Visualizza Versione Completa : Fuori sì o fuori no?
Per fortuna l'antropocentrismo sta tramontando, basta guardare al postumanismo e/o all'antispecismo e la gran parte degli scienziati ed etologi ragionano ormai in termini di "mente animale". Quindi filosofia e scienze vanno avanti, è un po' come se io fossi ferma all'atomo di Bohr o al principio di indetrminazione di Heisenberg, quando ora con gli elettroni ci giocano a tennis :)
Il concetto di etogramma risale circa al 1760, mentre l'etologia cognitiva nasce (ma i pareri non sono unanimi) col libro di Griffin "The question of animal awareness" del 1976 ed ignorarne l'esistenza non gioverà né a noi né tanto meno ai nostri mici
Infatti, gattinonero, sono d'accordo con te; noi possiamo disquisire finché vogliamo su specificità etologiche, desideri, amore, leggi di Hume, definzione di intelligenze plurime ecc..., ma, per quanto interessante sia il dibattito che ne scaturisce, non ci aiuta o ci aiuta fino ad un certo punto a decidere se dobbiamo lasciare libero il nostro gatto di uscire, a maggior ragione dato che nei libri di etologia, credo che si faccia scarso o nullo riferimento a quelli che possono essere i rischi per un animale domestico (che, per ovvie ragioni, non ha una guardia alta come ce l'avrebbe un animale vissuto da sempre in natura o per strada) e su quale sia il tasso di mortalità tra i gatti che fanno una vita "ibrida" (hanno una casa, ma escono e cacciano a loro piacimento). Alla fin fine però, per quanto ci si possa informare, leggere saggi, compulsare statistiche, confrontarmi con altri proprietari, rimane sempre una scelta personale del padrone, anche perché non tutti i gatti sono smaniosi di uscire (ad esempio adesso le befane stanno ronfando sul divano; non mi sembrano il ritratto dell'infelicità e della rassegnazione).
Quello che mi premeva far presente è che la conoscenza esaustiva dell'etogramma felino (ammettendo che l'etogramma dei nostri mangiacrocchette a tradimento sia sovrapponibile a quello di un felis silvestris) è certamente utile, ma non dirimente, almeno a mio modo di vedere.
Avevo letto Gardner al liceo, dovrei ricercarlo (tra l'altro c'era lui in copertina, era anche carino:p)
:256:
Beh, però tra aprire la porta in centro a Roma e lasciarlo andare e chiuderlo in casa con le finestre sprangate ci sono infinite sfumature ed infinite situazioni (giardini, balconi, reti, passaggio di auto, vicini di casa, indole ed età del micio, ecc): la pettorina, che a me personalmente non piace, è una di queste.
E poi ci siamo noi da considerare, con il nostro carattere e il nostro bagaglio esperienziale.
Il problema è far quadrare il cerchio. ;)
Il problema della pettorina è il comportamento che il nostro gatto assumerebbe di fronte ad un eventuale pericolo, perché lui, come tutti i gatti del mondo dal silvestris al lybica, in quel momento conterebbe solo su sé stesso e cercherebbe di fuggire senza considerare noi come punto di riferimento, cosa che invece farebbe un cane. Questo è da tener presente secondo me, sì ci siamo noi, ma lui non ci terrà in considerazione e per lui quella sarà una brutta esperienza. Anche se, come dici, ci sono anche altri fattori da valutare tipo l'indole e l'età del micio
Non capisco bene cosa c'entri l'antropocentrismo con il fatto uscire sì/no.
Magari se lo spieghi, con parole semplici :), si discute meglio.
C'è stato un periodo anni fa che per ragioni di "mammitudine" ero su un forum variegato dove c'erano diversi antispecisti, anche estremi. Si parlava più di cani che di gatti, ma la loro posizione fondamentalmente era che gli animali domestici non avrebbero dovuto esistere: quindi non allevamenti, razze, animali che vivono in città o comunque in un contesto che sia del tutto "naturale"
Mi trovo lontana da queste posizioni e le trovo anche abbastanza utopiche , però avevano una loro coerenza: l'animale vive lontano dall'uomo e non c'è sfruttamento, ma nemmeno protezione, se non quella dell'ambiente.
Mi sembra però molto triste, perché l'interazione animale/uomo per me è una cosa molto positiva, per tutti.
