale. Atterrava sul mio ventre indifeso, e lì piantava gli artigli con la determinazione di capitan Uncino all'arrembaggio di una dorata caravella spagnola.
Puntava diritta all'ascella. Prediligeva sorprendermi nella postura del lettore di giornale quotidiano accomodato sul sofà: con le braccia staccate dal busto e le mani ingombre di cartaccia. Comunque non si fermava di fronte a nulla, neppure a una sveltina con il suo partner intento a consumare un piatto di pasta al tavolo di cucina.
Fendeva il mio corpo come una lontra l'acqua burrosa di un'immota gora: ventre a terra, muso proteso, vibrisse appiattite, narici frementi.
Gradiva che il partner si offrisse in canottiera, ma non disdegnava di coglierlo in camicia e nemmeno in pullover. Apprezzava sommamente coglierlo in anticipo sulla sua toelette serale. Sentore di maschio. Un afrore che le inibiva le residue ataviche cautele di animale che fronteggia l'umano.
E il muso si faceva trivella, spaccapietre, testuggine aureliana. Aveva in quel suo muso abbastanza forza per aprirsi la strada fino all'alcova ascellare. E giunta che era all'agognata meta, mordeva e mordeva e mordeva. E sniffava e lappava. Lappava, sniffava e mordeva. Fino all'obnubilamento, alla spossatezza e all'abbandono.

E se ne tornava da dove era venuta, sprofondata nei recessi della sua pigrizia, sbaragliata da una tempesta ormonale che, dileguandosi, non le lasciava nemmeno la forza di cibarsi delle sue scatolette allucinogene per tirarsi un po' su.
Quel poveraccio del partener provvedeva intanto con perossido di idrogeno e altri presidi sanitari del caso a riparare i danni materiali e a prevenire infezioni.

Non mi sono mai opposto a quell'atomica di sesso; non si dice di no alla gatta che vive con te da quando è nata. E non le ho mai rinfacciato niente. Forse che lei l'ha mai fatto?
La Vecchia Cleme.
Che ora non è più da nessuna parte.
Eccezion fatta per le sue spoglie mortali riposte in una cassettina di legno compensato inumata nel boschetto sopra casa. Sotto un palmo di terra scava con la paletta per le ortensie. Terra acida e feconda sepolta a sua volta sotto una coltre di aghi di pino.

Ora la Vecchia Cleme giace all'ombra di un alto e vecchio pino con la corteccia segnata dal nerofumo di numerosi incendi. Agli incendi è sopravvissuto e sopravviverà anche la Cleme. E la cassetta l'ho fatta io con le mie mani, aggiustando la confezione natalizia di uno spumante di lusso. Ho raschiato via la marca e con un pennarello rosso dalla punta bella grossa ho scritto sopra: Clementina. E sotto: ha riposato tutta la vita.
Anche se non è vero, perché quando la prendeva il morbo e e andava in cimbali, si dava un bel po' da fare. Oh, ma è inutile adesso stare qui a rivangare il passato.
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Vecchio 23-11-2009, 11:34   #2
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mela
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Predefinito Re: La Vecchia Cleme è morta - da E' Stata una Vertigine, di Maurizio Maggiani

E brava la vecchia Cleme che ha lasciato il segno... grazie dandinsky
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Vecchio 23-11-2009, 11:56   #3
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torakiki
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Predefinito Re: La Vecchia Cleme è morta - da E' Stata una Vertigine, di Maurizio Maggiani

Mi è piaciuto molto questo racconto, da cui traspare il grande affetto che unisce tutti noi ai nostri animali ma senza quello sdolcinato tono in cui molti di noi cadono nel raccontarli e ricordarli.


Torakiki, Musashi e la loro coinquilina umana
torakiki non è collegato   Vai in cima
Vecchio 25-11-2009, 09:52   #4
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alessandramiao
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Predefinito Re: La Vecchia Cleme è morta - da E' Stata una Vertigine, di Maurizio Maggiani

molto, molto bello. grazie


Non tutti gli angeli hanno le ali: alcuni hanno quattro zampe e la coda
alessandramiao non è collegato   Vai in cima
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