AlessiaPippi
11-05-2016, 07:39
:256:
Il problema della pettorina è il comportamento che il nostro gatto assumerebbe di fronte ad un eventuale pericolo, perché lui, come tutti i gatti del mondo dal silvestris al lybica, in quel momento conterebbe solo su sé stesso e cercherebbe di fuggire senza considerare noi come punto di riferimento, cosa che invece farebbe un cane. Questo è da tener presente secondo me, sì ci siamo noi, ma lui non ci terrà in considerazione e per lui quella sarà una brutta esperienza. Anche se, come dici, ci sono anche altri fattori da valutare tipo l'indole e l'età del micio
e io ne so qualcosa :o:o visto che la Pippi mi si è letteralmente aggrappata con le unghie alla faccia giù in giardino
Però ecco...io sono pro-pettorina.
Ma la spiego meglio.
Io, come detto, sono per il "fuori sì"...se questo per questioni logistiche non può avvenire (come nel mio caso : io abito in condominio, se lasciassi fuori la Pippi poi non saprei come fare ad accorgermi quando torna e farla rientrare in appartamento perché sto pure all'ultimo piano) allora come si dice "piuttosto che niente, meglio piuttosto".
Non capisco bene cosa c'entri l'antropocentrismo con il fatto uscire sì/no.
Magari se lo spieghi, con parole semplici :), si discute meglio.
C'è stato un periodo anni fa che per ragioni di "mammitudine" ero su un forum variegato dove c'erano diversi antispecisti, anche estremi. Si parlava più di cani che di gatti, ma la loro posizione fondamentalmente era che gli animali domestici non avrebbero dovuto esistere: quindi non allevamenti, razze, animali che vivono in città o comunque in un contesto che sia del tutto "naturale"
Mi trovo lontana da queste posizioni e le trovo anche abbastanza utopiche , però avevano una loro coerenza: l'animale vive lontano dall'uomo e non c'è sfruttamento, ma nemmeno protezione, se non quella dell'ambiente.
Mi sembra però molto triste, perché l'interazione animale/uomo per me è una cosa molto positiva, per tutti.
Hai ragione Mialuce, è un O.T. riferito al fatto che è stato menzionato Hume, perché tutto quel lungo periodo poneva l'uomo al centro dell'universo > antropocentrismo
Di fatto l'antropocentrismo allontana l'uomo dal resto degli animali, lo rende superiore e come tale gli conferisce forti, anzi direi assoluti, poteri decisionali nei loro confronti e non solo, ma anche nei confronti di tutta la natura > per forza di cose l'uomo diventa specista
Il postumanismo decentra l'uomo, cioè lo toglie dal centro del mondo, lo riavvicina all'animale (perché di fatto lo è), non lo vede più come entità autarchica ma dialogica perché ne rivede la sua ontologia rapportandola al resto del mondo, sicuramente è una percezione assai diversa, si supera la visione antropocentrata e non è un antiumanismo ma una sua evoluzione.
Anche io sono lontana da quella visione estrema di antispecismo, che poi a ben osservare da quanto dici diventa specismo, perché secondo me l'uomo senza il resto degli animali non può sussistere, non c'è stato popolo che abbia vissuto lontano dagli animali -proviamo a trovarne anche uno solo!- e non ne abbia assorbito ed incorporato l'essenza, basta pensare alle danze tribali degli indigeni della Papua Nova Guinea o alle danze dei Masai. Lì l'osservazione degli animali incorporata ed interpretata diventa cultura umana
Il postumanismo coniugato alla zooantropologia ci avvicina ancora di più al resto degli animali, l'antispecismo zooantropologico valorizza al massimo il rapporto con l'animale, lo rende un soggetto col quale ci relazioniamo.
Importante secondo me è il concetto di soggettività degli altri animali, cosa che nanaah ha intuito, per relazionarci in modo corretto e rispettoso alla loro diversità e necessità di specie > da qui il fuori sì o no ma in sicurezza :)
Scusate il lungo O.T., ho cercato di essere sintetica ma, spero, chiara :o
Stellina88
11-05-2016, 09:30
Qui non si parla di visione estrema.. Secondo me chi fa questi ragionamenti non ha ben capito cosa voglia dire antispecismo.
E' fuori luogo pensare che nella società in cui viviamo non debbano esistere animali domestici.
Noi esseri umani abbiamo trasfigurato la natura, abbiamo portato cemento e tolto il verde e le condizioni naturali in cui gli animali e noi stessi dovremmo vivere.
A meno che non viviamo in lande sperdute senza il pericolo dell'uomo, che è una costante minaccia per gli animali e per gli esseri viventi più deboli in generale, abbiamo il dovere di proteggerli.
Se questo vuol dire tenerli in casa, piuttosto che affrontare il pericolo delle macchine, degli avvelenamenti, dei maltrattamenti ecc... ben venga.
Stessa cosa per i tanti animali salvati dall'allevamento intensivo che vengono accuditi nei rifugi. L'antispecismo è una lotta molto più profonda, qui si parla di vivere in armonia con tutte le specie animali di cui anche noi facciamo parte.
Non esiste più un ambiente naturale se noi lo abbiamo invaso.
Ho incontrato spesso sul mio cammino gente che si definisce più vicina all'etologia degli animali facendoli uscire e non sterilizzandoli senza tener conto che l'animale non ha idea dei rischi che noi abbiamo costruito intorno a lui. Tutto questo di certo non è naturale e non è ragionare da antispecista a parer mio. Perchè magari proteggiamo un bambino dalle macchine non facendolo uscire da solo, perchè non dovremmo fare lo stesso con il nostro gatto o cane?
Riprendo solo un attimo l'OT per precisare alcune cose: io avevo fatto riferimento ad un aspetto specifico del pensiero di Hume, normalmente noto come "legge di Hume" la quale dice che da premesse descrittive, che riguardano il piano ontologico (il "com'é" per dirlo in soldoni), non si possano ricavare conclusioni prescrittive (che riguardano cioé la sfera di "quel che devo fare"; i filosofi direbbero probabilmente "il dover essere", ma possiamo fare a meno del gergo tecnico); se l'ho citata, è per avvalorare la mia opinione che la lettura esaustiva di diversi saggi etologici, per quanto ci fornisca un punto di vista più ampio sull'argomento, non ci aiuta a decidere (o ci aiuta fino ad un certo punto) che cosa si debba fare riguardo a certe questioni che riguardano il rapporto tra un animale domestico e un proprietario conscio dei potenziali pericoli, ma al tempo stesso desideroso di appagare i bisogni del suo pet.
Resto ancora un attimo in tema di antispecismo, postantropocentrismo, ecc per fare un'osservazione (più OT che mai questa volta :o) in risposta all'intervento di Aletto; secondo me è proprio nell'epoca di Hume (non nella sua riflessione, ma in quella del suo secolo) che vanno ricercati i primi germi (ovviamente sparsi in maniera del tutto ignara) del superamento di una visione strettamente antropocentrica, quale quella propugnata dal cartesianesimo che concepisce una netta cesura tra l'uomo (l'unico vivente dotato di una res cogitans, cioé di pensiero) e gli animali, che in quanto res extensa, ricadono completamente nell'ottica del determinismo (l'animale non possiede la ragione, il pensiero, la capacità di giudizio, quindi non potrà mai comportarsi diversamente da come il suo istinto lo spinge a fare: è una macchina che segue binari prestabiliti). Bene, quest'impianto teoretico nel Settecento subisce una prima scalfitura ad opera soprattutto degli Illuministi tedeschi, i quali parlano di "analogon rationis", cioé di una capacità dell'animale di compiere inferenze (cioé ragionamenti sulla base delle esperienze passate) analoga alla ragione umana; quest'ammissione, per quanto molto timida, ha due conseguenze importanti (che ovviamente si espliciteranno solo nei secoli a venire): 1) l'animale non è una macchina che non devia mai dai binari del determinismo; è capace di modificare i suoi schemi d'azione sulla base dell'esperienza accumulata sino a quel punto, quindi è intelligente (sempre per dirla in soldoni :253:), 2) possiede un'intelligenza propria, specifica, che è simile, ma non sovrapponibile (questo è il significato di analogo) a quella umana. Come già era stato per l'"analogia entis" di S. Tommaso (che aveva aperto le porte ad una considerazione del creato nella sua specificità ontologica), così l'analogon rationis dei filosofi settecenteschi pone le premesse (che saranno sviluppate solo secoli più tardi) del superamento dello specismo e dell'antropocentrismo (ancorché quest'ultimo a mio parere non si possa mai superare definitivamente).
Scusate il post ammorbante.
Per quanto riguarda invece l'intervento di Mialuce, mi ha ricordato quello che mi avevano raccontato quest'estate a proposito della gestione dei parchi americani (e cioé che loro lasciano che le dinamiche e gli eventi naturali compiano il loro corso indisturbati, quindi se scoppia un incendio, lasciano che si estingua da sé), oltre a non essere d'accordo con una simile modalità di tutela (???) della fauna selvatica, non vedo proprio come si possa pretendere di applicare lo stesso pensiero ad animali, come cani e gatti, il cui stile di vita e il cui habitat è stato profondamente modificato e talvolta distrutto da millenni di convivenza con l'uomo, per non parlare della creazione di nuove razze, che violerebbero qualunque principo evoluzionistico di sopravvivenza del più adatto (v, il persiano, il munchkin, ecc...).
Bé sul forum che dicevo c'era un pò di tutto, dal vegetariano al crudista :), quindi molti pensavano che gli animali non dovessero essere sfruttati in nessun modo, né per il cibo (non solo la carne, ma nemmeno uova, latte, miele), né per il lavoro (fosse anche il cane che salva le persone), e nemmeno per la compagnia che rappresentava uno snaturarli.
Quindi allevamento, razze canine, feline ecc. nemmeno a parlarne.
La loro visione era esattamente quella dei parchi che dice Serena o di quello australiano di cui avevo visto il documentario.
Se si tratta del farli uscire, ma in sicurezza, la discussione non c'è nemmeno, penso che siamo tutti d'accordo.
Quindi il tema é:
la pettorina è sicura?
Per questo ho sempre ritenuto che l'etologia cognitiva ci dia una chiave di lettura diversa dall'etologia classica e dal behaviourismo, l'ho citata varie volte (mi sembra) proprio perché è più completa e ci aiuta a capire meglio come stanno le cose, ed i seminari che frequento sono imperniati sul cognitivismo etologico e spesso si fa riferimento anche alle neuroscienze. Se dovessi interpellare un comportamentalista per i miei gatti mi rivolgerei senza dubbio ad un cognitivista perché in questa disciplina le dotazioni comportamentali non sono intese come automatismi innescabili ma come strumenti utili che ogni soggetto userà a seconda del momento e dello stato d'animo, ferme restando le prerogative di specie, quindi ci dà una marcia in più. Anche Lorenz, sfrondato da descrizioni ormai di fatto superate, ha sempre però connesso l'individuo con lo spazio in cui vive e col tempo..........vabbè ora ciao :), altrimenti diventa veramente noioso per chi legge :10:
Se si tratta del farli uscire, ma in sicurezza, la discussione non c'è nemmeno, penso che siamo tutti d'accordo.
Quindi il tema é:
la pettorina è sicura?
Brava, hai centrato perfettamente la domanda (che penso prescinda da tutti i vari approcci all'etologia felina e alle diquisizioni filosofiche); per la mia modesta esperienza, posso dire che non è il massimo della sicurezza e che le reazioni variano dal "blocco" (il gatto si irrigidisce e si immobilizza) allo strattonamento furioso con rischio anche di strangolamento, senza contare il rischio che riesca a sfilarsela o che ci sfugga di mano il guinzaglio con cui lo teniamo. Quindi, sempre in base alla mia esperienza, la risposta è NO, poi qualcun altro può essere giunto ad altre conclusioni.
:256:
Il problema della pettorina è il comportamento che il nostro gatto assumerebbe di fronte ad un eventuale pericolo, perché lui, come tutti i gatti del mondo dal silvestris al lybica, in quel momento conterebbe solo su sé stesso e cercherebbe di fuggire senza considerare noi come punto di riferimento, cosa che invece farebbe un cane. Questo è da tener presente secondo me, sì ci siamo noi, ma lui non ci terrà in considerazione e per lui quella sarà una brutta esperienza. Anche se, come dici, ci sono anche altri fattori da valutare tipo l'indole e l'età del micio
Il punto da valutare, se il micio la usa abitualmente, è sostanzialmente questo. Accanto c'è la nostra involontaria tendenza in alcuni casi a cinomorfizzare il micio di casa ed a pensare che si comporterà come un cane. Penso che dai e dai la pettorina possa stressare il gatto, ma come diceva Alessia "piuttosto che niente, meglio piuttosto", ma con attenzione!
Qui c'è un video carino :)
https://www.youtube.com/watch?v=rLbjqxt6WzA
Il video sarebbe da interpretare, ma non sono sicura e non voglio passare informazioni sbagliate
A me verrebbe da dire che "piuttosto che mettere il micio in una situazione di pericolo, meglio niente" (escludendo dal novero quei gatti per i quali uscire è una ragione di vita e solo se, dopo ripetuti tentativi, non si è riusciti a fargli cambiare idea).
P.s.: il video è simpatico, ma, a parte che credo che un'interazione del genere tra cane e gatto sia piuttosto insolita, cosa dimostra a livello comportamentale? Che il gatto ha fatto proprio il ruolo di conduttore del cane?
..........
P.s.: il video è simpatico, ma, a parte che credo che un'interazione del genere tra cane e gatto sia piuttosto insolita, cosa dimostra a livello comportamentale? Che il gatto ha fatto proprio il ruolo di conduttore del cane?
Ma queste sono cose che potrebbe dire chiunque! ;)
come da regolamento chiudo la discussione.
vBulletin® v3.8.11, Copyright ©2000-2025, vBulletin Solutions Inc.